Dopo i nostri recenti post su come ottimizzare il proprio sito web B2B e sul trend emergente dei social verticali nel B2B, ecco un altro contributo con alcune indicazioni tanto sensate quanto difficili da mettere in pratica per applicare una strategia social vincente in questo ambito di mercato.
Innanzitutto la partenza è in salita perché da sempre il B2B è meno orientato alla comunicazione e il top management aziendale tendenzialmente sarà più restio (o meno inclinato) ad abbracciare il canale social con tutta l’attenzione e le risorse che questo richiede. Quindi forse il vero segreto sta nell’avere in azienda un communication manager tenace e che riesca a far capire internamente l’importanza dei social e a coinvolgere i colleghi tecnici nelle relative attività. Ciò sarà tanto più difficile quanto più lontano dal mondo social è il core business dell’azienda.
Strategia condivisa e formazione
Il punto di partenza deve essere cristallino: il social non è un’opzione, è una scelta. Una volta che il top management ha aderito, attraverso un opportuno piano aziendale, all’adozione in azienda di una strategia social, deve essere chiaro a tutti in azienda, dai C-level in giù, che l’impegno di comunicazione sui social network non è negoziabile. Inoltre va fatto capire molto bene che il social, per sua natura, è qualcosa di trasversale, che coinvolge tutti i dipendenti e collaboratori dell’azienda, a tutti i livelli. Quindi non è un qualcosa che “se si fa bene, se no non importa“, bensì uno degli elementi del piano dell’azienda che va portati avanti, che ha un responsabile, un budget, degli obiettivi e che sarà monitorato attraverso opportuni strumenti. L’azienda tutta è formalmente impegnata nel prendersi cura di ciò che dirà e sarà detto di lei nella sfera sociale.
Poiché nel B2B, per sua natura, sono preponderanti gli aspetti tecnici del business, sia che si tratti di servizio sia di prodotto, è fondamentale organizzare un momento di kick off tenuto dal responsabile comunicazione e sostenuto dal top management ai C-level e altri personaggi chiave in azienda, dove viene richiesto il loro contributo. Altrettanto importante è un momento di formazione su social media, best practice e calcolo del ROI nel B2B (per questo ulteriore mistero del social marketing, stay tuned).
“Un budget a me!”
Ça va sans dire, ma neanche tanto. Come qualsiasi attività di marketing e comunicazione è importante che sin dall’inizio sia allocato un budget in termini di tempo da dedicare e di risorse economiche. Scrivo questo perché la tendenza è, per i manager responsabili di questa attività, quella di accettare un compromesso dai top manager tipo “Inizia e poi vediamo come va“.
I social offrono un vasto panorama di tool promozionali per incrementare il numero di follower e la visibilità degli account. Sarebbe gestionalmente errato avviare un nuovo canale marketing, che richiede un’attenzione estrema vista la delicatezza, senza allocare le necessarie risorse. Il rischio vero è che si accantoni un progetto o un canale valido perché, in assenza delle adeguate risorse, i risultati sono troppo lenti ad arrivare. D’altro canto, è importante far capire che l’investimento nei social è un investimento a lungo termine e i risultati non sono immediati.
Attenzione anche alle scelte che si fanno: i canali social sono tanti, trasversali e orizzontali. È bene scegliere solo quelli più adatti alla propria realtà e concentrare gli sforzi su questi, monitorando i risultati attraverso appositi tool (molto spesso sono adatti quelli nativi e gratuiti).Scegliere le giuste leve per coinvolgere C-level e tecnici
Da sempre molto occupati e tipicamente poco dotati di soft skill come quelli redazionali e comunicativi, i C-level delle aziende hanno bisogno di una forte motivazione. Quindi, oltre a concordare l’impegno delle persone direttamente con i C-level (buona fortuna), un primo segreto per aumentare la probabilità di successo dell’iniziativa sta nel collaborare strettamente con un altro C-level, il responsabile delle risorse umane, e stabilire degli incentivi per i colleghi prime linee dell’area tecnica e i loro collaboratori per l’impegno nelle attività che vanno a beneficio dell’ufficio marketing e comunicazione.
Sono una valida via i meccanismi di gamification (ad esempio classifiche sulla base del numero di articoli delle maggiori condivisioni), in aggiunta o in alternativa. I vincitori saranno i campioni della comunicazione, da ingaggiare in successive iniziative speciali.
Un bell’esempio di questo viene da Bluewolf, che per liberare parte della conoscenza intrappolata nella società e detenuta dalle sue persone ha lanciato nel 2012 un contest interno di personal branding: a partire da un assessment relativo alla presenza social di ciascuno dei suoi dipendenti e dei problemi che ciascuno di loro affrontava nel valorizzarsi sul web, la società ha creato nel proprio sito web, pubbliche, delle pagine di profilo per ciascun dipendente, con redirect automatico dei contenuti che ciascuno di loro pubblicata a livello personale sui social network, insieme a un mini cruscotto di analytics che mostrava l’influenza sociale di ciascun dipendente. Sulla base del grado di completamento e personalizzazione del profilo, delle pubblicazioni, del numero di visitatori, delle condivisioni di contenuti e del successo dei contenuti stessi, i dipendenti ricevevano punti, sconti per gli acquisti e badge di vittoria. L’assunto di base da cui Bluewolf è partita è che, per le società di consulenza, quello che i clienti comprano è la conoscenza dei suoi consulenti ed era proprio quello che andava valorizzato. I risultati hanno mostrato una crescita del traffico del 100% dai social e un aumento del 57% della social collaboration, oltre a un sensibile miglioramento del clima aziendale. L’intero caso è spiegato nel dettaglio qui.
Comunicare i benefici
È utile periodicamente, diciamo ogni sei mesi, riconvocare una riunione in cui si mostrano i risultati (quanto più brevemente e incisivamente possibile) dell’attività della comunicazione social: ROI, quante condivisioni, quanta visibilità e – come sarà più semplice capire per il pubblico – quante lead, quanti appuntamenti, quante trattative, quanti ordini.
Altri vantaggi fondamentali da comunicare sono che attraverso i social:
- si ha un buon polso del mercato e delle opinioni dei clienti,
- si risponde in modo tempestivo alle lamentele o alle osservazioni dei clienti o di altri stakeholder,
- si comunicano in maniera immediata e virale i successi dell’azienda, commenti positivi all’offering, casi di studio,
- si risponde a crisi aziendali attraverso messaggi immediati (diffusione di comunicati stampa).
Blog con contributi tecnici
Già in un nostro post precedente abbiamo parlato dell’utilità di avere un corporate blog, incorporato nel proprio sito, dove appunto i C-level o i tecnici dell’azienda B2B espongono in prima persona le loro competenze e presentano le proprie opinioni su temi specifici, per rendere più vivo e attuale il sito corporate. Questa strategia è davvero in grado di fare la differenza rispetto ai competitor.
Un campione in questo è Gartner, con tutti i suoi blog istituzionali e verticali per analista. Certo, è facile coinvolgere in attività redazionale professionisti che di lavoro scrivono ricerche e rapporti, ma la ricchezza redazionale è veramente impressionante.
Il tempo delle domande è finito
Una cosa è chiara e Forrester Research lo dice in un suo recente report: tutti i clienti del B2B sono raggiunti dai social media e il 98% dei loro decision-maker leggono blog e sono attivi sui canali sociali. Il tempo di chiedersi se è necessario essere presenti sui social o no è finito. È il momento di chiedersi come.