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I "Tripedi" di Nani /Una provocazione intelligente /Spazio Arte

Creato il 14 giugno 2013 da Marianna06

 

 

Tripedi[1]

 

Da quando l’homo erectus, il bipede più famoso, nella notte dei tempi, ha preso a camminare sulle proprie gambe, utilizzando i suoi stessi piedi,  fino ad arrivare, passo dopo passo, a quelli che sono i nostri giorni, osannati o vituperati che siano a seconda dell’ottica con cui li si guarda,  si è costruita, per gradi, tra ascese e cadute ricorrenti, quella che noi chiamiamo la civiltà.

Ora chi sono i “Tripedi”?

La terza gamba e il terzo piede ,di cui Nani Marcucci Pinoli ha dotato le sue ultimissime “eleganti” sculture, altro non è che l’intelligenza stimolante, parto connotato del mondo tecnologico odierno (addirittura post-moderno e pure post-digitale) che, senza rinunciare alla “lezione” del passato, s’innova per crescere ma non smette affatto di bere alle antiche fonti  dei padri (i cosiddetti classici).

E non è casuale l’ambientazione di Tripulo e Tricola (i nonni), di Populo e Popula (i genitori) e di Tripulino e Tricoletta (i figli),  simpaticamente in diretta linea di continuità, a partire, per esempio,  dal gioco dei nomi, tra quelle che sono le architetture, ricche di storia del glorioso passato di Palazzo Gradari, sede del comune di Pesaro.

L’antico e il modernissimo, che s’incontrano e scontrano.

S’abbracciano e si respingono,ma inscenano la pièce solo  per raccontarsi e raccontare a noi il cammino fatto e, soprattutto, quello ancora tutto da fare.

Quanto tocca fare ai figli-nipoti (Tripulino e Tricoletta).

Cioè la generazione di cui Populo e Popula, chiamati all’appello, sono i diretti responsabili, perché portatori del gomitolo di “filo rosso”. Quello da dipanare (e che altri ancora, dopo di loro, dipaneranno), senza il quale non è data “storia” alcuna.

 E, meno che mai, neanche “civiltà”.

Giambattista Vico parlava, con mix di ottimismo-pessimismo per la sua epoca e il suo contesto ,di “nani sulle spalle dei giganti”.

E il suo messaggio, a ben pensarci,  risulta essere, anche ai nostri giorni, di estrema attualità. Un monito autentico per i molti,io direi, i troppi distratti.

Sotto il profilo estetico i “Tripedi” potremmo dire che rimandano, nell’idea madre,e con le dovute evidenti differenze, a certe sculture di Costantin Brancusi ,l’artista rumeno,esule a Parigi, il quale era persuaso che” non è reale la forma esteriore ma l’essenza delle cose”.

Così Nani Marcucci Pinoli crea delle forme che, nel campo della scultura, si potrebbero definire astrattizzate , utilizzando materiali molto particolari (come già nei famosi “manichini”) per realizzare, come in questo caso, strutture filiformi e spaziali, sempre di superba eleganza.

E con costante richiamo alle tecniche, di cui ai nostri giorni l’uomo è fruitore dipendente.

Il bisogno di sentirsi presente e in gara nella propria epoca spinge Nani, o meglio l’artista che è in lui, a quella relazione unica e particolare che è il “fare arte” a prescindere . E i risultati, che sono sotto i nostri occhi, risultano, suo malgrado, in più prove, eccellenti.

 Perché il coraggio di creare, di lasciare un “segno” del proprio essere e/ o essere stato nel mondo è la più alta forma di coraggio che la persona possa proporsi di mettere in atto.

E questo sotto ogni cielo e in ogni tempo.

E, poi, chi non crea, si sa, tende a distruggere.

Perciò i “Tripedi” di Nani Marcucci Pinoli sono, essenzialmente, un invito ad aborrire le guerre, tutte le guerre, e provare a divenire, semmai, costruttori di pace.

E per Tripulino e Tricoletta  ci sarebbe così la speranza di potersi costruire e di vivere, sul serio, in un mondo migliore.

 

   Marianna Micheluzzi

 

 

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Palazzo Gradari (Pesaro)/  Sede espositiva dei "Tripedi" di Nani Marcucci Pinoli

 


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