Volontà di ferro, preciso e puntiglioso rispetto del codice Bushidō, rifiuto della resa come opzione per concludere la guerra, incredulità rispetto ai dispacci diramati dallo Stato Maggiore di Tokyo. Questi e altri fattori contribuirono a far nascere e ad alimentare la straordinaria storia dei “soldati fantasma” nipponici, che nel '45 rifiutarono di obbedire all'ordine di arrendersi proclamato dal governo e dall'imperatore Hiroito.
Il fenomeno riguardò molte piccole unità dislocate lontano dalla madre patria. Dopo il 15 agosto del 1945 (data della vittoria alleata sull'Impero del Sol Levante) le forze armate giapponesi avevano oltre un milione di uomini operativi fuori dal territorio nazionale. Molti di essi erano in Cina o Manciuria, altri in Corea. Furono però soprattutto quelli impiegati nelle Filippine a essere letteralmente tagliati fuori dal mondo. Alcuni piccoli plotoni erano fisicamente impossibilitati a ricevere gli ordini, altri pensarono a uno stratagemma americano per piegare il morale delle truppe nipponiche.
Sta di fatto che la guerra proseguì per mesi anche dopo la resa ufficiale, anche se si trattava di una guerra in tono assai minore, clandestina, praticamente una guerriglia.
Molti soldati fantasma (la gran parte) vennero catturati nella seconda metà del '45 o nel '46. Così accadde al capitano Sakae Ōba e ai suoi quarantasei uomini, che si arresero a Saipan (Isole Marianne) nel dicembre del 1945.
L'anno seguente alcuni soldati giapponesi attaccarono le forze di polizia filippine a Manila, provocando gravi danni, tanto che dovettero intervenire gli americani per catturare quegli spettri che sembravano sbucare dalla fitta vegetazione.
Sempre nel '46 altri quaranta fantaccini del Sol Levante si arresero sull'isola di Lubang. Quindici loro commilitoni fecero lo stesso nel '47, sull'isola di Luzon, nelle Filippine. Nel '47 si registrò anche l'incredibile resa dell'ultimo giapponese sopravvissuto a difesa di Guadalcanal, ben quattro anni e mezzo dopo la nota battaglia che vide vittoriosi gli americani.
Nel '48 ben 200 giapponesi deposero le armi a Mindanao, dopo anni passati in solitudine a difendere il cuore remoto dell'isola.
Il 6 gennaio del '49 toccò a due mitraglieri, Matsudo Linsoki e Yamakage Kufuku, che presidiavano da soli una della caverne sotterranee di Iwo Jima, in mano agli americani dal febbraio del '45.
Nell'immensa Cina rurale ben 15.000 uomini – un'intera divisione – si arresero nel '49, dopo essere rimasti isolati e in balia dei rivoluzionari comunisti cinesi.
(Il capitano Oba Sakae, in una foto del 1937)
Incredibilmente le storie dei soldati fantasma continuano anche negli anni '50.
Il 20 maggio 1950 venne ucciso in combattimento in Indocina il maggiore Takuo Ishii, unitosi ai guerriglieri del Viet Minh.
Il 30 giugno 1951 si arrese sull'isola disabitata di Anatahan un gruppo di 19 giapponesi, militari e civili (tra cui una donna); il gruppo, finito sull'isola dopo l'affondamento della nave su cui viaggiavano, era già stato scoperto nel febbraio 1945, ma si era ostinatamente rifiutato di arrendersi. La resa avvenne solo dopo il recapito di un messaggio inviato dal governatore della prefettura di Kanagawa.
Nell'agosto 1954, al termine della guerra d'Indocina, il tenente Kikuo Tanimoto fece ritorno in Giappone dopo aver prestato servizio nel Viet Minh.
Fine? Per niente.
Nel 1960 il soldato Bunzō Minagawa venne catturato da alcuni taglialegna sull'isola di Guam. Pochi giorni dopo venne convinto ad arrendersi anche il sergente Tadashi Itō, compagno di Minagawa. I due erano alla macchia dal '44.
Ma Guam è terreno fertile per i soldati fantasma. Nel 1972 si arrense il caporale Shoichi Yokoi, ultimo componente del gruppo del sergente Tadashi Itō; erano passati 31 anni dalla sua partenza dal Giappone, 28 dei quali trascorsi a nascondersi nella giungla.
Nel 1974 cede il passo anche Hiroo Onoda, sull'isola di Lubang. Il tenente, in possesso della sua spada regolamentare, di un fucile e di alcune bombe a mano ancora efficienti, si arrense solo dietro esplicito ordine del suo ufficiale superiore, giunto appositamente sull'isola.
Incredibile ma vero, era addirittura il 1980 quando il capitano Fumio Nakahira si arrese di sua spontanea volontà alla polizia filippina, dopo 35 anni trascorsi a presidiare la jungla attorno al monte Halcon, sull'isola di Mindoro.
(Il tenente Hiroo Onoda, foto del 1944)
Gli ultimi avvistamenti di soldati fantasma, non confermati dalle autorità di Tokyo, sono del maggio 2005: a quanto pare la polizia dell'isola di Mindanao trovò due fanti ultraottantenni, Yoshio Yamakawa e Tsuzuki Nakauchi, entrambi dalla 30ª Divisione dell'Esercito Imperiale nipponico. La divisione, comandata dal figlio di Hiroito, aveva conteso metro per metro le Filippine all'avanzata delle truppe americane del generale Douglas McArthur nel lontano '44. I sopravvissuti facevano parte di un plotone esplorativo, scampato per puro caso alla capitolazione della divisione e rifugiatisi nella jungla filippina a tempo indefinito.
Secondo il ministero della sanità giapponese, a tutt'oggi, 60 anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, risultano ancora ufficialmente dispersi 437 giapponesi, 24 militari e 413 civili impiegati in appoggio di unità dell'esercito.
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Fonti:
La Repubblica
CBC
Wikipedia