Alla Camera 314 sì, contro i 296 no, su 610 deputati danno l’ok al processo breve Mi hanno fatto sinceramente ridere quelli della sinistra che leggono una Costituzione, quella italiana, che per sessant’anni hanno «tradito» nel cuore, perché l’ambizione di chi seguiva il comunismo era un’altra: lo Stato bolscevico; la mitica e mitologica dittatura del proletariato. Ora invece la leggono e la declamano in aula, manco fosse la Sacra Bibbia e la rivelazione divina, e solo perché un provvedimento di civiltà non è a loro gradito; e solo perché tocca i privilegi dei magistrati, i quali – se passasse definitivamente quello battezzato impropriamente «processo breve» – dovrebbero lavorare di più e meglio per rendere giustizia agli italiani.
È facile dire come dice l’ANM che il «processo breve» (il virgolettato è d’obbligo), lede il diritto dei cittadini, perché attraverso esso si rinuncia ad accertare la colpevolezza o l’innocenza dei cittadini, e si nega giustizia alla vittima. È facile, perché l’ANM dovrebbe farsi un esame di coscienza. Dovrebbe ammettere che se un PM sbaglia una notifica che comporta la liberazione dei criminali, o un giudice dimentica di redigere la motivazione nei termini di legge, impedendo che la parte civile ottenga il risarcimento, quella è denegata giustizia! Quella è la vera lesione dei diritti del cittadino, che non può attendere quarant’anni per una sentenza, né può attenderne dieci o cinque per vedersi risarcito!
Ma i magistrati sono così bravi ad attribuire le responsabilità agli altri, che raramente riescono ad ammettere le proprie (del resto quanto mal di pancia per la responsabilità diretta dei togati!). Chi conosce bene i palazzi di giustizia, sa perfettamente quale sia la situazione. Drammatica; fuori da ogni immaginazione. Se Dante scrisse la Divina Commedia, dopo aver avuto la visione dell’Inferno, io sono certo che Iddio gli mostrò nel tredicesimo secolo i tribunali italiani del ventunesimo. Perché è questo che sono le nostre aule di giustizia: veri e propri gironi danteschi, dove sai quando entri e non sai quando e come ne esci.
E certamente, davanti al dramma della giustizia italiana, non ci fa una bella figura l’opposizione. Davanti al cosiddetto «processo breve», piuttosto che arroccarsi in posizioni oltranziste che hanno assunto il forte sapore della difesa di casta, avessero avuto il coraggio… il minimo coraggio di dire «sì, ci stiamo!» Lavoriamoci insieme, perché l’Italia non può pagare ogni anno milioni (milioni!!!) di euro in multe europee, per una giustizia ridicola, lenta, pesante e inefficiente.
Ma a sinistra non ci pensano, e quando qualche neurone lo hanno messo a funzionare, è perché c’erano loro nella stanza dei bottoni. Allora (se non ricordo male) andava bene la proposta di accorciare i tempi del processo. Oggi invece è assolutamente «anticostituzionale». Ma in verità, sappiamo bene che così non è. Il ragionamento dell’opposizione sull’attuale progetto di legge non è basato sulla contrapposizione «costituzionale-anticostituzionale», ma su quella più terra terra «berlusconiana-antiberlusconiana». La legge favorisce Berlusconi? Lo salva dai processi? E allora è una legge iniqua, anche se rappresenta l’espressione più alta della civiltà giuridica italiana. E poi, scusate, mi spiegate come può una norma che accorcia la prescrizione di un sesto per gli incensurati agevolare Berlusconi davanti a un processo (quello Mills) già matematicamente prescritto? E mi spiegate come sia possibile che si configuri la violazione dell’art. 3 della Costituzione, perché la prescrizione breve discrimina tra censurato e incensurato? E allora che dire della recidiva? Anche questo istituto (ampiamente usato dai giudici) discrimina tra censurato (che ha precedenti) e incensurato: non a caso il recidivo vede la propria pena aumentata a parità di reato con il non recidivo. Eppure nessuno sulla recidiva ha pensato di sollevare alcuna eccezione di costituzionalità per violazione dell’art. 3 Cost.
In verità, la cagnara sul «processo breve» mi fa riflettere. Credo che oggi la pratica giudiziaria abbia introdotto un altro e nuovo criterio per valutare l’incostituzionalità di una legge: l’essere o meno la norma introdotta dal Parlamento vantaggiosa per Berlusconi. Mi spiego: se la legge può avvantaggiare in qualche modo il Premier, è certamente incostituzionale per violazione dell’art. 3; laddove invece non lo avvantaggi o addirittura lo svantaggia, beh… allora è sicuramente costituzionale. Se il «processo breve», per fare un esempio, avesse aumentato i termini della prescrizione dei reati, probabilmente l’opposizione (soprattutto quella manettara) avrebbe plaudito, e sempre che nei suoi ragionamenti contorti non avesse trovato qualche elemento per considerare l’ipotetica riforma favorevole al «Caimano» anche in quella ipotesi.
Insomma, siamo sempre lì. Le norme ormai non si giudicano più per il loro valore effettivo, e per l’apporto di civiltà e di progresso che possono dare a una società. Ma per la loro capacità di avvantaggiare o meno l’odiato Berlusconi. Basta questo per giudicare positivamente o negativamente una legge. E basta questo per stravolgere il concetto di democrazia e regalarlo alle aule di tribunale.
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