Appena mi fui lasciato alle spalle il quartiere di Willesden Green, con le case a due piani circondate da viali alberati e giardini recintati da siepi ben curate, con le bottiglie del latte e i giornali che aspettavano davanti alle porte di dare il buongiorno a chi ancora non si era levato, e come ebbi imboccato la Kilburn High Rd, lo scenario cambiò di colpo: sulla via, una lunga ed ampia discesa che porta dritta, dritta, dopo chilometri di asfalto, a Marble Arch, ultima porta prima dell’West End per chi proviene dai quartieri residenziali del Nord-Ovest, una colonna sterminata di auto, interrotta solo dai mastodontici bus rossi a due piani (i famosi “double decks” di linea) e da qualche Austin nera adibita a taxi metropolitano, si snodava interminabile sino all’orizzonte visibile.
Il serpentone di lamiere colorate, emettendo un mefitico odore di gas di scarico, così intenso da rendere l’aria irrespirabile, procede con lentezza esasperante, quasi strisciando sul dorso di gomma nera. Solo le motociclette e i motorini, destreggiandosi in tortuose gimkane, riescono a procedere un poco speditamente verso la Londra che conta: con le sue banche, i suoi uffici, le aule giudiziarie e le sue Corti, le assemblee legislative con gli scranni secolari della più vecchia democrazia del mondo moderno; i parchi, grandi e piccoli, disseminati in tutta l’area, per il riciclaggio dell’aria inquinata; i templi del consumo, dalle vetrine abbaglianti e invitanti, con le arroganze, le miserie e la vanagloria di una società ancora immersa e stordita dall’opulento benessere materiale.
Di fronte alla stazione della metropolitana, le strisce pedonali obbligano le spire del mostro ad aprire un varco per consentire il passaggio di qualche impavido pedone.
Alla biglietteria trovo una fila notevole. La gente, però, ordinata e paziente, paga senza batter ciglio le esorbitanti tariffe che la London Transport ha fissato, grosso modo, nella misura media di dieci pence per ogni stazione dell’Underground, sino ad un massimo di una sterlina e mezza.
Ma con quella cifra, in un solo giorno, si poteva girare per tutta la rete sotterranea, il che equivale a dire che si poteva girare per tutta Londra, sobborghi compresi. Infatti, le nove linee ferroviarie sotterranee all’epoca funzionanti, coprivano la sconfinata superficie della metropoli londinese dal sud del Tamigi (Richmond, Wimbledon, Morden e Brixton) all’estremo Nord ( Stanmore, Edgware, High Barnet e Cockfosters); e da ovest (Heathrow, Ealing e Uxbridge) ad est (Upminster, Walthamstaw e Ongar), con una rete che al centro si faceva più fitta di stazioni di cambio, snodi e coincidenze, soprattutto nel rettangolo “magico” che aveva i suoi quattro vertici nelle stazioni di Paddington, Earl’s Court, Tower Hill e Moorgate, passando per le fondamentali stazioni di Euston, King’s Cross St Pancreas e Victoria, per un totale di migliaia di chilometri lineari.
Con cinque sterline poi, si poteva anche acquistare un abbonamento settimanale per coprire una distanza media di una ventina di stazioni al giorno. Tale somma costituiva all’incirca un ottavo della paga settimanale di un operaio generico.
Considerando l’incredibile frequenza con cui le stazioni principali venivano servite dai treni e, nel complesso, la buona efficienza del servizio, tali tariffe non erano poi da reputarsi così alte e salate, ma anzi potevano e dovevano apparire congrue e giustificabili.
……continua……….