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La scorsa settimana è uscita la relazione annuale della Banca d’Italia. Un’importante curiosità degli osservatori era verificare l’effetto sull’economia italiana delle sanzioni internazionali applicate contro la Russia per le responsabilità nella crisi ucraina. Contrariamente a quanti sostenevano che la “guida della nostra politica estera dovesse essere dettata dall’export del Parmigiano”, nel report di Palazzo Koch si legge che le misure internazionali non hanno creato nessun effetto sull’economia italiana e pure le ripercussioni sul nostro sistema bancario sono state impercettibili. Al contrario, invece, Mosca soffre, e complice il calo sostanzioso del prezzo del petrolio (su cui i russi agganciano un’ampia percentuale del bilancio statale), sono state proprio le sanzioni a creare il clima d’incertezza sul futuro dell’economia russa.
Una “punizione” funzionale, dunque, che non ha nemmeno innescato il temuto effetto boomerang sugli stati che avevano promosso quelle restrizioni; se non fosse che a quanto pare Vladimir Putin, almeno in parte, se ne frega e continua le sue attività di interferenza in Ucraina.
Poco più di una settimana fa, il presidente ucraino Petro Poroshenko intervistato dalla BBC, diceva che il suo stato era apertamente in guerra con la Russia: «Posso essere assolutamente chiaro con voi, non si tratta di una lotta con i separatisti Russia-backed, si tratta di una vera e propria guerra con la Russia», le sue parole, a cui ha aggiunto di temere una nuova importante offensiva in estate. Dalla pace di febbraio, il governo ucraino denuncia la morte di 83 dei suoi soldati ─ il bilancio totale della guerra ha sforato i seimila, mentre la Russia dice di aver accolto oltre un milione di profughi.
Un paio di giorni prima dell’intervista, le forze di sicurezza del governo ucraino avevano catturato a Shchastya (Ucraina orientale, a 30 chilometri dal confine russo), due soldati feriti probabilmente appartenenti al GRU ─ Direttorato principale per l’informazione, il servizio segreto militare di Mosca. Vitaly Naida, capo della sicurezza ucraina, ha detto in Tv che era assolutamente chiaro chi fossero i due uomini: «Hanno uniformi e fucili d’assalto che si producono solo in Russia e destinati unicamente alle forze speciali». Mosca ha coperto l’imbarazzo per il palese ritrovamento dicendo che i due erano sì militari, ma in congedo: cioè avevano liberamente scelto di andare a combattere in Ucraina come volontari. Ora sono entrambi sotto accusa per “terrorismo”.
Il titolo di questo articolo, è rubato dal Wall Street Journal, che due giorni fa scriveva della possibilità «concreta» che in Ucraina si rompa il cessate il fuoco, che si regge sugli accordi denominati “Minsk II” ─ siglati a febbraio tra Putin e Poroshenko tramite la mediazione del francese Francois Hollande e della Cancelliera tedesca.
I reporter di Reuters raccontano di aver assistito personalmente al continuo arrivo di centinaia di mezzi militari russi (compresi carri armati e lanciarazzi multipli) nei giorni intorno al 20 maggio, che sarebbero stati posizionati in una base improvvisata in un poligono di tiro a soli 50 km dal confine ucraino ─ nella stessa area, a marzo, c’era un terzo delle unità ammassate negli ultimi giorni e ora i mezzi non hanno targa e i militari non hanno insegne, resi anonimi secondo una prassi nota dall’invasione della Crimea dello scorso anno, e rispondo alle domande dei giornalisti inglesi allo stesso modo del marzo scorso, cioè “no comment”.
Il lungo fronte che parte da Luhansk, passa per Donetsk e arriva alla regione costiera fin quasi a Mariupol, è più o meno totalmente sotto il controllo dei separatisti filorussi. Da lì, stante alle parole di un consigliere del ministero della Difesa ucraino, partirebbero «più di cinquanta violazioni della tregua al giorno» ─ si tratta di colpi d’arma da fuoco e di mortaio, o di infiltrazioni come nel caso dei due militari arrestati a metà maggio di cui si parlava sopra.
Giovedì scorso, l’Atlantic Council ha pubblicato un dossier che prova la presenza di truppe russe in Ucraina: è stato compilato attraverso informazioni pubbliche, reperite da osservazioni satellitari, ma anche da immagini caricate dai soldati russi sui social network. Poca prudenza nel gestire la “copertura” della missione. Lo stesso giorno Putin ha approvato un decreto atto a coprire con il segreto di stato le morti dei soldati russi avvenute durante operazioni speciali, anche in tempo di pace (come in tempo di guerra). Un portavoce del dipartimento di Stato americano, Jeff Rathke, ha fatto uno più uno come lo faremmo tutti noi: Putin sta cercando di nascondere l’evidenzia, e cioè che ci sono soldati russi che muoiono durante operazioni militari in Ucraina.
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