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San Giovanni d’Acri, 1291: La fine di un sogno.
Nella primavera del 1291 sotto le mura di San Giovanni d’Acri, ultimo avamposto cristiano in Terra Santa, si presentò il più grande esercito della storia delle Crociate. L’esercito musulmano al comando del sultano al-Ashraf, vantava la presenza di 50.000 cavalieri e 150.000 fanti, provenienti dalla città di Hama, da Damasco e da contingenti dell’esercito egiziano. A questo enorme dispiegamento di forze si contrapponeva ciò che restava della potente macchina bellica cristiana, che poteva contare sulla presenza di circa 1000 cavalieri, quasi tutti provenienti dagli Ordini Militari, e 30.000 fanti. I musulmani, che avevano iniziato i preparativi dal 1290, si mossero alla volta di Acri nella primavera del 1291 portando con loro centinaia di macchine da guerra, tra le quali “la Vittoriosa”, un’enorme catapulta che si trovava nel Krak dei Cavalieri in Siria e un gigantesco lanciapietre chiamato “la Furiosa”. Ad Acri i difensori della città potevano contare sulle loro poderose fortificazioni e sul valore dei pochi uomini rimasti a difendere il sogno di un regno occidentale in Terra Santa. Il centro di San Giovanni d’Acri era difeso da una doppia cinta di mura il cui tratto settentrionale era presidiato dai Templari, alla loro destra stavano gli Ospitalieri affiancati da Inglesi e Francesi che a Nord Est controllavano le torri più deboli e le milizie comunali di Acri si attestarono al lato sud. Le milizie comunali erano supportate dai Cavalieri Teutonici che presidiavano la Torre dei Tedeschi, erano presenti anche dei contingenti delle Repubbliche Marinare di Pisa e di Venezia che nella città avevano forti interessi economici. Per l’intera durata dell’assedio e fino a quando una tempesta lo affondò, un bastimento pisano bersagliò con un enorme catapulta le truppe di Damasco attestate sulla costa. La compagine araba iniziò il suo bombardamento a base di pece bollente, fuoco greco e pietre, il 6 aprile del 1291, l'attacco si prolungò per oltre un mese con la speranza di danneggiare le possenti fortificazioni di Acri. Una notte, durante una pausa dei bombardamenti, i Templari tentarono una sortita prendendo alla sprovvista le truppe acquartierate davanti al tratto di mura da loro presidiato infliggendo agli Arabi numerose perdite. Dopo un’ora di combattimento l’enorme minoranza numerica dei Cavalieri del Tempio li costrinse a ritirarsi, lasciando sul campo circa la metà degli uomini che avevano tentato la sortita. Fu tentata una seconda sortita che vide i Templari e i Cavalieri dell’Ospedale combattere insieme, ma dopo essersi resi conto di non aver raggiunto nessun successo determinante e che la perdita di vite umane era troppo alta, i cristiani decisero di non uscire più dalla città; il numero dei difensori di San Giovanni d’Acri era, infatti, talmente esiguo che larghi tratti di mura erano controllati da poche decine di uomini. Grazie alle navi Pisane e Veneziane il mare antistante la città era ancora sotto il controllo dei Franchi e il Re di Gerusalemme, Enrico II, potè raggiungere Acri con 100 cavalieri e 2000 fanti, assumendo il comando delle operazioni. Intanto i genieri musulmani, approfittando della copertura dei bombardamenti, erano riusciti a minare sulla cinta esterna la torre di Re Ugo, la torre degli Inglesi e quella della contessa di Blois, che cominciarono a crollare nel mese di maggio costringendo i Crociati a ripiegare verso la cinta interna. In uno dei quotidiani assalti alla cittadella fortificata venne espugnata dai Mamelucchi porta Sant’Antonio, attraverso la quale i musulmani avrebbero potuto dilagare nella città se un piccolo contingente Templare, coadiuvato da circa 50 Ospitalieri, non avesse fermato con una carica il nemico, pagando però un caro prezzo in termini di vite umane. Il 18 maggio i musulmani lanciarono l’attacco finale superando la cinta esterna e concentrando le loro forze verso la torre Maledetta e verso porta Sant’Antonio, dove Templari ed Ospitalieri tentarono senza successo un contrattacco. Nel corso dei combattimenti nei pressi della cortina di collegamento tre la torre Maledetta e porta Sant’Antonio venne ferito a morte il Gran Maestro del Tempio, Guglielmo di Beaujeu. I combattimenti proseguirono strada per strada, i soldati arabi non risparmiarono la popolazione che in preda al panico invase il porto in cerca di fuga. I Templari ancora in grado di combattere si asserragliarono nell’ultimo baluardo cristiano, la torre del Tempio, al comando del Maresciallo dell’Ordine Pietro di Sevrey, resistendo per molti giorni e dando modo alla popolazione inerme di trovare scampo sulle navi delle Repubbliche Marinare. La loro lotta terminò il 28 maggio, quando le mura della torre del Tempio crollarono minate dai genieri arabi e assalite dai mameluchi, seppellendo sia i Cavalieri che gli assalitori. La città fu così conquistata dal sultano al-Ashraf. I Templari combatterono fino all’ultimo uomo, perdendo il Gran Maestro, il Maresciallo del Tempio e quasi tutti i Cavalieri. La battaglia di San Giovanni d’Acri fu l’ultimo atto delle Crociate iniziate con la spedizione di Goffredo di Buglione nel 1066, ancora una volta i Templari diedero prova di coraggio e spirito di sacrificio, dimostrando con le loro azioni la falsità delle accuse di cui furono oggetto pochi anni dopo.
Fabrizio e Giovanna
Riferimenti bibliografici: Ennio Pomponio, I Templari in battaglia Georges Bordonove, I Templari
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