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I vostri inviati da Venezia 70: GRAVITY

Creato il 30 agosto 2013 da Mattiabertaina

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“Nello spazio sei solo, nessun suono, nello spazio la vita è impossibile”.
A Venezia sbarca “Gravity” di Alfonso Cuaròn, con Sandra Bullock e George Clooney. Il regista messicano, visionario ed originale apre le danze alla 70° Mostra di Arte Cinematografica e lo fa con un prodotto di grande impatto. Dopo aver favorevolmente colpito il pubblico con “Figli degli uomini” (Children of men – 2006), presenta nella sezione “Fuori concorso” un dramma fantascientifico, avvalendosi della collaborazione di due attori di grande esperienza e di chiara fama. George Clooney è l’astronauta Matthew Kowalsky, Sandra Bullock è l’astronauta Ryan Stone. Il primo scafato, spiritoso, gioviale. La seconda neofita dello spazio, insicura, timida. La pellicola parte con una passeggiata di routine che prevede, tra l’altro, la sostituzione di un componente guasto. Qualcosa però va storto e, causa scontro tra due satelliti, una pioggia di detriti colpisce la nave che ospita Kowalsky, Stone ed il resto della squadra con conseguenze infauste. I due astronauti sono catapultati nello spazio più nero, soli, alla deriva, potendo contare soltanto l’una sull’altro.
Cuaròn esplora i meandri della paura della solitudine, del silenzio, dell’infinitesima piccolezza dell’uomo al cospetto dello sterminato spazio, dell’impotenza e della fragilità dell’essere umano all’interno dell’esistente. Il regista lo fa con un prodotto di buona fattura, ottima si potrebbe azzardare, un prodotto nel quale il cineasta messicano sembra non lasciare nulla al caso, dai dettagli dei componenti meccanici della NASA, ai processi fisici tipici in assenza di gravità. L’uso del sonoro coinvolge lo spettatore con grande abilità e l’alternare rombi frastornanti al sordo silenzio di una navicella è un espediente efficace. Notevole la fotografia, che lascia in più di un occasione, affascinati. Cuaròn non presenta un semplice lavoro di spettacolo, di intrattenimento ma cerca di scavare più a fondo, nelle anse e nei rigoli dei timori sommessi, delle difficoltà e dei pericoli dell’essere astronauta. Convincente la prova della Bullock, vera protagonista della pellicola, capace di rendere appieno la drammaticità degli eventi. Meno convincente Clooney, “troppo Clooney”, caratterizzato soltanto superficialmente dal regista, che pare a tratti una macchietta. Dal punto di vista registico, forse, Cuaròn avrebbe potuto fare di più, rendendo il film più psicologico e meno commerciale. Resta una buona pellicola che probabilmente farà bene anche nelle sale, ma forse è poco adatto ai “palati fini” presenti al Lido. Il 3D (obbligato per tutte le proiezioni) fa il resto.

Voto: 3 su 5



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