una donna incinta viene uccisa da un assassino seriale. suo marito inizierà una perversa caccia all’uomo.
I.Storie di ordinaria vendetta
inizia così, come l’ennesima variazione della lex talionis su pellicola, con il marito in stato di dis-grazia che decide di macchiarsi le mani con il sangue del carnefice della moglie- per fare pulizia tra i cattivi, certo (d’altronde, il nostro, è anche un agente dei servizi segreti); per fargli provare lo stesso dolore che ha inflitto all'amata, ma anche a lui e alla famiglia; in ultima analisi, per togliersi dal petto quel macigno colorato di rosso che è il senso di colpa per aver permesso un tale abominio, per non essere stato presente al momento giusto. uccidere qualcun altro per uccidere sé stessi.
II. che volto ha il diavolo?
ed è così, quindi, che il marito perfetto- ben integrato, agiato, ben vestito e amato- si trasforma in una sorta di Giustiziere della Notte a scapito della figura nichilista del killer- scapestrato, sporco e folle. quello che si evince a fine visione è la sostanziale mimesi tra i due personaggi, una compenetrazione simbolica che sfuma i contorni dell’etica manichea degli uomini trascendendo le due figure in un ambito altro, a sé stante, in cui esistono solo loro due. cacciatore e preda. senza, però, che tali ruoli rimangano cristallizzati. tutti gli altri (poliziotti, familiari dell’uno e dell’altro): solo pedine. per un gioco dove l’idea di giustizia, sia moderna che antica, non ha più senso. per un gioco che non è altro che uno sfogo perverso, una gara a chi massacra più fragorosamente, a chi provoca più dolore. ma senza alcuna posta in palio. in questo modo smettono di essere umani, e diventano entrambi nulla più che due facce dello stesso diavolo.
titolo originale: Akmareul boatdaun film di Kim Jee-woon2010
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