Ieri è morta Nora Ephron, tutto il mondo ne ha parlato e su quotidiani on line, blog e post di Facebook e Twitter la giornalista, scrittrice e giornalista americana è stata ricordata nel solo e unico modo possibile: e cioè citando Harry ti presento Sally. Tutti a scrivere che grazie alla Ephron le donne hanno imparato a conoscersi, che con le sua battute abbiamo sorriso di noi stessi e che grazie alla sua vita invidiabile (ha sposato Carl Bernstein e Nicolas Pileggi) abbiamo capito come viveva l'artistocrazia intellettuale americana quando ancora contava qualcosa. Non c'è dubbio, Nora Ephron è stata un modello, la portavoce non del tutto inconsapevole di una generazione di artisti stizzosi e straordinariamente intelligenti, nonostante non abbia fatto altro che parlare di sé (Heartburn è la storia del suo matrimonio con Bernstein, e verrebbe da prenderli a pugni, quei due fighetti newtorchesi della Streep e Nicholson, e poi naturalmente correre per indossarne i loro panni e sostituirsi alle loro vite...), girare remake di classici (Insonnia d'amore, C'è posta per te sono esempi furbetti di estetica vintage in anticipo sui tempi) o semplici cagate, tipo Vita da strega o Julie & Julia... Nora Ephron finirà per essere una figura decisiva nella cultura americana dagli anni '70 in poi, per motivi che vanno oltre il cinema (al quale in fin dei conti ha dato poco) e investono invece l'immaginario collettivo, l'idea di città e di vita sociale espresse per l'appunto dal suo unico capolavoro, quel Harry ti presento Sally che ancora oggi, a 24 anni di distanza, è considerato l'unica commedia sentimentale in grado di competere con quelle classiche e uno dei pochi film contemporanei dati per scontati, recitati e citati nel parlato quotidiano (pensateci bene: dopo chi è venuto? Pulp Fiction, certamente, ma poi?). Personalmente, ho sempre pensato che l'idea che ho New York si fondi su una frase del film, detta da Carrie Fischer durante la disastrosa cena a quattro: “I ristoranti sono importanti. I ristoranti sono per gli anni ’80 quello che i teatri erano per gli anni ’60”... In quelle parole c'è l'idea di una città che vive nel suo cibo e nelle sue conversazioni, c'è l'inesorabile declino accompagnato da un continuo reinventarsi e farsi bella agli occhi del mondo... Dal teatro al ristorante, dagli anni '60 agli anni '80: quello è il nostro passato, in quei ristoranti e in quei teatri abbiamo costruito il mito di un mondo ormai perduto che ostinatamente cerchiamo di recuperare. Ancora oggi, a pensarci bene, riviste di viaggi e guide turistiche sono costruiti seguendo le suggestioni metropolitane di Nora Ephron: e questo, francamente, non è poco. Nonostante tutti quei filmettini e quelle fighettate da penna satirica che mai più hanno eguagliato l'ineguagliabile incontro tra Harry e Sally.
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Ieri è morta Nora Ephron, tutto il mondo ne ha parlato e su quotidiani on line, blog e post di Facebook e Twitter la giornalista, scrittrice e giornalista americana è stata ricordata nel solo e unico modo possibile: e cioè citando Harry ti presento Sally. Tutti a scrivere che grazie alla Ephron le donne hanno imparato a conoscersi, che con le sua battute abbiamo sorriso di noi stessi e che grazie alla sua vita invidiabile (ha sposato Carl Bernstein e Nicolas Pileggi) abbiamo capito come viveva l'artistocrazia intellettuale americana quando ancora contava qualcosa. Non c'è dubbio, Nora Ephron è stata un modello, la portavoce non del tutto inconsapevole di una generazione di artisti stizzosi e straordinariamente intelligenti, nonostante non abbia fatto altro che parlare di sé (Heartburn è la storia del suo matrimonio con Bernstein, e verrebbe da prenderli a pugni, quei due fighetti newtorchesi della Streep e Nicholson, e poi naturalmente correre per indossarne i loro panni e sostituirsi alle loro vite...), girare remake di classici (Insonnia d'amore, C'è posta per te sono esempi furbetti di estetica vintage in anticipo sui tempi) o semplici cagate, tipo Vita da strega o Julie & Julia... Nora Ephron finirà per essere una figura decisiva nella cultura americana dagli anni '70 in poi, per motivi che vanno oltre il cinema (al quale in fin dei conti ha dato poco) e investono invece l'immaginario collettivo, l'idea di città e di vita sociale espresse per l'appunto dal suo unico capolavoro, quel Harry ti presento Sally che ancora oggi, a 24 anni di distanza, è considerato l'unica commedia sentimentale in grado di competere con quelle classiche e uno dei pochi film contemporanei dati per scontati, recitati e citati nel parlato quotidiano (pensateci bene: dopo chi è venuto? Pulp Fiction, certamente, ma poi?). Personalmente, ho sempre pensato che l'idea che ho New York si fondi su una frase del film, detta da Carrie Fischer durante la disastrosa cena a quattro: “I ristoranti sono importanti. I ristoranti sono per gli anni ’80 quello che i teatri erano per gli anni ’60”... In quelle parole c'è l'idea di una città che vive nel suo cibo e nelle sue conversazioni, c'è l'inesorabile declino accompagnato da un continuo reinventarsi e farsi bella agli occhi del mondo... Dal teatro al ristorante, dagli anni '60 agli anni '80: quello è il nostro passato, in quei ristoranti e in quei teatri abbiamo costruito il mito di un mondo ormai perduto che ostinatamente cerchiamo di recuperare. Ancora oggi, a pensarci bene, riviste di viaggi e guide turistiche sono costruiti seguendo le suggestioni metropolitane di Nora Ephron: e questo, francamente, non è poco. Nonostante tutti quei filmettini e quelle fighettate da penna satirica che mai più hanno eguagliato l'ineguagliabile incontro tra Harry e Sally.
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