I risvolti geopolitici dell’accordo militare tra Israele e Azerbaigian

Creato il 19 marzo 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

Israele e Azerbaigian hanno recentemente firmato un accordo militare dal valore di 1,6 miliardi di dollari che prevede la vendita di sistemi di sicurezza anti-aerei e droni da parte di industrie aereospaziali israeliane. La stretta relazione militare azero-israeliana, in costante consolidamento fin dall’indipendenza di Baku, è oggi collegata alle accresciute tensioni tra Israele e Iràn, nonché alle preoccupazioni russe per la sicurezza della regione caucasica. Un fattore importante è rappresentato anche dagli interessi israeliani nei confronti delle risorse energetiche presenti in territorio azero.

I maggiori attori indirettamente coinvolti nell’accordo tra Israele e Azerbaigian: Iràn, Russia, Stati Uniti e Turchia

Dal punto di vista israeliano il legame diplomatico con l’Azerbaigian rappresenta un elemento fondamentale nella ricerca di alleanze strategiche, in una fase d’isolamento nella regione vicino-orientale. L’accordo militare assume un interressante e considerevole valore soprattutto durante la contemporanea situazione del Vicino Oriente, con l’emergere della questione siriana e di ipotetici attacchi preventivi contro i siti nucleari iraniani. Sia Israele sia l’Azerbaigian condividono le preoccupazioni nei confronti dell’ascesa geopolitica iraniana nell’area vicino-orientale e caucasica. Il legame militare tra i due paesi è dunque strettamente connesso a una percezione di minaccia proveniente da Tehran. Tuttavia, i rapporti tra i due paesi non sono solamente di tipo militare, essendo infatti contraddistinti da una forte cooperazione in ambito energetico, medico, agricolo e tecnologico; così come non è certamente da sottovalutare la presenza di una numerosa minoranza ebraica nello Stato caucasico, uno dei pochi paesi a maggioranza musulmana ad aver instaurato ottimi rapporti diplomatici con Tel Aviv.

Per quanto riguarda le autorità iraniane, l’accordo militare azero-israeliano è percepito in maniera fortemente negativa, nell’ottica di un potenziale attacco militare israeliano. In ogni caso, le preoccupazioni iraniane per i legami tra Baku e Tel Aviv non sono recenti, poiché l’Iràn negli ultimi quindici anni li ha costantemente giudicati come una sorta di minaccia nei propri confronti.

Fin dall’indipendenza dell’ex repubblica sovietica, i rapporti tra Azerbaigian e Iràn sono stati ambivalenti. Tehran è stato uno dei primi paesi a riconocere l’indipendenza della repubblica caucasica dall’URSS ma, malgrado la maggioranza della popolazione azera sia sciita, Baku ha osservato sfavorevolmente la potenziale crescita dell’influenza iraniana nella regione. Israele, assieme alla Turchia, è stato uno dei principali supporti dell’Azerbaigian durante la guerra del Nagorno-Karabakh contro l’Armenia. In questo conflitto Yerevan fu principalmente supportata dalla Russia, nonostante le posizioni ufficiali bilanciate tra i due contendenti, mentre l’Iràn ha cercato di mantenere una posizione maggiormente neutrale, malgrado abbia sostanzialmente favorito l’Armenia nel prosieguo del conflitto. Anche oggi i legami militari, economici ed energetici tra Russia e Armenia sono molto stretti, sebbene Mosca intenda consolidare la propria relazione con l’Azerbaigian, soprattutto dal punto di vista energetico, visto il recente accordo che prevede un aumento dell’acquisto di gas azero da parte di Gazprom. Mosca mantiene ancora oggi una posizione bilanciata tra le due parti nella ricerca di una difficile soluzione al decennale conflitto tra le due repubbliche caucasiche.

Washington osserva positivamente il legame militare instauratosi tra Israele e Azerbaigian, in modo tale da evitare che Baku si rivolga a Mosca per l’acquisto di armamenti, visti i rapporti tesi con Armenia e Iràn. Gli Stati Uniti, d’altro canto, potrebbero aver favorito indirettamente l’accordo per evitare un coinvolgimento diretto nel Caucaso, delegando l’alleato israeliano; l’influenza della minoranza armena negli Stati Uniti è forte e naturalmente il contenzioso territoriale con l’Azerbaigian è molto sentito nella comunità armena oltreoceano. E’ molto probabile dunque che Yerevan stringerà nei prossimi mesi un rapporto ancor più stretto con Mosca e Tehran. L’Armenia, inoltre, sebbene mantenga una buona relazione con Washington, è membro dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva (OTSC).

La Russia è fortemente interessata a mantenere la propria influenza nel Caucaso, un’area importante per i corridoi energetici che potrebbe subire un’influenza negativa dal riemergere dell’islamismo radicale in Africa settentrionale e Vicino Oriente. Un problema fondamentale, in ottica russa, per la sicurezza e la stabilizzazione delle proprie regioni meridionali confinanti con le repubbliche caucasiche.

L’accresciuta attenzione di Israele nei confronti dell’Azerbaigian potrebbe proprio essere letta come una risposta israelo-statunitense nei confronti del supporto russo garantito a Siria e Iràn nell’ultimo anno. Dopo la guerra russo-georgiana del 2008, Washington interruppe parzialmente la propria penetrazione militare nell’area caucasica. Oggi, l’accordo tra Tel Aviv e Baku s’inserisce in un contesto diverso rispetto a quattro anni fa e potrebbe comportare un rinnovato interesse statunitense e israeliano a fronteggiare l’influenza russa nel Caucaso, un’eventualità collegata ai tentativi volti al cambio di regime in Siria e alle pressioni occidentali nei confronti del programma nucleare iraniano. Malgrado le tensioni russo-georgiane sembrano non essere così evidenti come nel 2008, è ipotizzabile una maggiore cooperazione militare tra Georgia, Stati Uniti e Israele, con l’aggiunta del fattore azero. L’Azerbaigian e la Georgia rappresentano, inoltre, dei passaggi chiave per la Northern Distribution Network, la via settentrionale per i rifornimenti delle truppe NATO in Afghanistan. In particolare in una fase in cui il corridoio pakistano è ancora chiuso per il transito degli approvigionamenti militari per le forze dell’ISAF.

La presenza di una numerosa minoranza etnica azera nell’area settentrionale dell’Iràn ha sovente complicato i rapporti tra i due vicini, a causa delle passate rivendicazioni di alcuni governi dell’Azerbaigian nei confronti di questi territori e gli intenti volti all’unificazione con le aree iraniane abitate da popolazione azera. Senza dimenticare che queste regioni a maggioranza azera confinano con i territori curdi dell’Iràn. Tehran ha accusato, infatti, Israele di evidenti collegamenti con l’indipendentismo curdo per fini destabilizzatori nel Vicino Oriente e nello Stato iraniano.

Durante la guerra del Nagorno-Karabakh le autorità iraniane, mantenendo in ogni caso una posizione ufficialmente neutrale anche per la comune religione islamica condivisa con uno dei due belligeranti, temevano, nel caso di una larga vittoria dell’Azerbaigian, possibili ripercussioni per le proprie province settentrionali dovute all’accrescersi del nazionalismo azero. Nell’aprile del 1992 l’Iràn iniziò a rifornire di petrolio l’Armenia, un sostegno indiretto durante il conflitto con Baku, ma ancora oggi Yerevan rimane un importante interlocutore dal punto di vista energetico e commerciale. Nel 2007 Iràn e Armenia hanno inaugurato l’oleodotto collegante Tabriz alla città di Sardarian in Armenia ed è prevista un’estensione della condotta nei prossimi anni.

Sebbene i rapporti economici tra Iràn e Azerbaigian siano consolidati e contraddistinti da una potenziale maggiore cooperazione in ambito energetico, le tensioni tra i due paesi sono vistosamente cresciute durante i primi mesi del 2012. Lo scorso gennaio l’arresto di tre cittadini azeri accusati di aver tentato di uccidere l’ambasciatore israeliano, un rabbino e un’insegnante di una scuola ebraica a Baku hanno comportato un brusco deterioramento delle relazioni tra i due paesi. Pochi giorni fa 22 azeri, secondo Baku legati alle Guardie Rivoluzionarie iraniane, sono stati arrestati poiché accusati di voler compiere degli attentati contro le ambasciate statunitense e israeliana. Secondo le autorità israeliane e azere i tentati omicidi e attentati sarebbero collegati all’azione dei servizi segreti iraniani nella repubblica caucasica. E’ un caso che si collega agli omicidi di scienziati iraniani e agli attentati contro rappresentanti diplomatici dello Stato ebraico in Georgia (fallito), India e quello che sarebbe stato predisposto in Tailandia. Tutti eventi, inoltre, connessi alle accuse nei confronti dell’Iràn da parte del ministro delle comunicazioni dell’Azerbaigian, Ali Abbasov, il quale ha sostenuto la pianificazione da parte di Tehran di attacchi cibernetici contro Baku. Le autorità azere, malgrado non abbiano pubblicamente condiviso la serie di sanzioni petrolifere contro l’Iràn decise da Stati Uniti e Unione Europea, potrebbero appoggiare nei prossimi mesi la politica di Washington nei confronti del nucleare iraniano. Allo stesso tempo, a complicare le relazioni tra i due paesi, permangono da anni delle controversie a riguardo delle acque territoriali del Mar Caspio (un’area condivisa da Russia, Azerbaigian, Iràn, Turkmenistan e Kazakistan). Baku e Tehran, in particolare, rivendicano entrambe il diritto esclusivo d’esplorazione su alcune aree in cui sono presenti ricchi giaciamenti petroliferi.
L’Iràn sta aumentando la pressione diplomatica nei confronti dell’Azerbaigian nel timore di subire un attacco proprio dal territorio azero; a questo proposito il governo iraniano avrebbe ammonito l’Azerbaigian di non garantire l’utilizzo del proprio territorio per attacchi terroristici contro l’Iràn, predisposti dalle autorità israeliane (Iran warns Azerbaijan over Israeli ‘arms buy’: reports).

L’accordo militare ha tuttavia altri importanti collegamenti a livello regionale. E’ possibile infatti fare riferimento alla crisi nei rapporti diplomatici tra Turchia e Israele, emersa negli ultimi due anni dopo l’incidente della Mavi Marmara del 31 maggio 2010. Crisi connessa alla presenza di due partiti di governo che intendono potenziare il rispettivo ruolo egemonico regionale di Turchia e Israele.

L’azione israeliana in Caucaso potrebbe essere vista negativamente da Ankara, la quale mantiene un forte legame con l’Azerbaigian, per motivi etnici e religiosi, ed è stato il principale supporto durante la guerra contro l’Armenia. Baku è troppo importante per gli interessi turchi nel Caucaso, nel Mar Caspio e in Asia Centrale. Malgrado gli Stati Uniti siano intenti a ricucire i rapporti tra gli alleati turchi e israeliani, a causa del ruolo geopolitico ricoperto dalla Turchia, per l’importanza strategica del suo esercito all’interno della NATO e anche per la funzione di contenimento nei confronti dell’Iràn, la competizione con Israele è evidente; non solo nel Caucaso, ma soprattutto da pochi mesi nel Mediterraneo Orientale, dove potrebbe verificarsi uno scontro tra diversi attori regionali per lo sfruttamento delle risorse di gas naturale presenti nell’area, coinvolgente non solo Turchia e Israele, ma anche Libano, Siria, Cipro e Grecia (Gas e petrolio nel bacino del Levante – una nuova maledizione geopolitica?). Ankara teme, inoltre, l’installazione di una base militare israeliana proprio nell’isola cipriota. A complicare questo contesto, s’inserisce l’accresciuta influenza israeliana nel Caucaso, alla ricerca di un consolidamento delle proprie alleanze strategiche.

Gli interessi israeliani per le risorse energetiche dell’Azerbaigian

La posizione geografica dell’Azerbaigian e la presenza di ingenti risorse naturali rappresentano un’ulteriore spiegazione dell’interesse israeliano verso il paese caucasico. L’Azerbaigian, oltre a trovarsi tra la Russia e l’Iràn, s’affaccia sul Mar Caspio, un’area di collegamento tra i territori dell’ex Unione Sovietica e il mondo islamico, nonché tra Europa, Vicino Oriente e Asia Centrale. Tel Aviv non guarda solamente ai potenziali vantaggi in caso di un conflitto militare con l’Iràn, ma anche ai corridoi energetici provenienti o passanti dal territorio azero.

Nel 1994 venne siglato il cosiddetto “contratto del secolo” tra Baku e alcune compagnie petrolifere occidentali, enfatizzato a causa delle potenziali riserve petrolifere azere, stimate in 6 miliardi di barili (950.000.000 m3) e con investimenti previsti di 13 miliardi di dollari. A questo proposito venne fondato l’Azerbaijan International Operating Company, un consorzio adibito allo sfruttamento dei giacimenti di risorse naturali azere, al quale partecipano oggi alcune delle più importanti compagnie petrolifere a livello mondiale, tra le quali BP, Chevron, Devon Energy, ExxonMobil e Statoil.

Questo consorzio e gli Stati Uniti hanno favorito la costruzione dell’oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyhan (BTC) nel 2005, il quale trasporta petrolio dal giacimento azero di Azeri-Chirag-Guneshli sul Mar Caspio alla città turca di Ceyhan sul Mar Mediterraneo, connettendo strategicamente Azerbaigian, Georgia e Turchia.

L’Azerbaigian dispone, inoltre, del giacimento di gas naturale di Shah Deniz; scoperto nel 1999 si tratta di uno dei più grandi giacimenti localizzati dalla BP negli ultimi decenni. Nel 2011 la Total ha invece scoperto il giacimento di gas naturale di Absheron nei pressi di Baku, il quale disporrebbe di 350 miliardi di m3 di gas naturale. I progetti legati al gas naturale azero sono diversi, ma quelli legati ai potenziali collegamenti con l’Europa sono essenzialmente due; la prima fase è stata realizzata mediante la pipeline del Caucaso meridionale (o condotta Baku-Tbilisi-Erzurum), mentre la seconda parte dovrebbe portare a un ulteriore collegamento verso l’Europa, mendiante diversi progetti, come il Nabucco, il gasdotto dell’Europa del Sud-Est (Seep), la pipeline trans-adriatica o la condotta Turchia-Grecia-Italia. La progettata pipeline Nabucco sembra destinata ad essere abbandonata, non solo per l’elevata quantità di gas richiesta e per gli ingenti costi del collegamento, ma soprattutto per l’improbabile realizzazione dell’indispensabile e preventivata condotta trans-caspica collegante Turkemenistan e Azerbaigian, altro importante progetto legato al gas del Caucaso e dell’Asia Centrale. Una prospettiva improbabile viste le ricordate tensioni tra Iràn, Azerbaigian, Turkmenistan e Russia per il controllo delle acque del Mar Caspio, ma soprattutto per gli accordi legati alla vendita del gas naturale che le autorità turkmene hanno stabilito con Russia e Cina. Senza dimenticare l’accordo russo-azero per l’aumento delle vendite di gas dall’Azerbaigian verso la Russia.

Dato questo contesto, Israele è naturalmente un attore particolarmente interessato al settore energetico azero. La contemporanea competizione tra Iràn e Israele non rappresenta l’unica spiegazione del forte legame instauratosi tra Baku e Tel Aviv, visto che la sicurezza energetica è un ulteriore aspetto di questo rapporto bilaterale.

L’Azerbaigian rappresenta un passaggio fondamentale all’area del Mar Caspio, un potenziale collegamento alle risorse naturali dell’Asia Centrale, alle quali Israele è interessata. Tel Aviv importa circa il 25% del proprio petrolio dall’Azerbaigian, ma allo stesso tempo intende non solo icrementare le importazioni, ma estendere la pipeline BTC fino ai propri terminal di Ashkelon sul Mar Mediterraneo ed Eilat sul Mar Rosso, la cosiddetta Tipline, in modo tale da trasportare petrolio verso i mercati asiatici, in particolare in India e Cina. Una prospettiva che negli ultimi mesi è messa a dura prova dalla crisi nelle relazioni turco-israeliane. Un simile progetto, fermo restanto i ricordati ostacoli per i collegamenti trans-caspici tra Turkmenistan e Azerbaigian, sarebbe congeniale per gli interessi statunitensi, dal momento che verrebbero oltrepassati i territori iraniano e russo, rappresentando inoltre un’alternativa al passaggio attraverso il Golfo Persico e il Canale di Suez.
L’Azerbagian è importante per Israele non solo per il petrolio, ma anche per il gas naturale, visti i recenti problemi nell’importare questa risorsa dall’Egitto (Egitto e Israele alla battaglia del gas). Nel passato si è parlato di una possibile estensione del gasdotto Baku-Tbilisi-Eliezer fino a Ceyhan per poi eventualmente effettuare successivi collegamenti con i porti israeliani sul Mar Mediterraneo; un’altra prospettiva di non facile realizzazione, ulteriormente complicata dalla potenziale competizione per i giacimenti di gas naturale presenti nel Mediterraneo Orientale.


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