Perché i ristoranti di Pesaro da Gioacchino Rossini al nuovo scudiero? perché la cucina di Pesaro è legata prima di tutto al compositore Gioachino Rossni che a Pesaro nacque nel 1792. Pare proprio che fosse un amante della buona tavola, a giudicare dal numero dei piatti che portano il suo nome. Secondo alcune biografie, pare che da bambino, avesse deciso di diventare chierichetto solo per poter fare qualche sorso di vino. “Mangiare, amare, cantare e digerire sono i quattro atti di quell’opera comica che è la vita”, è una frase che gli viene attribuita da più fonti. Si racconta che, durante la visita di Richard Wagner, Rossini si alzasse continuamente dalla sedia ed abbandonasse la conversazione per innaffiare una lombata di capriolo che aveva sul fuoco. Era anche amico di uno degli chef più noti dell’epoca, Antonine Caréme, che gli dedicò diverse ricette e che Rossini ricambiò con musiche da piano intitolate ad antipasti e dessert. Uno dei suoi piatti preferiti, che aveva personalmente inventato, era un’insalata con mostarda, limone, pepe, sale, olio d’oliva e tartufo. Della passione di Rossini per la cucina, restano davvero tante ricette, ed il tartufo la fa da padrone indiscusso. I maccheroni alla Rossini, ad esempio, ripassati in padella con il tartufo, oppure i tournedos alla Rossini, filetti di manzo al sangue, coperti di foie gras e lamelle di tartufo. Un classico della cucina francese, creato dallo chef Moisson del ristorante di Parigi Café Anglais, che i ristoranti di Pesaro propongono tutti nei loro menù. Vengono fatti rosolare nel burro i filetti di carne, lasciandoli al sangue ma con la superficie ben dorata, poi vengono salati, pepati e tenuti al caldo. Ai fondi di cottura dei filetti, si aggiunge del burro e si fanno saltare le fette di pancarré. Una volta tolte, si scalda nella stessa padella, il tartufo a lamelle. Si taglia il foie gras a fette della stessa forma dei filetti. Si mettono i filetti sul pancarré, poi il foie gras, poi il tartufo. Nel fondo di cottura si lascia evaporare il Madera, un vino liquoroso portoghese, aggiungendo burro e montando con la frusta, versando infine il tutto sui tournedos. Insomma, il grande compositore era davvero un bon vivant, brillante nella musica come a tavola, tanto che Stendhal, nella biografia a lui dedicata, ne scrisse il genio e l’invidiabile gioia di vivere.
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