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La mente di Turing – I suoi lavori.

Creato il 23 luglio 2014 da Egosistema

La mente di Turing

 

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Scrivo queste righe, dopo avere letto per l’ennesima volta le perplessità diffuse in rete sul test di Turing che l’autore aveva predisposto per scoprire se la risposta a certi quesiti veniva fornita da un essere umano o da un’intelligenza artificiale, un qualcosa che in quel momento era presente quasi solo nella mente di Turing.

Alan Turing era un biologo, matematico, logico, botanico e informatico ante litteram. E’ stato uno dei padri del’ informatica e si è interessato a qualunque cosa fosse calcolabile. Quasi mezzo secolo prima degli altri.

Questa serie di articoli è dedicata a lui e ai suoi lavori.

C’era già stato qualcosa di molto simile ad un prequel, come direbbero a Hollywood, quando ho parlato, in un’altra serie di articoli, dei lavori di Intel sul perceptive computing.

Nelle intenzioni di quell’azienda doveva essere una proposta di interfaccia per sistemi di Intelligenza Artificiale (da qui in poi AI, dalle iniziali della traduzione inglese di quelle parole); non sembra che abbia avuto molto successo al di fuori dei laboratori. Rimando conunque a quella serie di articoli nel caso si desideri saperne di più su questa iniziativa.

Per ora occupiamoci di A. Turing. In seguito torneremo su queste storie.

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Alan Turing, nonostante le sue incursioni in tutti i campi della scienza calcolabile è famoso, principalmente, per il suicidio con cui pose fine alle persecuzioni nei suoi confronti e per aver crackato, si direbbe ora, Enigma, la macchina per la cifratura e la decifratura di documenti usata dall’Asse nella seconda Guerra  Mondiale.

La macchina e il test che in seguito presero il suo nome,  Turing li progettò, per così dire, durante il tempo libero e non ci fu nessun’altra opera o passatempo che ebbe un seguito di varianti, studi e… Perplessità come loro.

Alan Turing, l’AI e la biologia

 

Qualche altro esempio delle incursioni di A. Turing in qualunque scienza si potesse calcolare qualcosa? L’AI, appunto, nominalmente le reti neurali, la generazione di forme così presenti in biologia, che rappresentò e studiò  soprattutto attraverso i modelli di diffusione e razione… 50 anni prima che se ne occupasse l’establishment scientifico…

Era quella stessa generazione delle forme che per diffondersi avevano bisogno solo istruzioni di inizio e di termine del processo, tutto il resto si auto assemblava durante il suo svolgimento.

La generazione delle forme iniziava e un pixel dopo l’altro, si direbbe oggi, avanzava diffondendo la nuova forma in funzione della reazione ambientale che incontrava e terminava quando le condizioni di fine processo erano soddisfatte.

Le reti neurali erano la rappresentazione, il modello del cervello biologico e Turing, come era solito fare, prese dalla biologia qualcosa e la infilò nel modello che stava elaborando. In questo caso furono lo sviluppo e l’apprendimento che vennero simulati con l’evoluzione genetica. Un quarto di secolo dopo Holland e colleghi  la riscoprirono, forse senza saperlo e le diedero il nome di algoritmo genetico che usa l’evoluzione per apprendere e svilupparsi, quasi esattamente come aveva previsto Turing.

Logica, calcolabilità e teoria della decisione.

 

Turing, non abbastanza soddisfatto (si fa per dire, ovviamente….) dei risultati ottenuti in tutti i campi della scienza calcolabile che aveva già visitato, si occupò anche di logica, calcolabilità e decidibilità o teoria della decisione.

Questi studi erano la risposta, che risultò poi essere negativa, a quel secondo quesito che D. Hilbert aveva proposto, al congresso matematico Parigino a cui aveva partecipato all’inizio di quel secolo.

In quel quesito, Hilbert chiedeva di scoprire se c’era modo, usando qualche logica o qualche procedura meccanica, detta algoritmo, in grado di prendere decisioni  o di farle prendere in relazione alla soluzione di qualunque problema basandosi unicamente su regole, principi e postulati noti.

A. Turing e A. Church, quasi quaranta anni dopo quel congresso di Parigi, stabilirono e provarono che una cosa del genere non era possibile, a causa del’ incompletezza dell’ aritmetica, scoperta da K. Gödel, in uno dei suoi lavori, qualche tempo prima.

La conseguenza, per Hilbert, era che alcune delle regole e svariati principi di base dovevano essere presi sulla fiducia; von Neumann e Chaitin confermarono, per altra via,  quel lavoro di A. Turing e A. Church sulla calcolabilità e sulla teoria della decisione presentato alla comunità matematica qualche tempo prima.

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La macchina ed il test di Turing

 

Questa macchina esiste in varie versioni  ma tutte potevano riprodurre qualunque sistema di calcolo precedente o, al più, contemporaneo alla loro progettazione.

Erano in grado di funzionare in base ad istruzioni che stabilivano come doveva comportarsi la simulazione. Non importava quale era il linguaggio usato, importava solo che il funzionamento avesse un inizio ed una fine.

Per Turing, la macchina doveva essere composta da un meccanismo che faceva scorrere il nastro, un altro predisposto per leggere o scrivere dei simboli, partire, fermarsi e poche altre cose, in base a delle regole memorizzate da qualche parte.

Ben presto, però, ci si accorse che il problema più interessante era prevedere se quel secondo meccanismo si sarebbe fermato o avrebbe continuato, senza fine, i suoi movimenti su quel nastro.

Fondamentalmente, era un modo di determinare la calcolabilità (della fermata), la decisione che bisognava prendere sul funzionamento della macchinafi Turing secondo quella logica a cui David Hilbert aveva accennato in quel quesito qualche decennio prima. Ora si era scoperto che le risposte possibili erano poche:

  1. il funzionamento era cessato.
  2. il funzionamento proseguiva.

Nel primo caso, l’elaborazione dei simboli su quel nastro, poteva cessare a causa di un errore o perché era stata trovata la soluzione al problema posto.

Nel secondo caso, era probabile che quella soluzione non sarebbe mai stata trovata, costringendo l’elaborazione a proseguire in modo indefinito.

Con sommo dispiacere do Hilbert si scoprì, che non era possibile sapere a priori quale era la risposta giusta e l’unica maniera  per conoscerla era fare evolvere il processo e vedere cosa succedeva.

Per quanto riguarda il test di Turing, il suo autore l’aveva mutuato dal gioco dell’imitazione  a tre partecipanti.

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C’erano tre ruoli disponibili:

  1. Maschile per A
  2. Femminile per  B
  3. Giudice per C, da tenere ben separato dagli altri due.

Attraveso una serie di domande, C doveva stabilire chi o cosa c’era in A e B, il cui compito consisteva nel’ ingannare C cercando di confonderlo sulla loro identità.

Nel suo test Turing aveva immaginato che un’AI avrebbe dovuto sostituire, ad un certo punto, la figura di A o B, mentre a C sarebbe stato affidato l’onere di scoprire se la sostituzione era avvenuta ponendo una serie di quesiti prima e dopo di essa; se le  risposte erano simili, quella sostituzione non c’era stata oppure l’AI era indistinguibile dall’essere umano.

Questo test ha sempre dato risultati controversi, soprattutto quando ci si rese conto che durante talune sessioni  sotto esame non erano A o B ma il giudice C e la sua capacità di distinguere chi barava tra A e B.

Si rasentò il dramma quando qualcuno fece notare anche un’altra incongruenza:in quel giochino, almeno uno dei partecipanti era basato sulla chimica del silicio, gli altri no. Almeno allo stato attuale della scienza. Di conseguenza sarebbe stato difficile che A o B fossero davvero indistinguibili. Ma questa è un’altra storia…

Per ora la chiacchierata finisce qui. Alla prossima.


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