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I rintocchi del cuore

Creato il 23 febbraio 2015 da Weirde

Altro piccolo racconto che ho scritto per una rassegna piuttosto hot, visto che nelle sale è fuori il film Cinquanta sfumature di grigio, ve lo propongo:

I rintocchi del cuore

Gli spruzzi d’acqua salata colpirono il viso di Ellenor come una pioggia delicata e le riportarono alla mente i mille ricordi d’infanzia che aveva cercato di dimenticare.

Rivide nella mente la verde collina di Wrenchaven, a strapiombo sul freddo mare della Cornovaglia, e il collegio in stile neoclassico, i cui corridoi immacolati risuonavano delle risate delle sue piccole ospiti. Era stata veramente felice allora? Nei ricordi sembrava di sì, ma le appariva tutto così distante e strano ora. Irreale perfino.

I prati su cui aveva corso erano stati veramente verdi come gli smeraldi più puri? Il mare talmente blu da apparire quasi viola? Quanto di ciò che credeva di ricordare, era in realtà solo fantasia?

Le sue compagne erano state reali, lo sapeva per certo, era ancora in contatto con due di loro, Penny e Dafne. Anche loro orfane di entrambe i genitori, e anch’esse stranamente trasferite da un anonimo orfanotrofio cittadino, al magnifico collegio posto su quel colle ritenuto fatato dalla gente del luogo.

Avrebbe potuto credere che tutto fosse stato reale, se non fosse stato per Rory.

Il suo Rory, che per tutti i cinque anni di permanenza in quella scuola non l’aveva mai lasciata neppure un attimo, e poi era scomparso nel nulla, non appena, compiuti i diciotto anni, lei aveva lasciato il collegio per iniziare a vivere fuori da quella bolla incantata.

L’impatto con la vita all’esterno della scuola era stato traumatico. Per riuscire ad avere una vita normale aveva dovuto rinnegare tutto ciò che aveva creduto fino ad allora, o l’avrebbero presa per pazza.

In un moto di ribellione contro tutte le falsità che le erano state insegnate, si era sforzata di scordare gli anni passati sulla collina e si era allontanata il più possibile dal suo passato, trasferendosi in America grazie alla dote che i mecenati del collegio davano a tutte le studenti che si diplomavano.

Non credeva più a ciò che le avevano detto le insegnanti. La magia in realtà non esisteva. Lei non era speciale e non era stata scelta da nessun essere superiore per diventare la sua compagna.

Era solo stata una bambina dalla fervida fantasia presa in giro da adulti che per scopi misteriosi illudevano delle orfanelle con bugie intricate e complesse. Ma ora non era più quell’ingenua ragazzina. Era una donna adulta di vent’anni anni con un lavoro che amava e che non soffriva di allucinazioni. Forse faceva ancora sogni spaventosamente vividi, dove accadevano cose fuori dall’ordinario, ma questo non era poi così strano. Molte persone vivevano sogni estremamente realistici. Lei era normale, perfettamente normale.

E se a volte soffriva di solitudine e in un angolo del suo cuore desiderava rivedere per un ultima volta Rory, bè… La malinconia durava solo pochi attimi, prima che la razionalità riprendesse il sopravvento e una passeggiata in spiaggia, come quella che stava facendo in quel momento, di solito l’aiutava a riprendersi da quel cedimento della su corazza. Ma non oggi. L’indomani sarebbe stato il suo ventunesimo compleanno e lei non riusciva a sfuggire ai ricordi.

Con un sospiro voltò le spalle al mare e tornò verso casa, un piccolo appartamento, posto sopra il negozio di orologi che possedeva.

Non era nulla di speciale, ma Ellenor l’adorava. Tutto lo stabile risaliva agli anni cinquanta, quando la costa del Maine aveva conosciuto il suo primo boom turistico, ed era molto caratteristico: con stipiti e finiture in legno, un portico quasi in stile vecchio West. Era situato nel centro storico della cittadina e per questo era stato preservato in ottime condizioni.

Quando entrò in negozio, la campanella sopra la porta tintinnò per darle il benvenuto, facendola sorridere. Nonostante i suoi sforzi per integrarsi in città, riusciva veramente a rilassarsi solo qui dentro, fra i suoi tesori, i suoi orologi. Fin da piccola era sempre stata affascinata dai loro meccanismi e in collegio era stata incoraggiata a seguire questa sua passione. Per quanto l’avessero ingannata per i loro misteriosi fini, non poteva dire che l’avessero mai trattata male, anzi erano sempre stati tutti molto gentili, persino affettuosi, e avevano fatto venire esperti orologiai da lontani paesi in modo che potessero insegnarle i segreti di quei complicati ingranaggi in grado di misurare il tempo. E proprio grazie a loro ora poteva mantenersi nel mondo reale.

Gli altri corsi che aveva dovuto seguire, dedicati all’etichetta, alla musica, alla storia, alle antiche leggende e religioni, e ai regni magici, difficilmente le sarebbero potuti essere altrettanto utili.

Ed ecco che ripensava di nuovo al passato.

Salì le scale fino alla camera da letto e si coricò, ritrovandosi a fissare la copia di Rory che aveva costruito lei stessa e che teneva sul comodino: un orologio grande quanto un pugno, dal quadrante circolare in oro, munito di due occhietti vispi posti tra il 10 e l’11 ed l’1 e il 2 e con due piccole ali d’angelo color argento, lunghe circa venti centimetri, attaccate alla cassa. Ma mentre questa era solo una sveglia, Rory era stato vivo e come un piccolo angioletto ticchettante l’aveva seguita ovunque, volandole accanto, ascoltandola, incoraggiandola, dandole consigli preziosi…

Ricacciò il groppo che le era salito alla gola, chiuse gli occhi e si abbandonò al sonno.

Buio. Un respiro caldo contro la pelle. Il battito del suo stesso cuore le rimbombava nelle orecchie e riempiva il silenzio in modo assordante. Un profumo ambrato la circondava e navigava nell’aria carica di tensione. Non poteva vedere, ma ogni altro suo senso era acutizzato all’estremo. Labbra morbide sul collo. Una lingua umida che tracciava la sua vena giugulare. Un morso nella curva tra collo e spalla, un dolore stranamente piacevole che riuscì a calmare la sua mente. Un marchio che bramava di poter sentire sotto le dita, ma quando alzò una mano, le labbra scomparvero e così il calore del corpo che prima l’aveva avvolta.

Rimase immobile e le labbra tornarono, stavolta a sfiorare un capezzolo. Lo avvolsero in un calore bollente che sentì fino nel profondo. Il ventre iniziò a tremarle. La bocca suggeva il seno con voluttà, donandole un piacere sottile, ma incompleto. Solo quando i denti morsero l’aureola con decisione, i suoi nervi cantarono. Una melodia struggente che la rese ancora più assetata di sensazioni.

Un ansito e poi finalmente le mani di lui s’impossessarono del suo corpo. Esplorarono ogni più piccolo centimetro di pelle, svelandone ogni segreto finché…

Fu svegliata dallo squillo del telefono. Si mise a sedere nel letto di soprassalto, disorientata e frustrata. Di nuovo quel sogno…

Alzò con riluttanza la cornetta e fu stupita di sentire la voce di Penny.

“Ellenor, stai facendo anche tu degli strani sogni?”

“Penny, cosa è accaduto? E’ notte fonda qui…

“Rispondimi. Ti prego.”

“Non so se possa essere definito strano, ma da qualche mese faccio un sogno ricorrente…c’è un essere invisibile che…mi sfiora.”

“Oh mio Dio, grazie. Allora non sto impazzendo. Questo è il segno che stavo aspettando, finalmente stanno arrivando.”

“Chi sta arrivando?”

“I Signori della collina.”

“Non dire sciocchezze Penny. non siamo più bambine da credere ancora alle favole.”

“Non erano favole, ma leggende, e con un fondo di verità. Non capisco come tu possa aver rinnegato la nostra infanzia e adolescenza. La magia esiste intorno a noi, solo è più facile trovarla in luoghi come la collina che non a New York o lì nel Maine dove ti trovi tu.”

“Come puoi ancora credere alle nostre vecchie insegnanti dopo tutte le bugie che ci hanno propinato. Eppure anche tu da tre anni non vivi più sulla collina. Si è forse avverato qualcosa di ciò che avevano predetto?”

“No, ma ciò non vuol dire che non avverrà in futuro, magari tra poco visti questi segnali. Tu sei sempre stata così razionale, anche al collegio mentre le altre sognavano il principe azzurro tu avevi la testa china sui tuoi orologi, ma anche tu devi ammettere la realtà di ciò che abbiamo vissuto, altrimenti come spiegheresti Rory.”

Ellenor provò il solito dolore al petto nel sentire il suo nome, ma lo ignorò “Era semplicemente il mio amico immaginario, tutti i bambini da piccoli ne hanno uno, non c’è nulla di magico in questo.”

“Ed il fatto che io e tutte le altre ragazze potessimo vederlo e parlargli? Anche questo è normale? E poi tu vedevi il mio Effie e tutti gli altri amici immaginari delle altre ragazze.”

“Eravamo un gruppo di ragazze con un immaginazione particolarmente fervida, probabilmente fummo scelte proprio per questo.”

“Fummo scelte per entrare in quel collegio, perché i Signori ci scelsero di persona in base alla nostra affinità con loro, me lo spiegò Effie.”

“Scusa, ma non mi sento di credere alla parola di un piccolo gnomo dalla pelle verde, scomparso nel nulla fra l’altro. O lo hai rivisto?”

La voce di Penny si ruppe “No non l’ho rivisto, ma spero sempre che un giorno…”

“Io ho smesso di sperare o di credere a ciò che ci hanno detto in collegio tempo fa e dovresti farlo anche tu.”

“Loro stanno arrivando Ellenor, preparati a tornare a credere.”

La mattina dopo si rivelò piuttosto uggiosa e nessun cliente visitò il negozio. I turisti amavano il sole e giornate come queste erano sempre lente a passare. Ellenor decise di approfittarne, per dedicarsi a diverse riparazioni che le erano state commissionate, anche se trovava difficile concentrarsi sul lavoro. Dopo la telefonata di Penny le era stato impossibile riprendere sonno, mille pensieri le avevano invaso la mente ed era rimasta a fissare il soffitto fino all’alba.

Dopo mezz’ora passata nel laboratorio/retrobottega sentì suonare la campanella della porta d’entrata e tornò in negozio per accogliere i clienti.

Ciò che si trovò davanti la fece fermare di colpo. L’uomo che era entrato era quanto di più lontano da un turista americano potesse esistere: sulla trentina, alto e magro, vestito in un impeccabile completo grigio, con tanto di gilè e cravatta in tonalità di grigio perla. Indossava perfino una bombetta in testa e in mano impugnava un ombrello chiuso. Era praticamente l’immagine pubblicitaria di un banchiere della City di Londra. Cosa ci faceva sulla costa nel Maine e nel suo negozio?

L’uomo si avvicinò, si tolse il cappello e la salutò inclinando il capo. La sua schiena era dritta come un fuso, così come il suo naso, che, affilato, divideva un volto perfettamente simmetrico, illuminato da due occhi blu cobalto. I capelli corti e ordinati erano invece nerissimi. Questo, unito alla sua carnagione chiara, le fece pensare che forse aveva origini irlandesi e il fascino che emanava sembrava confermarlo.

“Buongiorno signorina, mi è stato detto che in questo negozio riparate qualsiasi tipo di orologio. E’ vero?” il suo accento si rivelò britannico quanto il suo aspetto.

“Sì, è vero. In cosa posso aiutarla?”

L’uomo tirò fuori dal taschino un orologio a cipolla in argento e glielo porse, tenendolo per la catena. Ellenor lo prese con reverenza, era antico e molto pregiato. Sulla cassa erano incise delle parole in una strana lingua, forse gaelico.

“L’orologio si è fermato tre anni fa e da allora nessuno è stato in grado di farlo funzionare di nuovo.” le disse l’uomo.

Ellenor l’osservò perplessa, aprì la custodia e vide che la lancetta dei secondi si muoveva in modo regolare e continuo. “L’orologio funziona benissimo, guardi.”

L’uomo lo riprese e le lanciò un ampio sorriso che scolpì due piccole fossette ai lati della sua bocca.”Ah, allora questo significa che ha ritrovato finalmente il suo cuore.”

“Cosa?”

“Un orologio non può funzionare senza cuore, o almeno questo non può farlo. E’ speciale. Non le ricorda qualcosa?”

Aprì di nuovo l’orologio ed Ellenor lo guardò con maggiore attenzione. Il quadrante rotondo era molto simile a… No, non era possibile. E poi Rory aveva quadrante e cassa in oro d’oro, mentre questo era in argento. “No,” rispose freddamente.

La luce negli occhi dell’uomo si spense. “Peccato, perché lui invece la riconosce. Hai veramente dimenticato ogni cosa Ellenor?”

Elllenor fece un passo indietro “Come fa a conoscere il mio nome?” Qui tutti la conoscevano con il nome di Ellie, nessuno sapeva il suo vero nome.

L’uomo si avvicinò. Le stava di fronte a pochi centimetri di distanza ed emanava un profumo muschiato che le fece tornare alla mente i boschi vicino al collegio.

I suoi occhi la fissavano, come a cercare qualcosa dentro di lei. Le stava ponendo una muta domanda, ma lei non aveva alcuna risposta.

La sfiorò con riserbo e rispetto. Solo un tocco del dito indice sull’arcata superiore delle sue labbra. Lieve come un alito di vento. Eppure per Ellenor fu come venire sfiorata dal fuoco vivo. Ogni suo nervo era in attesa spasmodica di qualcosa. Involontariamente, si ritrovò a fare un passo verso di lui e quel sorriso aperto e misterioso al tempo stesso. Perché le sembrava di conoscerlo?

Le rispose come se e avesse letto nella mente “Perché io sono Rory.”

Ellenor indietreggiò di colpo, mentre la rabbia saliva dentro di lei. Come osava quello sconosciuto prenderla in giro e per di più utilizzando dei ricordi a cui teneva tanto? “Rory non esiste. Chi è lei? E come fa a sapere tante cose di me? Con chi ha parlato?”

Un lungo sospiro uscì dalle labbra dell’uomo “Io esisto. Non ti ho mai dimenticato e credo che neppure tu l’abbia fatto. Altrimenti perché avresti costruito un mio simulacro e l’avresti collocato sul tuo comodino in modo che vegliasse sui tuoi sogni?” le fossette comparirono di nuovo, mentre le labbra si incurvavano in un mezzo sorriso.

Come…..?” quell’uomo era stato nella sua stanza da letto. La rabbia sbollì, mentre veniva sostituita dalla paura. “Se ne vada da qui immediatamente o chiamo la polizia.” la voce le tremò. Quegli occhi azzurri la stavano derubando di ogni sicurezza.

E’ veramente ciò che desideri?”

Sì.”

L’uomo continuò a guardarla, l’azzurro degli occhi più cupo e tempestoso di un attimo prima. Alzò una mano ad accarezzarle la guancia. Ellenor era come impietrita, voleva allontanarsi, ma non poteva. Lui poggiò le labbra, sorprendentemente morbide per quel viso così mascolino, sulle sue. E dal punto di contatto deflagrò un incendio. Non tentò di approfondire quel lieve bacio, spiazzandola ancora una volta. Si limitò a muovere la testa per strofinare le loro bocche l’una contro l’altra. Ancora, e poi ancora una volta. Finché le sue labbra divennero quelle di lei ed Ellenor non sapeva più dove finisse il suo corpo ed iniziasse quello di lui. Si erano fusi pur sfiorandosi solo con le bocche. Si rilassò a poco a poco e fu allora che lui le carezzò con la lingua il labbro inferiore e le prese la testa fra mani, approfondendo il contatto. Ogni paura dimenticata nella magia del momento, Ellenor socchiuse la bocca e lasciò che lui l’invadesse. Si avvicinò, entrando nel suo abbraccio e sentì quei muscoli, quella forza ferreamente controllata dalla gentilezza e ne fu conquistata. Proprio nel momento della sua resa però, lui si staccò da lei, lasciandola confusa e stupita “Cosa fai?” gli chiese stordita, mentre quello sconosciuto si inginocchiava di fronte a lei e iniziava a slacciarle i pantaloni, per poi abbassarglieli con movimenti lenti e deliberati, sfiorando quanta più pelle possibile. “Cerco di convincerti che sto dicendo la verità, perché non voglio affatto andarmene. Il mio aspetto è molto diverso da quello che conoscevi, ma forse riconoscerai il mio tocco. Lo stesso che negli ultimi mesi hai sentito nei tuoi sogni.”

Ellenor rimase immobile, in silenzio, acutamente conscia del calore che l’avvolgeva. Avrebbe dovuto protestare, ribellarsi… Perché non lo faceva? Perché, invece di dare retta alla sua ragione, si lasciava guidare dalle sue emozioni in tumulto? Ciò che stava provando era più che semplice desiderio, era un bisogno insopprimibile, lo stesso che l’aveva tormentata ogni notte nelle ultime settimane.

Quando lui iniziò a toccarla attraverso la stoffa degli slip, tremò, e inspirò profondamente, ma rimase muta. Non voleva che si fermasse. Ogni notte l’amante che l’aveva visitata in sogno l’aveva sempre lasciata sull’orlo di qualcosa… Qualcosa che ora voleva con tutta se stessa.

Lo fissò ad occhi sgranati mentre la baciava lungo l’inguine, per poi raggiungere il suo centro. Si sentì sciogliere di piacere e dovette sforzarsi di non crollare a terra, reggendosi con forza al bancone alle proprie spalle, mentre le ginocchia le cedevano. La lingua di lui iniziò ad esplorare ogni angolo del suo sesso con esasperante lentezza e accuratezza. Su e giù, su e giù. Carezzava e suggeva. Poi i suoi denti strofinarono il clitoride, trasmettendole una scossa elettrica che la fece sobbalzare. Sensazioni sublimi l’assalivano ad ogni passaggio di quella bocca, portandola sempre più vicina a ciò che stava cercando. Chiuse gli occhi e fu assalita da una serie di immagini che come flash si susseguirono nella sua mente, trapassandole il petto come proiettili: il grigio perla della cravatta di quello sconosciuto era lo stesso colore che avevano avuto le due piccole ali d’angelo di Rory e le sue sopracciglia nere avevano quasi la forma affilata di lancette… Non poteva accettarlo, non poteva essere reale, eppure…..

Senza neppure accorgersene, si ritrovò a raggiungere il culmine del piacere e all’improvviso venne risucchiata nel suo gorgo. “Rory!” gemette. Passò le braccia intorno al suo collo e vi seppellì il volto “Sei davvero Rory… Il mio Rory?”

Sì Lil, sono veramente io. Rory era il nomignolo che mi assegnasti, ricordi? Il mio vero nome, che da piccola non sapevi pronunciare, è Roaghr.”

Lil era il diminutivo con cui Rory l’aveva chiamata quando erano soli, nessun altro a parte loro due lo conosceva. E nessuno sapeva nemmeno che era stata lei a inventare un nome per lui, tanti anni fa… Pose le mani davanti alla bocca per frenare i singhiozzi che le salivano alla gola, e tentò di ricacciare indietro le lacrime.

Sono davvero io” le sussurrò lui nell’orecchio. Ellenor alzò gli occhi a guardarlo e la vista le si annebbiò: vide la sua immagine sdoppiarsi e sovrapporsi a quella di Rory, prima di tornare di nuovo nitida. “Come è possibile?”

La possibilità di mutare forma è uno dei miei poteri e, visto il tuo amore per gli orologi, scelsi quelle sembianze per starti accanto. L’aspetto che vedi ora è più umanamente vicino alla mia vera natura. La mia forma reale sarebbe troppo inconsistente così lontano dalla collina e dalla porta di cui sono Guardiano.”

Guardiani? Intendi i Guardiani della leggenda? I protettori della foresta vicino a Wrenchaven?”

Sì. Gli insegnamenti che ti hanno impartito al collegio non erano menzogne. Ogni cosa che ti è stata detta è vera. Noi siamo reali: i Signori della collina, guardiani di un antico reame raggiungibile attraverso un magico portale.”

Ellenor abbassò lo sguardo a terra e scosse la testa “Tutto questo è incredibile, non solo mi chiedi di credere che tu sia Rory, che tu abbia il potere di mutare forma e utilizzare la magia, ma anche di credere di nuovo a tutte le favole che ho rinnegato. Non so se posso. Ho odiato il collegio dopo averlo lasciato e non voglio rimanere delusa ancora una volta. Come è possibile che tu sia vero. Forse sto solo sognando.”

Questo non è un sogno, è la realtà. Io sono reale. Toccami.” le prese le mani e le posò sulle sue guance. Ellenor prese ad accarezzargli il volto che sembrava scolpito da un artista, la fronte alta, gli zigomi taglienti, le palpebre, le labbra. Non riusciva a smettere di toccare quella pelle, aveva una grana vellutata, quasi come i petali di un’orchidea e sembrava creare dipendenza. Ricordava di avere già provato quella sensazione. “Negli ultimi mesi ho sognato più volte di correre in un prato di orchidee, e ricordo l’odore, il tocco di uno sconosciuto sul mio corpo. Eri veramente tu?”

Sì.”

I sogni erano reali?”

Sì. Quel prato esiste veramente nella mia dimensione.” le mise le mani sui glutei e si alzò da terra. Quando la portò in contatto con il suo petto, Ellenor gli allacciò le gambe alla vita e si lasciò trasportare al piano di sopra al suo appartamento. Strofinò il volto contro il suo colletto inamidato “Vorrei poterti dire ciò che sto provando, ma non ho le parole. Non riesco a comprendere tutto ciò che sta accadendo, è scientificamente impossibile che tutto questo sia reale, eppure io conosco questo profumo… Il tuo profumo.” si sentiva come sulla cima di un dirupo a picco sul mare, avrebbe avuto il coraggio di buttarsi col rischio di finire contro le rocce?

Roaghr la posò sul letto ed iniziò a spogliarla “Tutto questo è reale Ellenor, e te lo proverò. So che in fondo al tuo cuore mi credi, altrimenti mi avresti già fermato. Tre anni fa ti ho lasciato andare, ma adesso sono qui e non intendo arrendermi senza lottare.” Una volta finito con lei, si svestì velocemente a sua volta. Anche completamente nudo, emanava un aura di autorità e sicurezza, quanto e più che da vestito. Ellenor, più vergognosa, lasciò che i capelli formassero un aureola intorno al suo capo, usandoli per coprire in parte il viso, mentre lui le montava sopra. Si guardarono a lungo, immobili, ma con il respiro affannoso.

Lei si passò nervosamente le dita fra le ciocche e Roaghr finalmente la toccò. Una carea lungo il collo che la fece tremare “Rispondi così immediatamente.”

Ellenor cercò di nascondere il volto nel cuscino, ma lui le prese il mento fra le dita impedendoglielo “No, non vergognarti, è adorabile e terribilmente sensuale.”

Sono così solo con te.” sussurrò lei.

Roarghr le catturò la bocca in un baciò profondo e sfrenato, tanto da mozzarle il fiato. Il sangue di Ellenor si infiammò e il fuoco dilagò velocemente in ogni parte del suo corpo. Ogni cellula tremava di eccitazione e sembrava sussurrare: Roaghr Roaghr Roaghr. Un sussurro, un canto, un ruggito nel sangue che la rese quasi ubriaca di lui. “Non mi sono mai sentita così. E’ come se il cuore stesse per scoppiarmi in petto.”

Roaghr le pose il palmo sinistro fra i seni, mentre le leccava delicatamente i capezzoli. “Batte veloce quanto il mio.” le sussurrò contro la pelle, prendendole una mano e posandosela sul petto in modo da farle sentire come anche il suo galoppasse. “Hai idea da quanti anni io aspetti questo momento?” con la mano destra iniziò a carezzarle la schiena, i fianchi, il sedere e piano piano la sua bocca scese dai seni fino all’ombelico, che stuzzicò con la lingua, facendola sobbalzare sul materasso. “Mi sei mancata così tanto i questi tre anni… Mi sono pentito mille volte di averti lasciato sola ad esplorare il mondo al di fuori del collegio, ma eri così giovane. Io e i miei confratelli abbiamo ritenuto giusto dare la possibilità a te e alle tue compagne di crearvi una vostra vita, prima di reclamavi come compagne, pur correndo il rischio di ritrovarvi sposate e felici. In quel caso non saremmo venuti a cercarvi di nuovo, ma nessuna di voi ha fatto questa scelta. Siete rimaste tutte sole, in attesa, come se sapeste che saremmo arrivati. Persino tu che hai rinnegato tutto ciò che ti era stato insegnato e rivelato. La mia piccola anima matematica e razionale, amante della logica. Anche tu in fondo non hai mai smesso di credere e mi hai aspettato, donandomi l’onore di essere il primo a conoscere il tuo corpo.” Scese ancora. Baciò a lungo il suo ventre, adorandolo con le sue labbra, finché raggiunse la sua destinazione finale. Cominciò a leccarle la vagina con perizia, mentre la penetrava con le dita, stuzzicandola senza pietà. La mano iniziò un ritmo che la lingua seguì, picchiettando il clitoride al tempo dei suoi respiri affrettati. La portò vicina al culmine, ma poi rallentò i movimenti, e la lasciò insoddisfatta. Riprese il ritmo fino a farla gemere, ma poi frenò e ricominciò tutto da capo, fino a farla impazzire. Staccò la bocca da lei, ma le dita continuarono a penetrarla “Ora che sono qui con te, mi sento uno stupido ad avere aspettato tre lunghi anni prima di tornare. Non sei solo la mia anima gemella, sei anche la mia migliore amica. Siamo così simili. Anche la mia mente è analitica. Penso troppo, mi accusano i miei compagni. Io ti comprendo Ellenor e tu mi completi, ma non è solo questo, tu mi rendi migliore di quello che sono.” Leccò il suo clitoride voluttuosamente e lei si contorse tra le lenzuola in preda ad ondate di piacere.

La voce di Roaghr assunse quasi un tono ipnotico alle orecchie di Ellenor, attutita dal suono del suo stesso sangue che le ruggiva nelle orecchie “Tu hai un potere calmante su di me, mia adorata Lil. Io sono sempre in movimento. Il mio corpo tenta di seguire il cervello, perennemente preso da qualche problema o idea. Ma standoti accanto in collegio ho imparato a disciplinare la mente e il corpo. Anche il tuo cervello è sempre preso da qualche progetto, ma tu lo affronti sistematicamente secondo i tuoi tempi, con calma e lentezza, prendendoti anche ore per portarlo a termine, senza mai muoverti. E’ grazie a te se ora ho la capacità e la pazienza di adorarti come meriti, lentamente, approfonditamente….” le sue dita tracciarono un cerchio in senso orario intorno al clitoride per poi tornare a penetrarla “E poi ci sono gli orologi. Grazie a te anche io ora vedo il loro fascino. Quanto sia magica la loro capacità di misurare qualcosa di intangibile e soggettivo come il tempo. In un certo senso danno ordine al caos. E potrei andare avanti ancora e ancora. Tutto di te mi affascina e starti lontano è stato una tortura.”

Quando la lingua di Roaghr entrò in lei in profondità, insieme alle dita, la vista le si annebbiò e raggiunse un picco di piacere che la privò di fiato e forze, ma non del desiderio, che sembrò solo aumentare.

“Roaghr!” ansimò Ellenor con voce roca, pregandolo, senza parole, di riempire il vuoto che sentiva dentro.

Lui annuì e senza mai smettere di fissarla negli occhi, si spinse dentro di lei, con quel sesso turgido che aveva potuto ammirare quando si era spogliato e le cui dimensioni l’avevano lievemente intimorita. Ora non la spaventava più, lo desiderava. Era il mezzo attraverso cui si sarebbero finalmente uniti. Non aveva mai sognato o voluto un uomo, mai aveva pensato le servisse qualcuno per completarla, ma l’assenza di Rory negli ultimi tre anni le aveva fatto capire che prima si era sentita completa, proprio perché aveva avuto lui. Il vuoto che aveva lasciato era stato incolmabile. Il primo anno fuori dal collegio aveva provato ad uscire con dei ragazzi. Molti erano stai attratti dai suoi grandi occhi neri e dai lunghi capelli color delle castagne mature che le ricadevano in boccoli sulle spalle, nonché dal suo aspetto esile e quasi algido, ma nessuno di loro era riuscito a toccarla veramente. Non aveva voluto il loro corpo, né loro il suo. Dopo averla conosciuta, l’avevano trovata fredda e insensibile, una macchina o meglio un ingranaggio solo ed inutile su un gelido scaffale. Ma ora, con Roaghr, l’ingranaggio aveva ripreso il suo posto all’interno dell’orologio che era la sua vita, girava e funzionava perfettamente, assolvendo il suo compito. Era tornato a vivere, poiché era si era riunito alla parte mancante. Lui era veramente chi diceva di essere. Ora gli credeva.

Ti ho fatto male?” chiese Roaghr.

Ellenor scosse la testa, ma in realtà la penetrazione non era stata piacevole per lei. Era vergine e in più si era irrigidita istintivamente contro la sua invasione. Si sforzò di rilassarsi e Roaghr rimase immobile, non ancora del tutto dentro di lei, aspettando un suo cenno. Osò muoversi solo quando la vide respirare di nuovo. Lentamente, millimetro dopo millimetro la penetrò fino ad essere completamente in lei. Ellenor ansimò e trattenne ancora il fiato per il dolore.

Alza un poco le ginocchia.” le disse Roaghr “e respira.” con le dita massaggiò il suo punto del piacere, aiutandola ad aprirsi a lui. Dolore e piacere si mescolarono indissolubilmente nella mente di Ellenor che inconsapevolmente iniziò a muovere il bacino. Lui seguì i suoi movimenti penetrandola, per poi ritrarsi e tornare a penetrarla più a fondo.

Ellenor si sentiva piena, stordita e così bisognosa. Ogni affondo le procurava brividi di piacere che dal centro si irradiavano per tutto il corpo. Il dolore era ormai dimenticato e ciò che restava erano le onde che stavano creando assieme. Erano coordinati e precisi quanto le lancette di un orologio, eppure la loro velocità non era costante, bensì in aumento. E quando lui la penetrava più profondamente toccava qualcosa in lei che la faceva bruciare, una scossa erotica che voleva sentire ancora.

Le mani di Roaghr le carezzavano i fianchi e le cosce, mentre le baciava languidamente il collo. “Respira profondamente.” mormorò. Solo allora Ellenor si rese conto di aver smesso di respirare ancora una volta. Con la ripresa del respiro iniziarono i gemiti che non poteva controllare. Suoni animali che non riconosceva come propri, anche se uscivano dalla sua bocca. Si sforzò di articolare le parole che voleva disperatamente dirgli “Ora che ho sentito il tuo tocco fuori e dentro di me, e soprattutto ora che ti ho sentito parlare così eloquentemente, so che sei veramente tu, Rory.” le lacrime cominciarono a bagnarle le guance “Ciò che soprattutto mi è mancato di te in questi anni è stato il tuo perenne chiacchericcio. Io sono sempre assorta in qualche idea e assente, ma con te al fianco c’era sempre qualcuno a ricordarmi di prendere pause per mangiare, dormire o semplicemente muovermi, invece di limitarmi a stare ferma a fissare per ore un meccanismo. Tu riempivi tutti i miei silenzi… Ho ascoltato troppo silenzio in questi tre anni. Promettimi che non accadrà più.”

Non accadrà più te lo prometto.” le rispose Roaghr con veemenza. Le sollevò le cosce, cambiando l’angolo di penetrazione ed Ellenor si sentì letteralmente mancare e sciogliere intorno al suo sesso. Le spinte di Roaghr divennero più lente e profonde per poi riprendere velocità finché Ellenor si sentì letteralmente volare fuori dal proprio corpo, che era talmente pieno di piacere da non avere più posto per contenerla. Si ritrovò per un attimo a fluttuare sopra di esso e quando vi tornò, dopo essere discesa dalla vetta dell’estasi, lo trovò privo di forza, sciolto e sazio, mentre Roaghr ruggiva il suo piacere e dava un ultima potente spinta dentro di lei.

Rimasero uniti, muovendosi lentamente, incapaci di fermarsi del tutto, finché lui le crollò addosso, per poi rotolarle al fianco, prenderla tra le braccia e stringerla forte a sé.

Stretta a lui, Ellenor lasciò finalmente spegnersi il fuoco che li aveva bruciati e consumati. Era stato incandescente, era stato troppo ed era stato perfetto. Lasciò che l’intensità dell’esperienza appena vissuta riverberasse dentro di lei per qualche minuto, prima di iniziare a carezzare il corpo di Roaghr. Le sue spalle. Il suo petto. Le ali d’angelo color argento gli erano comparse sulla schiena durante l’orgasmo. “Cosa sei?” gli chiese sottovoce.

Io e i miei sei compagni siamo i personaggi delle leggende che hai sentito a scuola: i Signori della collina ci chiamano oggi. In origine ci chiamavanoTuatha Dé Danann. Siamo tutto ciò che rimane di una stirpe ormai estinta. La nostra gente si è lasciata morire centinaia di anni fa, non potevano accettare di non venire più venerati come Dei dagli umani che avevano scoperto un unico Dio. Dopo aver utilizzato la forza per riappropriarsi dei loro accoliti e aver fallito, si sono arresi e hanno scelto di rinunciare alla loro immortalità. Solo noi guardiani siamo rimasti attaccati alla vita. La nostra natura è proteggere, siamo nati per questo. Prima protettori della nostra gente e poi delle comunità umane vicine ai portali che uniscono le nostre dimensioni, il nostro dovere ci ha dato una ragione per continuare a vivere. Ma è stata un’esistenza vissuta in una terribile solitudine.” le carezzò i capelli con dolcezza “Per secoli abbiamo cercato anime affini e fisicamente compatibili, da poter trasformare in nostre compagne, ma solo pochi anni fa il destino ci ha arriso, o forse sono state le anime dei nostri morti… Fatto sta che tutti e sette abbiamo trovato le compagne perfette e le abbiamo riunite in un collegio posto sulle terre che proteggiamo ancora, in modo da poterle osservare e conoscere sotto altre sembianze…”

Ellenor gli prese il volto fra le mani, lo avvicinò al proprio e guardò nelle profondità di quegli occhi blu come il mare della Cornovaglia e altrettanto burrascosi. Pozzi senza fondo che portavano ad un anima che sembrava essere la sua gemella “Cosa sei ?” ripeté la domanda e stavolta ebbe la risposta che cercava. “Tuo, io sono tuo.”sussurrò Roaghr. “Tre anni fa ti ho abbandonato, ma adesso sono qui e dipenderà solo da te ciò che accadrà ora. Io non sono umano anche se lo sembro. E non sono più nemmeno il piccolo orologio che ti è stato accanto per anni, sostenendoti, senza mai pretendere nulla in cambio. Se mi chiederai di restare vorrò molto da te: il tuo corpo, la tua anima… Ogni cosa.

La tua vita non sarà mai più la stessa, sarà di nuovo simile a quella che hai conosciuto da piccola sulla collina per certi versi, ricca di magia, ma anche diversa dalla normalità che hai cercato negli ultimi anni. Vuoi davvero che io resti? Vuoi davvero diventare la mia compagna per l’eternità?”

Io sono tua Roaghr, e voglio che tu mi prometta che non mi lascerai più, che non mi permetterai di chiudermi per ore in laboratorio o di essere indifferente ad un tramonto o di non interessarmi ai nostri vicini e amici…”

Mai più Ellenor.” assentì Roaghr.

E promettimi che non dormirò più sola, che ti avrò sempre accanto senza bisogno di creare un tuo sosia da tenere sul comodino.”

Lui la guardò. Un sorriso sulle labbra. Una luce seria negli occhi

Lo prometto. Ma tu devi dirlo Ellenor. Dimmelo.”

Resta. Io voglio che resti.”

Ti amo.” sussurrò a fior di labbra Roaghr contro i suoi capelli e lei sentì finalmente, dopo tanto tempo, di essere tornata a casa.


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