Magazine Cinema
Doveroso citare il titolo con cui uscì all'estero, Black Sabbath, visto che ispirò il nome al famoso gruppo inglese omonimo, tra i precursori del genere Heavy Metal. Una curiosità che dà l'idea di quanto questo film fu apprezzato fuori dai patri confini, più che da noi, cosa che contraddistingue quasi tutta la produzione di Bava, regista suo malgrado di nicchia al quale i passaggi televisivi sono praticamente (e direi anche incomprensibilmente) preclusi.
Introdotti da un attore che si rivolge al pubblico stile Hitchcock, si assiste a tre episodi tratti da altrettanti racconti di altrettanti scrittori: "Il Telefono" di F.G. Snyder; "I Wurdalak" di Aleksej Konstantinovič Tolstoj; "Goccia d'acqua" di Anton Čechov.
IL TELEFONO
Una donna viene continuamente minacciata da un personaggio misterioso con telefonate che non lasciano scampo, che pare poterla osservare in ogni movimento. Verrà in soccorso una vecchia fidanzata di lei, con la quale aveva rotto per andare con un uomo. Eccezionale il finale con vittime i carnefici, racconto con logiche rigorose alla E.A.Poe.
I WURDALAK
Campagna Russa dove la notte è permanente, messa sotto scacco da un terribile criminale che è anche un wurdalak, un particolare tipo di vampiro. Un anziano capofamiglia fa rientro da figli, nuora e nipote, era partito per uccidere il vampiro, torna con un alone di sospetto e presto si capirà che anche lui lo è. Storia di contrasto amore-morte, il wurdalak si nutre del sangue di chi ama, provocandone prima la morte poi la metamorfosi. Dei tre episodi è il solo con qualche scena in esterni (rigorosamente riprodotta in studio), il più lungo e ricco di avvenimenti.
GOCCIA D'ACQUA
Un'infermiera viene chiamata per la vestizione di una defunta, quest'ultima era dedita a sedute spiritiche invocanti i morti. Durante le operazioni trafuga dalla mano della morta un anello, e quello è l'inizio di una maledizione che la perseguiterà con il fantasma della stessa defunta. Finale che prosegue la trama.
Tre storie di terrore nel primo a colori sul genere di Bava, sempre rigorosamente gotico, tinte fosche ed accese con contrasti talmente netti che paiono tirati col carboncino. Camera spesso ravvicinata, solita cura di ombre e luci, Bava ha conservato la bellezza del bianco e nero anche nel colore, ed è la prima volta che mi viene da fare una considerazione del genere. Prima d'essere regista era grande esperto di fotografia, e si vede.
Horror che spaventa ma alla portata di tutti, a distanza di anni ha certo perso parte della forza d'inquietare, ma ha acquistato un fascino unico, come tutti i grandi film che hanno aperto una strada e dettato regole ad un genere. Un pezzo di storia, per chi ama l'horror penso che i film di Bava siano obbligatori.
Budget ancora limitato, qualche attore un po' approssimativo (non tutti) mentre invece l'infermiera dell'ultimo episodio è veramente splendida. Il saluto prima dei titoli di coda, con la macchina da presa che riprende il set, mostrandoci regista, staff e trucchi utilizzati, è simpatico, chiude con un sorriso tre storie cupe, aiuta gli spettatori ad uscire dalla sala e tornare a casa con più tranquillità.
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