Ma la DARPA sembra avere un'opinione diversa. Ha recentemente stanziato altri fondi per un progetto, chiamato "Programmable Matter" (Materia Programmabile) che prevede proprio la realizzazione di un robot realizzato attraverso uno nuovo stato della materia, in grado di modificarsi nella forma e nel funzionamento, auto-plasmandosi a piacimento.
Diverse università, incluse la Harvard, la Cornell e MIT, sono al lavoro su differenti approcci per risolvere questo problema, e creare della materia programmabile. Si tratta essenzialmente di realizzare micro-macchine programmabili in grado di assemblarsi in diverse forme e modificare il loro funzionamento in base alle differenti strutture che assumono.
"La distinzione tra materiali e macchine sta diventando fumosa. I materiali agirebbero come computer e sistemi di comunicazione, ed i sistemi di comunicazione ed i computer agirebbero come materiali" spiega il manager del programma Mitchell R. Zakin.
Non si parla di un progetto appena iniziato e che non si sa se sarà realizzabile: il programma Programmable Matter è già nella sua seconda fase da oltre cinque mesi, e vi rimarrà per altri 10. La prima fase è stata la creazione di cinque differenti team di ricerca, due provenienti dalla Harvard, due appartenenti all' MIT ed uno della Cornell University, tutti composti da informatici, ingegneri robotici, biologi, ingegneri chimici, meccanici, fisici ed artisti.
Alla fine della fase due, i gruppi di ricerca dovranno essere in grado di comporre quattro o cinque diversi solidi tridimensionali partendo da micro-particelle. Occorrerà inoltre dimostrare che, dopo l'assemblaggio, ogni singolo elemento possa aderire agli altri con la stessa forza di una plastica industriale.
Durante la terza fase invece, verranno testate diverse applicazioni della tecnologia in questione. Ovviamente, per scopi militari (credete che la DARPA faccia tutto questo per beneficienza?).
Il metodo di ricerca e sviluppo dei team va dalla creazione di oggetti bidimensionali in grado di assemblarsi in strutture tridimensionali, fino a micro-particelle in grado di unirsi per creare forme complesse.
Uno dei gruppi sta costruendo ciò che Zakin descrive come un "origami auto-assemblante", utilizzando fogli di metamateriali in grado di immagazzinare dati ed autoassemblarsi in strutture complesse, con la potenzialità di formare qualunque forma tridimensionale.
Ad Harvard invece si sta sviluppando un linguaggio di programmazione per manipolare il DNA. Si, avete capito bene, intervenire sul DNA attraverso un linguaggio di programmazione. I ricercatori mirano a manipolare le interazioni tra frammenti di DNA attraverso un linguaggio semplificato che funge da interfaccia tra l'essere umano e le interazioni chimiche del codice genetico.
A cosa servirebbe la manipolazione del DNA per il progetto Programmable Materials? A programmare oggetti ricoperti da DNA, utilizzato per assemblare i diversi componenti attraverso una programmazione pre-stabilita.
Oppure a manipolare micro-macchine costruite per simulare il funzionamento delle proteine e la loro capacità di assemblarsi per costituire organismi complessi, approccio che sta sviluppando uno dei cinque team di ricerca.
Altro metodo allo studio invece è quello di un nucleo centrale in grado di organizzare micro-particelle attorno ad esso secondo forme e dimensioni differenti, e pressochè illimitate, anche se dipendenti dalle dimensioni del nucleo centrale, un cuore elettronico per un'infinità di applicazioni.
I punti chiave del progetto Programmable Matter sono ben chiari, e le funzionalità previste sono simili a quelle del celebre T-1000:
- Codificare informazioni sotto forma di legami chimici, o fondere materiali con le macchine.
- Fabbricare particelle microscopiche (dal centimetro ai 100 micron, o inferiori) che possano assumere funzioni, forme e composizioni arbitrarie.
- Sviluppare meccanismi di adesione forti e reversibili.
- Creare strategie di assemblaggio per trasformare informazioni in azioni.
- Generare teorie matematiche in grado di costruire oggetti tridimensionali partendo da particelle.
Ma a che scopo sviluppare tutto questo? Uno dei problemi sul campo di battaglia è quello della capacità di adattamento delle tecnologie impiegate. Se, ad esempio, un drone viene realizzato studiando il suo profilo alare per un volo a bassa quota, potrebbe incontrare difficoltà se si trovasse costretto a volare ad elevate altitudini. Ma un veloce cambio del profilo alare per adattarsi alle condizioni ambientali potrebbe renderlo idoneo a volare ovunque, in qualunque situazione meteo e superando problemi per il quale non era stato inizialmente studiato.
Ma la tecnologia troverebbe applicazioni in una miriade di situazioni. Uno degli esempi che fa Zakin è questo: nel futuro, i soldati potrebbero portarsi dietro un barattolo di "vernice intelligente", che potrebbero assemblarsi per formare microcomputer, ceramiche, sistemi biologici, potenzialmente qualunque cosa sia richiesto sul campo di battaglia.
Dobbiamo aprire una serratura? Nessun problema: si versano particelle intelligenti nella serratura, assumono la forma della chiave che la apre ed il gioco è fatto.
Abbiamo bisogno di un coltello? Si prende la chiave di prima, la si riprogramma per assumere la forma di una lama, ed ecco pronto il nostro coltello.
Quanto siamo distanti dalla tecnologia del T-1000? Probabilmente ancora 30-40 anni, dato che l'impresa è audace, e comporta notevoli problemi da risolvere. Ma la DARPA ci crede, e generalmente riesce in ciò che finanzia.
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