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I ragazzi, Edith Wharton

Creato il 23 febbraio 2014 da Serenagobbo @SerenaGobbo

I ragazzi, Edith Wharton

Premetto che nell’edizione originale il titolo era “The children”, i bambini.

L’inizio del libro non mi attirava molto; nelle prime pagine si parlava di questi sette scapicollati che facevano casino sulla nave dove si trovava l’ing. Boyne. Continuando la lettura, però, tutto rientra negli schemi, e l’approfondimento psicologico della Wharton è fantastico: è bravissima a cogliere le sfumature delle intenzioni, quelle che nella quotidianità proviamo anche noi ma che non sappiamo neanche descrivere.

Nel romanzo si scontrano due mondi: quello degli adulti, superficiale e fatto di parole, e quello dei bambini, intenso, caotico, fatto di gesti e sentimenti. Bisogna certo dire che il mondo adulto qui descritto è quello della società ricca e cosmopolita, composto da genitori che girano per il mondo, partecipano a una festa dopo l’altra, fanno a gara a chi possiede i vestiti più costosi e le barche più lussuose, e che considerano i figli come dei pacchi da spostare da un albergo all’altro, meglio se un albergo diverso dal proprio.
Resta però il dubbio che l’insanabilità delle visioni adulto-bambino vada al di là delle divisioni di classe.

Boyne resta affascinato dai ragazzi (non solo da Judith, la più grande di loro, di cui lui, nonostante le sue riserve, si innamora), e se alla fine rinuncia al loro mondo lo fa al prezzo della propria solitudine.

Resta ancora un po’, secondo me, della visione idilliaca dell’età fanciullesca (non si può farne una colpa, il libro è uscito nel 1928), ma nonostante ciò, una volta entrati nel libro, ci si resta dentro fino alla fine.



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