Di solito non leggo mai un libro solo;
sul mio comodino ci sono sempre diversi libri, dal romanzo d’autore, al saggio, al romanzo più leggero.
A seconda del mio umore, e anche della stanchezza, leggo qualcosa. Parto sempre dal romanzo d’autore, poi dopo qualche giorno affianco questa lettura con qualcosa di più leggero.
Poi succede che uno di questi libri prenda quella che chiamo “la corsia preferenzile”, perché il libro mi piace e sono curiosa di finirlo.
Così troneggiano sul mio comodino Marcel Proust, per la verità da un bel po’ di tempo, e una scrittrice che amo tanto, Elsa Morante.
Invece la corsia preferenziale in questi giorni è stata di due romanzi per me nuovi, sia per il genere che per l’autore.
“Le perfezioni provvisorie” di Gianrico Carofiglio; un romanzo del tutto nuovo per me, una piacevole sorpresa.
” Le giornate di Guido Guerrieri trascorrono in equilibrio instabile fra il suo lavoro di avvocato – un nuovo elegante studio, nuovi collaboratori, una carriera di successo – e la solitudine venata di malinconia delle sue ore private. Antidoti a questa malinconia: il consueto senso dell’umorismo, la musica, i libri e le surreali conversazioni con il sacco da boxe, nel soggiorno di casa. Tutto inizia quando un collega gli propone un incarico insolito: cercare gli elementi per dare nuovo impulso a un’inchiesta di cui la procura si accinge a chiedere l’archiviazione. Manuela, studentessa universitaria a Roma, figlia di una Bari opulenta, è scomparsa in una stazione ferroviaria, inghiottita nel nulla dopo un fine settimana trascorso in campagna con amici. Inizialmente Guerrieri esita ad accettare l’incarico, più adatto a un detective che a un legale. Poi, scettico e curioso a un tempo, inizia a studiare le carte e a incontrare i personaggi coinvolti nell’inchiesta. Tra questi, la migliore amica di Manuela, Caterina. Una ragazza dei suoi tempi giovane, bella, immediata al limite della sfrontatezza. L’avvocato, diviso fra imbarazzo e attrazione, si lascia accompagnare da lei nel ricostruire il mondo segreto di Manuela e le ragioni della sua scomparsa”.
L’altro romanzo è “Bianca come il latte rossa come il sangue”, di Alessandro D’Avenia, delicato, emozionante, sorprendente. Sorprendente perché, essendo un po’ snob nella scelta di un romanzo, mi ero avvicinata a questo autore con leggera indifferenza, invece mi è piaciuto molto.
“Leo è un sedicenne come tanti: ama le chiacchiere con gli amici, il calcetto, le scorribande in motorino e vive in perfetta simbiosi con il suo iPod. Le ore passate a scuola sono uno strazio, i professori “una specie protetta che speri si estingua definitivamente”. Così, quando arriva un nuovo supplente di storia e filosofia, lui si prepara ad accoglierlo con cinismo e palline inzuppate di saliva. Ma questo giovane insegnante è diverso: una luce gli brilla negli occhi quando spiega, quando sprona gli studenti a vivere intensamente, a cercare il proprio sogno.
Leo sente in sé la forza di un leone, ma c’è un nemico che lo atterrisce: il bianco. Il bianco è l’assenza, tutto ciò che nella sua vita riguarda la privazione e la perdita è bianco. Il rosso invece è il colore dell’amore, della passione, del sangue; rosso è il colore dei capelli di Beatrice. Perché un sogno Leo ce l’ha e si chiama Beatrice, anche se lei ancora non lo sa. Leo ha anche una realtà, più vicina, e, come tutte le presenze vicine, più difficile da vedere: Silvia è la sua realtà affidabile e serena. Quando scopre che Beatrice è ammalata e che la malattia ha a che fare con quel bianco che tanto lo spaventa, Leo dovrà scavare a fondo dentro di sé, sanguinare e rinascere, per capire che i sogni non possono morire e trovare il coraggio di credere in qualcosa di più grande”.
Adesso sto leggendo “Menzogna e sortilegio”, della Morante e fra qualche giorno aggiungerò a questa lettura qualcosa di più leggero, per i pomeriggi pigri!
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