È il sogno di ogni uomo poter, un giorno, viaggiare tra stelle e pianeti, camminare nello spazio, e galleggiare nelle astronavi in assenza di gravità. Nonostante nell’immaginario collettivo sia una delle esperienze più emozionanti che si possano fare, partire per una missione nello spazio non è sempre “rose e fiori”, anzi. Non tutti siamo consapevoli dei rischi a cui va incontro chi, per mesi e mesi, rimane in orbita attorno alla Terra: osteoporosi, nausea spaziale, perdita di massa ossea e muscolare, problemi cardiaci e cecità spaziale, diabete, tutto questo causato da microbi spaziali, tempeste solari, radiazioni assenza di gravità e polvere tossica. Sembra il bollettino di guerra frutto di un autore di fantascienza, ma è la realtà, proprio quella che vivono gli astronauti sia durante la missione, che al ritorno sulla Terra.
È noto che sono numerose le conseguenze fisiologiche, oltre che psicologiche, che riscontrano gli astronauti dopo una lunga permanenza nello spazio. Con lunga permanenza, come precisa la National Academy of Sciences in un suo recente report, si intende anche un viaggio di 30 giorni, anche se, nella maggior parte dei casi gli astronauti rimangono in orbita dai 3 ai 12 mesi (anche 18 a volte). Basti pensare a un futuro viaggio con equipaggio umano verso Marte: i fortunati viaggiatori impiegherebbero quasi sei mesi per arrivare sul Pianeta rosso, sempre che sopravvivano a incontri ravvicinati con gli asteroidi, e altrettanti per tornare (se mai fosse possibile). Il corpo umano dovrà abituarsi alla microgravità, che è del 38% rispetto alla nostra : muscoli e ossa sarebbero sottoposti a parecchio stress. Per non parlare delle radiazioni solari. La Nasa è tenuta per legge a proteggere i suoi equipaggi da eventi come le tempeste solari, perché anche l’esposizione cumulativa alle radiazioni che si ha nello Spazio è un rischio concreto per la salute: aumenta sensibilmente le probabilità di sviluppare tumori. Gli esperti della NASA hanno stimato in passato che per rimanere al di sotto di una percentuale di rischio del 3%, un uomo dovrebbe passare al massimo 268 giorni nello Spazio, e una donna 159.
Adattarsi alla vita in una navicella spaziale non è semplice: entrando nell’orbita terrestre corpo e cervello hanno bisogno di qualche giorno per adattarsi alle nuove condizioni ambientali. La sindrome da adattamento allo Spazio (Sas) colpisce molti astronauti: tra le conseguenze più spiacevoli c’è la nausea spaziale, simile al mal di mare. I sintomi sono stati classificati scherzosamente sulla cosiddetta scala Garn, così chiamata perché di Jake Garn, astronauta che nel 1985, durante un viaggio sullo space shuttle, sembra abbia patito il caso più grave di nausea spaziale nella storia della Nasa.
Studi recenti, con strumenti ad ultrasuoni su 12 astronauti durante la loro permanenza sulla Stazione Spaziale Internazionale, hanno provato che dopo 6 mesi il loro cuore è diventato più sferico. Le conseguenze a lungo termine di questi cambiamenti potrebbero essere molto serie una volta tornati sulla Terra e portare anche a problemi cardiaci più gravi. Non solo. Due recenti studi hanno esaminato nello specifico anche i cambiamenti e lo stress che subiscono gli occhi in condizioni di microgravità orbitale: è stato riscontrato stress ossidativo dei bulbi oculari, vale a dire il rapido invecchiamento dell’occhio. I voli nello spazio, infatti, sottopongono gli occhi degli astronauti a radiazioni violente, ipotermia, ipossia e variazioni di gravità, responsabili del danno tissutale.
Quali altri organi sono coinvolti? Lo scheletro degli astronauti è sottoposto a diverse sollecitazioni, proprio a causa dell’assenza di gravità: non essendo necessario contrastare la forza di gravità il nostro corpo e i muscoli sono inattivi e il calcio, anziché depositarsi sulle ossa, viene eliminato dall’apparato urinario. Cosa comporta? Le ossa si assottigliano (osteoporosi), aumentano le probabilità di sviluppare calcoli renali. Ovviamente l’inattività si ripercuote anche sui muscoli, che tendono a perdere massa. Per questo gli astronauti sono obbligati a seguire ogni giorno uno speciale e intenso programma di allenamento. I ricercatori della NASA hanno sottolineato che conoscere la quantità e il tipo di esercizio che gli astronauti devono eseguire per mantenere sano il loro cuore sarà molto importante per garantire la loro sicurezza su un lungo volo come quello verso il Pianeta rosso.
Altre complicazioni possono verificarsi a livello delle vie aeree, a causa dell’accumulo di liquidi nella parte alta del corpo che può provocare, nello spazio, forti congestioni nasale e una generica difficoltà respiratoria.
Qualora il fortunato astronauta non riscontrasse problemi all’apparato osseo, al cuore e alla vista ci sarebbero comunque i microbi spaziali a minare la sua salute. Un test eseguito sulla stazione spaziale russa Mir, infatti, ha scoperto la presenza di ben 234 specie di batteri e funghi microscopici che vivevano a bordo con gli astronauti. Il personale della ISS in servizio tra il 1995 e il ’98 ha segnalato un alto numero di infezioni microbiche, come congiuntiviti, difficoltà respiratorie acute e infezioni dentali. E cosa potrebbe accadere in un viaggio lungo come quello verso Marte? E una volta arrivati sul pianeta? A peggiorare un quadro già abbastanza drammatico vi è il fatto che i viaggi spaziali compromettono il sistema immunitario degli astronauti, rendendoli più sensibili agli effetti dei microbi. Studi medici hanno anche provato che gli antibiotici sono meno efficaci e per questo gli esperti sperano che gli antiossidanti, che si assumono con il cibo e con gli integratori alimentari, possano contrastare questi effetti.
I ricercatori della NASA e delle altre agenzie spaziali non sono scoraggiati, perché esperimenti effettuati in orbita, come quelli descritti da Luca Parmitano, programmi di allenamento e di alimentazione controllata porteranno a una migliore comprensione delle malattie cardiovascolari più comuni, come cardiopatia ischemica, le disfunzioni delle valvole cardiache, glaucoma, tumori. Parmitano si è sottoposto, durante la sua permanenza sulla ISS, anche allo scan della colonna vertebrale, tramite un ecografo di ultima generazione e di ridotte dimensioni che potrà essere usato fra qualche anno nelle zone più remote del pianeta in sostituzione della risonanza magnetica. In futuro, infatti, verranno pensate anche soluzioni non invasive per curare l’uomo, come diete particolari o medicine da assumere in volo, in alternativa a interventi laser e chirurgici.
E se tutto ciò non bastasse, anche la mente può giocare brutti scherzi in orbita. Gli psicologi hanno, infatti, provato che nello spazio gli astronauti riscontrano affaticamento, letargia, paura di avere l’appendicite, dolori ai denti comparsi dopo avere sognato di avere dolore ai denti, paura di diventare impotenti. Ci sono, però, anche effetti positivi, come quelli descritti da Frank White: l’effetto visione totale., cioè un senso di meraviglia e soggezione nei confronti dell’Universo, che porta a un sentimento di pace e di unità con la natura e di trascendenza.
Per saperne di più:
Visita il sito della National Academy of Sciences
Fonte: Media INAF | Scritto da Eleonora Ferroni