Claudio Sottocornola in Calabria: mercoledì 8 agosto, alle ore 18:30, presso il Salottino Rosso della Libreria Calliope-Mondadori di Siderno (RC), si terrà la presentazione del suo ultimo libro, I trascendentali traditi (Edizioni Velar),incentrata sula tematica “Il sacro e il popular fra tradizione ed eversione nel tempo del pensiero debole”.
Relatori : Rossella Scherl,scrittrice e Antonio Falcone,giornalista e critico cinematografico.
L’autore converserà inoltre con Antonio Falcone nel corso della trasmissione Sunset Boulevard, lunedì 6 agosto, dalle 15:00 alle 16:00, su Radio Gamma Gioiosa (94,500 – 97,000 MHz FM Stereo, Streaming audio su Internet www.gammagioiosa.net).
Claudio Sottocornola, ormai noto ai media come “filosofo del pop”, nella sua ultima fatica I trascendentali traditi ed. Velar, analizza la crisi del sacro e del suo linguaggio iconico e simbolico per ricercare il significato profondo del fenomeno, formulando al contempo ipotesi di recupero e valorizzazione, a partire dal contesto del pensiero debole e dell’ermeneutica contemporanea, nel tentativo di elaborarne una comprensione flessibile, liberante e gioiosa. In questo orizzonte, Sottocornola propone un accostamento fra “sacro” e “popular” nel nome di un’affinità dalle origini addirittura evangeliche (gli outsiders amati da Gesù), fra la sensibilità iconica della tradizione e le innumerevoli istanze simboliche del pop(ular), da lui indagato attraverso canzone, pubblicità, cinema e televisione.
Claudio Sottocornola, ordinario di Filosofia e Storia a Bergamo, giornalista e scrittore, ha sempre condotto le sue opere sul sentiero di un personale discorso intellettuale, estremamente coerente e lucido, incentrato sulla filosofia per analizzare ed indagare la realtà, i suoi mutamenti nel costume sociale, riuscendo al contempo ad avvalersi efficacemente di strumenti quali musica (L’appuntamento, tre cd e un dvd, in cui interpreta canzoni italiane e straniere) poesia (Giovinezza…addio. Diario di fine ‘900 in versi; Nugae, nugellae,lampi, entrambi Edizioni Velar) e immagine (80’s/Eighties/Laudes creaturarum; Il giardino di mia madre e altri luoghi) nella loro valenza genuinamente pop, diminutivo di popular come ha sempre tenuto a precisare, aggettivo concretizzato nella sua portata estensiva e non certo riduttiva.
Con la precedente opera in tre volumi, Il pane e i pesci (Edizioni Velar) e il recente I trascendentali traditi, Sottocornola è riuscito a focalizzare il punto estremo di una ricerca sempre in divenire, volta a recuperare memoria e senso della spiritualità, al di là dell’ormai stanca dicotomia dell’ essere o non essere credenti, spingendoci piuttosto ad interrogarci sulla natura della nostra fede, se questa abbia caratteristiche tali da permetterci di superare il più gretto individualismo.
Da ricordare che dal 31 marzo al 31 luglio di quest’anno è stato reso disponibile in rete, ed è tuttora visualizzabile, (www.claudiosottocornola-claude.com) Working Class, coinvolgente web-concert tematico, ideato e interpretato dal professore lombardo, cinque percorsi scelti fra le famose lezioni-concerto tenute sul territorio fra Scuole, Terza Università, Centri Culturali e svariati luoghi della vita quotidiana.
Rappresenta una sua nuova sfida, un “laboratorio” che sfrutta le potenzialità della rete, ribadisce l’eclettismo creativo dell’artefice e certifica un itinerario di animazione culturale del territorio girato in presa diretta, “on the road”, da amici e spettatori che hanno assistito alle sue performance artistico-musicali, ma anche storico-filosofiche. E’ la canzone d’autore l’ambito privilegiato da Sottocornola, che affida alla sua visione ermeneutica del canto e della vocalità la rilettura di celebri brani, decisivi nel fotografare l’evoluzione di usi, costumi, sentimento e linguaggio della società italiana.
I trascendentali traditi
(Claudio Sottocornola, pp.164, Editrice Velar)
Una dedica a Pier Paolo Pasolini e nove brevi conversazioni sui trascendentali, ovvero quei “caratteri che appartengono all’essere in tutta la sua estensione”, secondo la rigorosa definizione di Vanni Rovighi, che delinea con chiarezza la portata di quei concetti, come bene, verità, bellezza, unità che i filosofi medievali predicavano di tutto il reale, nel solco di un ottimismo metafisico culminante nel pensiero di Tommaso d’Aquino, che apre sotto forma di citazione, accanto ad altro autore classico o moderno, ogni capitoletto. Questa è la struttura essenziale de I trascendentali traditi di Claudio Sottocornola, filosofo che utilizza musica, poesia e immagine come strumenti di lavoro privilegiati, e qui si attarda fra le derive del contemporaneo, evocato da città in degrado, corpi alterati e famiglie liquide, ad assaporare tutto l’amaro di una civiltà in declino e di un pensiero sempre più debole, sforzandosi di segnalare nel buio minaccioso che sovrasta e avvolge ogni cosa quel valore o universale che potrebbe insospettire il lettore, specie se scettico e disilluso, ma ben presto lo coinvolge invece in una complicità, quella del viaggio, della ricerca appassionata e della speranza di una non inutile meta. Ciò dipende in gran parte dal rispetto e dalla valorizzazione delle soggettività che questo scritto in forma di pamphlet esprime come sua vocazione più intima e accorata per cui, accanto ad una dimensione quasi apocalittica e veemente, di denuncia e amarezza, ove la biografia quale ermeneutica del vero si fa strumento di comprensione profonda del senso e della vita, emerge uno sguardo post moderno che redime le asperità in nome di una situazionalità (storica, personale, naturale) in grado di giustificare le differenze, relativizzare le colpe, promuovere il dialogo ma, soprattutto, innamorarsi dell’ “altro”, a qualsiasi regione – ideologica, culturale, religiosa – appartenga.
Gianni Vattimo
In realtà ciò che colloca questo scritto così coraggioso e atipico fra Tommaso e Vattimo, è proprio l’esigenza, che l’autore ribadisce e decanta, di un orizzonte di verità o autenticità che orienti il cammino dell’uomo contemporaneo, e nel contempo il rifiuto a identificare ciò con un approccio apodittico e dicotomico che separi troppo facilmente vero e falso, bene e male, bello e brutto, in nome di una concezione ermeneutica della verità (che potrebbe ricordare, per esempio, Kierkegaard, Nietzsche o Heidegger), intesa come interpretazione, ove i concetti, come le note di una musica, evocano nella loro sinfonicità la bellezza dell’intero (di per sé ineffabile, come voleva Eckhart). Così fra Kant e la Scolastica, l’autore sceglie l’Ermeneutica contemporanea come l’ambito che meglio può restituire il desiderio di unità e universalità evocato appunto in altre epoche storiche dalla stessa Scolastica o dal Criticismo, e oggi idoneo ad essere espresso appunto da un visione della conoscenza e del rapporto uomo-mondo come interpretazione, e quindi attraverso la tolleranza, il dialogo, l’incontro, anche per ciò che concerne la spiritualità e le tematiche teologiche, che vanno ormai, come ogni ambito dell’esperienza umana contemporanea, planetarizzandosi, ed esigono quindi una visione olistica ed empatica, mentre necessitano di sprovincializzarsi in nome di una fraternità o amicizia, anche spirituale, più allargata.
Come accadeva per i collage di “Eighties”, ove Sottocornola miscelava cultura alta e bassa, popular e arte sacra, destrutturando per ricostruire secondo armonie e senso del tutto nuovi, anche qui si assiste ad una singolar tenzone fra pensiero debole e pensiero forte, ove alla fine orizzontale e verticale, universale e particolare, verità e dubbio, anarchia e dogma convivono danzando mirabilmente sotto lo stesso cielo. Perché “tutto è grazia”, secondo la celebre affermazione del curato di Bernanos, ma non tutto è uguale e bisogna saper scegliere quale intensità di vita e di valore vogliamo realizzare.
C’è nell’intero percorso un forte richiamo alla responsabilità e all’impegno, e si capisce, perché l’autore, come docente, si è lasciato ispirare dai suoi giovani studenti o, meglio, dai loro bisogni e dalle loro domande, a scrivere di filosofia come un testamento minimo, come una testimonianza e un impegno a orientare nel cammino, quando sembra venire a mancare ogni indizio di stella polare, una generazione che si smarrisce.
I valori e il declino dell’Occidente
di Augusta Dentella
Un’ode al valore, comunque lo si voglia definire e intendere, un invito ad andare “oltre” le istanze del “bisogno” come richiamo immediato e acritico, una appassionata difesa dell’ideale contro ogni atteggiamento utilitaristico e pragmatico: sono solo alcuni dei motivi che compaiono nel pamphlet I trascendentali traditi di Claudio Sottocornola (pp. 164, Editrice Velar), quasi postilla alla sua precedente opera Il pane e i pesci, di natura più enciclopedica e sistematica, già presentato alla Libreria Buona Stampa di Bergamo il 16 dicembre.
Vi compaiono due autori, scelti da Sottocornola a designare un percorso di critica alla civiltà occidentale contemporanea e alle sue derive: Pier Paolo Pasolini, a cui è dedicato il volumetto, visto come l’antesignano di una critica ai valori consumistici e conformistici della civiltà post-industriale contemporanea, e Tommaso d’Aquino, che apre ogni capitolo con una citazione relativa ai trascendentali, che costituiscono il tema del libro.
L’opera, come sottolinea l’autore nell’Introduzione, intende presentare una fenomenologia, una specie di paesaggio dell’attuale declino dell’Occidente, evocato da città in degrado, corpi alterati e famiglie liquide, con il riferimento a una stella polare, i trascendentali della filosofia medievale, termine che designava nell’ ambito della Scolastica i valori più alti ed estesi a ogni ambito della realtà, come verità, bene, bellezza, giustizia, unità… E intende farlo non in modo rigorosamente argomentativo e conseguente, ma per divagazioni, paradossi, provocazioni e malesseri che, quasi come per un lapsus, lascino filtrare lampi di verità, come accade talvolta nella conversazione fra amici al bar, magari davanti a un buon caffè.
L’aspetto più suggestivo dell’opera è proprio questo accostare il contemporaneo attraverso la prospettiva straniante del pensiero medievale, non riesumato in forme istituzionali e banalmente erudite, ma riattualizzato e vivificato proprio dal suo confronto con l’attualità e persino la cronaca… All’immagine di città abbruttite da cumuli di sporcizia e scritte sui muri si accostano così esemplificazioni di una corruzione sempre più dilagante, alle caustiche descrizioni di costumi sociali involgariti e barbari si alternano amare considerazioni sulla pessima qualità della cultura mediatica e giornalistica prevalente. Il tutto appare però guardato quasi da un’altra terra, da un’altra dimensione, da un orizzonte di verità, bene e bellezza che continuamente spinge alla critica dell’esistente, alla sua falsificazione, a una lucida rabbia, ma in nome di una possibile salvezza, di un riscatto o almeno di un recupero che, in tale prospettiva, è lecito continuare a cercare e perseguire, realizzando intorno a sé la massima armonia possibile.
“Sottocornola – scrive Agata Salamone – avvalora sia il pensiero debole che il pensiero forte, in una linea che va da Abelardo a Mancuso… Il libro nella sua leggerezza fa il punto su una questione che è esattamente il tentativo di definire la Bellezza, la Verità, la Giustizia, il Bene, presupponendo la possibilità che si possa superare l’obiezione fondamentale che affiora spontanea sulle labbra di chi si è convinto della impossibilità di ogni universalizzazione concettuale…”. E così si assiste in tutta la trattazione a un singolare e suggestivo accostamento di riferimenti a culture e spiritualità diverse, dall’Islam al Confucianesimo, dai “maestri del sospetto” (Marx, Nietzsche e Freud) al Taoismo, dalla tradizione empiristica inglese al Buddismo, mentre continuo è il riferimento alla vita quotidiana e alle esperienze dell’autore, in un suggestivo mix di teoria e concretezza.
I trascendentali traditi si chiude con un capitoletto sulla “quiddità”, cioè sulla ragione profonda per cui una cosa è se stessa, ove Sottocornola si rivolge al lettore con un invito che ci sentiamo di riprendere: “Tuo padre. Tua madre. Il tuo quartiere. La tua città.. Questo treno. Questa scuola. Quella telefonata. Quel biglietto d’auguri. Quel messaggio. Il freddo che mi attraversa ora. Il sogno che verrà. L’attesa che mi annoia. Il citofono che squilla. Il PC che si spegne. Questo sonno, questo lutto, questa sveglia. E la giornata, questa giornata che non vorrei, e che devo amare, abbracciare, trasfigurare in un sacramento della gloria di Dio. La quiddità come luogo della gloria. Ne siamo ancora capaci, o stiamo solo aspettando il prossimo volo low-cost?”.
Un invito a rientrare in se stessi, nel respiro profondo di un’esperienza spirituale vitale e autentica.
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