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I ♥ Telefilm: Daredevil, The Last Man On Earth, Mom

Creato il 06 maggio 2015 da Mik_94
I ♥ Telefilm: Daredevil, The Last Man On Earth, MomDaredevil Stagione I Sono intollerante al cinecomic. La mia presa di posizione non è dettata da un particolare snobismo – perché guardo la peggiore immondizia, e me la faccio anche piacere – ma dal fatto che due ore e venti in compagnia di robot, inseguimenti di macchine volanti, eroi che giocano a farsi i simpatici a tutti i costi io non le passo. Il nuovo The Avengers, tipo, non l'ho visto e non lo voglio vedere. Ma ci ho provato. Ho provato invano a guardare le serie CW – con Arrow che posta più foto a petto nudo di Mariano Di Vaio, professione fashion blogger – e anche Gotham, che avevo atteso eppure avevo mollato dopo poco, per colpa di attori cani e svolte senza mordente. O il supereroe si copre di ridicolo, recitando – anzi, volando – sopra tutte le righe del pentagramma, o si veste di serietà annoiandomi, se possibile, anche di più. Perché la trilogia di Nolan ha fatto storia, ma io l'ho vista in comode rade mensili e non la rivedrei a cuor leggero. Non è colpa mia, sono i fumetti al cinema a non riuscire a trovare una via di mezzo, un compromesso. Come ogni bambino felice, infatti, anch'io ho avuto i costumi di carnevale di Batman e Spiderman ai miei tempi e, quando in videoteca era arrivato il dimenticabilissimo Daredevil, tanto avevo fatto, tanto avevo detto, ero riuscito a farmi regalare il cartonato dell'eroe dalla proprietaria. A nove anni, nonostante capissi che non era un granché, il film di Johnson mi piaciucchiava; da allora non oso riguardarlo, ma il cartonato in cima al letto a castello guai a chi lo dà via! Ampia premessa per dirvi che la storia Marvel più coinvolgente arriva dalla tv, targata Netflix, e a sorpresa si candida a essere una delle rivelazioni dell'anno. La vita di Matt Murdock – cieco, avvocato, uomo dai mille segreti – diventa un tostissimo crime in tredici puntate, in cui non mancano le implicazioni politiche e le guerriglie urbane del Cavaliere Oscuro, né leggeri tocchi di comicità. Impegnato in tribunale e gentile nei modi, Murdock crede in Dio e nella Giustizia: non uccide, difende solo gli innocenti. Ma ha il nome di un diavolo e, quando è notte, scende in strada a rimediare agli sbagli dei giudici, nella Hell's Kitchen che l'ha visto crescere – quando lui, invece, non vedeva che il nero – e che ospita, incurante delle vittime, una cruenta faida tra russi e giapponesi, mentre nell'ombra qualcuno trama. Il convincente Charlie Cox – attore britannico visto in Stardust e nella Teoria del tutto – ha la faccia da bravo ragazzo, il sorriso gentile e trasmette fiducia ineguagliabile: lotta come un boxeur (e quante ne prende?) e, quando non sfida la malavita, probabilmente salva gatti sugli alberi e aiuta le nonnine con la spesa. Come a Peter Parker, gli si vuole subito bene. Al suo fianco, il fedele Elden Henson – un Foggy che strappa qualche risata senza diventare macchietta –; una Deborah Ann Woll bella in modo assurdo, nelle vesti della spregiudicata segretaria che, contro i luoghi comuni e le canzonette di Venditti, non si innamora degli avvocati; una Rosario Dawson, nome di grido e ruolo piccolo, en passant. E' però il Kingpin del solidissimo Vincent D'Onofrio, caratterista impareggiabile, a stupire, in un serial atipico perché gli eroi sanguinano, i comprimari smuovono acque torbide e i cattivi s'innamorano: dicono sia il villain meglio scritto nelle trasposizioni della Marvel, e non stento a crederci. E non dovrei stupirmi di come la televisione, ancora una volta, metta al tappeto il cinema. Daredevil è un film lungo tredici ore: alta qualità, dialoghi corposi, momenti spettacolari che non vivono di soli effetti speciali. Quella New York criminale è spaventosa e il superpotere vero lo detiene chi è alla macchina da presa, insieme agli sceneggiatori: tra le scene memorabili, il magistrale piano sequenza del secondo episodio, cinque minuti in puro stile Old Boy; una delle ultime sequenze, coi rallenty d'effetto e Nessun Dorma. I produttori dei premiati House of Cards e Orange is the new black mi sbattono in faccia flashback appaganti, sottotrame realistiche, attori davvero capaci e non per forza allergici alle loro T-Shirt, ritmi intensi e copioni intelligenti che danno serietà a un genere su cui, di solito, sparo a zero. Daredevil ha però un'armatura resistente, l'agilità per schivare proiettili di sarcasmo, la possibilità di difendersi – e di convincere – soprattutto a suon di parole. Anche se i calci rotanti, okay, hanno sempre la loro importanza. (8)
I ♥ Telefilm: Daredevil, The Last Man On Earth, MomThe Last Man On Earth Stagione I Il mondo è finito, completamente annientato da un misterioso virus che ha reso le strade deserte, le fonti di sostentamento scarse e Phil Miller, solitario nullafacente a tempo pieno, l'ultimo uomo sulla terra. Come ammazzare il tempo, se non si hanno contatti con un'altra persona e intorno non c'è che il deserto? Si vive passo dopo passo, e di piccole cose. Saccheggiare le case dei personaggi famosi, cambiare villa una volta a settimana, prendere ricchi regali presso musei blindati: ecco spiegati gli Oscar sul comodino, gli indirizzi instabili, i Van Gogh in salotto e i Monet nel bagno di servizio. Bella vita, la vita del superstite. Dopo quarant'anni da eterno subordinato, essere re del proprio mondo. Ma le refurtive non ti scaldano, di notte, e i palloni bucati, checché ne dica il Wilson di Cast Away, hanno la fissa delle conversazioni a senso unico. Il pensiero vaga. E se Adamo trovasse la sua Eva, per ripopolare il cosmo? E se Eva fosse più un incubo che un sogno erotico? The Last Man On Earth, tra le serie comedy più attese, arriva puntuale e non delude. Venti minuti originali, divertentissimi, leggeri, ma legati – episodio dopo episodio – dal filo doppio che alle altre sitcom manca. Bisogna procedere nell'ordine corretto, non bisogna saltare nessun appuntamento e, soprattutto, è consigliabile non perdersi il finale che, dopo qualche piccolo momento no, ti congeda con un gran bell'arrivederci e un'immagine significativa. Parte col botto, patisce un po' il fattore monotonia, ma occhio che trova la sua straa. Pensato e interpretato dall'ottimo Will Forte di Nebraska, è la parodia per eccellenza del genere survival, con colpi di scena annessi e un cast in fase di ampliamento. Da one man show, come da premessa, The Last Man On Earth si fa poi surreale e popoloso, in una Tucson caput mundi e in un mondo, piccolo come dicono i proverbi, in cui gira e rigira si rivedono vecchie facce. Tutte le strade portano a Phil Miller. E la convivenza sognata, in mezzo ai miraggi della solitudine, diventa un mezzo inferno. Troppo tardi, allora, per rimangiarsi il desiderio espresso durante l'apocalisse e fare scomparire in uno schiocco di dita compagni di avventura inopportuni, triangoli amorosi, rivalità e gelosie da reality show? Si stava meglio quando si stava peggio... Ce lo chiediamo anche noi, insieme a quello sfortunato antieroe passato velocemente da leggenda ad appestato, in tredici puntate che hanno l'umorismo giusto, personaggi dinamici e un'insolita marcia in più. (7)
I ♥ Telefilm: Daredevil, The Last Man On Earth, MomMom Stagione II Difficili i rapporti madre-figlia. Dove sta scritto che sia necessario per forza volersi bene? Duro, soprattutto, essere membro della strampalata famiglia di Christy: cameriera di mezz'età che avevamo conosciuto – l'anno scorso – mentre condivideva un piccolo appartamento con la figlia, adolescente in dolce (ma mica tanto) attesa; il figlio, bambino invadente e geniale; soprattutto, la mamma Bonnie. Mela marcia che saltella da una clinica di recupero a un'altra e, tra un saltello e l'altro, arriva alla porta di casa tua e risulta impossibile schiodarla dal sofà. In mezzo a sitcom simpatiche e disimpegnate, che erano durate giusto Natale e Santo Stefano, Mom aveva avuto la meglio. Nell'arco dei soliti ventidue episodi – molti, che però spezzettati e mandati in onda una volta sì e cento no, a causa di pause continue, rendono poco – la piccola serie della CBS si conferma un onesto intrattenimento: divertente, nonostante le tragiche risate registrate in sottondo, e quotidiano. Perché si ride, ma ci sono note aspre che in una produzione così rilassata fanno entrare, a periodi alterni, la riflessione. Vite che non sono rose e fiori, una crisi dell'economia e dei sentimenti assai familiare, l'instabilità di due donne di generazioni diverse che non sempre riescono in quello che fanno, ma almeno ci provano. Alle loro spalle, una famiglia che è piaga e benedizione insieme. Cambia poco – i toni sono quelli che già conosciamo – ma cambia, allo stesso tempo, tutto. La ricerca di un nuovo posto in cui vivere, una promozione per la figlia e una professione onesta per una mamma disonesta, qualche personaggio che muore e qualcuno che guarisce, dipendenze in cui ricadere con umana imperfezione, su uno sfondo che cambia insieme a un cast che si allarga. Nuovo ingresso Jaimie Pressly, ricca e svampita ereditiera da spremere come un limore, e un Gesù “da allucinazioni” che non alza la tavoletta quando va in bagno. Grandissime padrone di casa Anna Faris e Allison Janney: la prima, vincente superstite dallo scatafascio dell'un tempo mitico Scary Movie; l'altra, caratterista che – a cinquantacinque anni – si reinventa da zero e finalmente si fa ricordare, con la sua fisicità prorompente e tempi comici strepitosi. (6+)

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