La BCE, è certo, tra pochi giorni aumenterà i tassi di interesse. Ma che effetti produrrà, questa manovra nelle tasche di quei risparmiatori che vivono anche grazie agli interessi e sui portafogli di chi invece sta pagando un debito come un mutuo o un prestito? Analizziamo alcune domande e risposte che ci aiutano a comprendere quello che sta accadendo. (fonte Sole 24)
1. Perché la Bce aumenta i tassi?
Per due ragioni. La prima ha a che fare con i prezzi. La Bce è preoccupata dell’inflazione. Più precisamente, teme che gli aumenti dei prezzi delle materie prime si trasferiscano sui prezzi dei prodotti finiti, e questo aumento del costo della vita potrebbe innescare rivendicazioni salariali che farebbero aumentare il costo del lavoro per le imprese, le quali allora potrebbero aumentare ancora i prezzi… e via con la spirale inflazionistica che conosciamo bene.
2. È giustificato questo timore?
No, non è giustificato. L’esperienza del 2008, quando il petrolio arrivò a 140-150 dollari al barile, ha dimostrato che la trasmissione dei prezzi delle materie prime ai prodotti finiti ha perso vigore rispetto al passato. La concorrenza tiene a bada gli aumenti dei prezzi, e lo sforzo, da parte delle imprese, di mantenere i margini malgrado questi aumenti dei costi porta ad aumenti di produttività. Gli effetti sul costo della vita (da aumenti dei prezzi e delle derrate alimentari) si fermano al primo round e non minacciano la moderazione salariale.
3. Allora, perché la Bce aumenta i tassi?
Per la seconda ragione. Il livello attuale dei tassi-guida – un 1% che è il più basso del dopoguerra – era giustificato dalle circostanze eccezionali che ben conosciamo: la Grande recessione aveva richiesto livelli dei tassi eccezionalmente bassi per stimolare l’economia. Ma ora che la ripresa è avviata non c’è più bisogno di mantenere il costo del danaro a breve a livelli di emergenza.
4. Ma in ogni caso un basso costo del denaro è sempre qualcosa che fa comodo. Se non ci sono problemi con l’inflazione perché non tenere i tassi a livelli bassi?
Al costo del denaro è affidata anche la selezione degli investimenti. Chi investe confronta il costo del capitale con il rendimento del capitale. Se il denaro costa pochissimo c’è il pericolo che si chiedano soldi a prestito per investimenti non oculati o anche semplicemente per speculare. Poi, non ci sono solo i prenditori di fondi. Ci sono anche i prestatori di fondi, e ai risparmiatori che tengono i soldi in banca o li impiegano in obbligazioni o in fondi monetari, avere un po’ più di remunerazione fa comodo.
5. Ma tante piccole imprese, che già devono tenere i bilanci con le materie prime che aumentano, soffriranno a dover pagare di più i prestiti bancari.
Certamente, quando si è abituati a pagare di meno il capitale di debito, ogni aumento viene percepito come un fardello addizionale. Ma il costo dei prestiti bancari dipende più dalla domanda e offerta di prestiti che dalle decisioni della Bce. Il costo del denaro per le imprese è già aumentato in Italia di 0.2-0.3 punti percentuali negli ultimi sei mesi, senza che la Bce si fosse mossa. Ma sei mesi fa i prestiti alle imprese viaggiavano ancora in territorio negativo (variazione su 12 mesi) mentre secondo gli ultimi dati (febbraio 2011 su febbraio 2010) siamo, in Italia, al +5 per cento. Aumenta la richiesta di danaro e quindi, come succede in ogni mercato, aumenta anche il prezzo del danaro.
6. Di quanto aumenteranno i tassi della Bce?
In misura modesta, un quarto di punto. In pratica, la Bce si limiterà a prendere atto degli aumenti che, come già detto prima, si sono spontaneamente verificati nel mercato dei prestiti.
7. Come si confrontano i tassi di oggi con quelli di prima della crisi?
I tassi oggi sono nettamente più bassi, in termini di tassi nominali. E sono più bassi anche in termini di tassi reali, cioè tenendo conto dell’inflazione.
8. Ma l’aumento che si profila potrebbe essere solo l’inizio.
Questo primo aumento è solo simbolico. In pratica non fa molta differenza per le sorti dell’economia che il tasso-guida sia all’1% o all’1.25%. Ma la Bce ha imparato dall’errore del 2008 quando aumentò i tassi proprio mentre l’economia si indeboliva. Allora i livelli erano molto diversi, l’aumento portò il tasso a breve dal 4 al 4.25%. Da allora il tasso è rimasto inchiodato all’1% e, anche se i banchieri centrali guardano i tassi bassi come il cliente di un ristorante guarderebbe a una mosca nella minestra, ci penseranno due volte prima di riportarli a livelli “normali”. Ogni ulteriore aumento sarà in presa diretta con la congiuntura: se la domanda continua in un sentiero di ripresa, i tassi aumenteranno ancora. Ma anche se le imprese pagheranno un po’ di più il danaro, saranno compensate da maggiori volumi di vendite.