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I Walked With A Zombie/1:

Da Julesdufresne

Georgiana Grey, più spesso semplicemente Grey, era l’autrice di un blog che possedeva tutte le caratteristiche necessarie per l’inserimento nella mia lista di feed: un argomento di mio interesse (make-up), uno sfondo chiaro e una frequenza di aggiornamento quotidiana o quasi.

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Stylist. Writer. Punk. Vegan.

Il blog in questione si chiamava Le Gothique, e nell’anno abbondante in cui ne sono stata una lettrice mi ha colpita per via di una serie di caratteristiche abbastanza curiose.

Innanzitutto, Grey sosteneva di essere (tra le molte molte altre cose — si tratta di quella che un tempo definivo Sindrome della principessa/astronauta, ma che oggi preferisco etichettare come Principio dell’allevatore di lama) una scrittrice e una giornalista. Solo che il suo spelling era pessimo, dove per “pessimo” intendo “crivellato di errori elementari e ripetuti costantemente, e insomma poverina la sua editor”.

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Due delle cose che mi facevano impazzire e che notavo costantemente erano “cheep” al posto di “cheap”:

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E “then” usato quando serviva “than”:

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Un’altra qualifica professionale su cui avevo, rispettosamente, i miei dubbi era quella di stylist, visto che tutti gli outfit che proponeva su base settimanale, quale che fosse la fonte di ispirazione dichiarata (un personaggio di un videogioco, la protagonista di un romanzo, un drago) si risolvevano nella combinazione jeans + top di qualche tipo + scarpe.

The Duchess, con Keira Knightley:

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Dexter (naturalmente!)
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Ah, e Grey era poi ovviamente anche una make-up artist (che però non postava che foto di labbra, mai il viso intero, mai nemmeno un occhio, privando noi lettrici del piacere di ammirare le sue doti when it comes to blending).

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Una cosa con cui avevamo una familiarità anche eccessiva, in compenso, erano i suoi molti e variopinti tatuaggi, delle cui foto ci sommergeva spesso e volentieri.

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Il suo avatar

L’idea che mi ero fatta, in breve, era che non tutto quello che Grey scriveva di sé fosse vero (inclusa probabilmente la parte in cui si autodefiniva “alta, bionda, snella, giovane e con una struttura ossea che non necessita di contouring”) (urca).

Non che la cosa influisse sul piacere di leggere le sue recensioni, naturalmente, anche se il mio coinvolgimento con il blog era limitato: chiunque abbia avuto a che fare con la dogana italiana sa che nessuna iniziativa che preveda la spedizione di cosmetici dall’esterno dell’Unione Europea è una buona idea, anche e soprattutto dal punto di vista economico.

Questa limitazione mi precludeva la partecipazione a diverse iniziative: le periodiche svendite di prodotti recensiti, lo scambio internazionale di make-up (una ventina di persone da varie parti del mondo hanno mandato a Grey cosmetici per un totale di almeno 45 dollari, più un contributo di 5 dollari per le spese, affinché lei provvedesse a ridistribuirli), e la famigerata Awesome Box (una raccolta mensile di sample di varie compagnie indie, forniti gratis in cambio della pubblicità che ne sarebbe derivata) (naturalmente, dal punto di vista delle iscritte, una raccolta a pagamento).

Poi, nel gennaio del 2012, Grey è sparita.

Le indagini delle lettrici e delle amiche virtuali, preoccupate un po’ per via di vaghi ma persistenti accenni a problemi di salute e un po’ perché buona parte di loro aveva pagato la prima Awesome Box e non aveva ricevuto nulla, hanno portato a due scoperte.

Innanzitutto, Georgiana Grey non era il vero nome della blogger, dettaglio poco plausibile su cui lei aveva però sempre insistito molto: il dominio risultava intestato a una tale Gina Silva, le cui foto coincidevano con i dettagli di Grey che risultavano dal blog.

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In seconda battuta, questa non era la prima volta che Gina spariva con i soldi: la prima volta però era andata fino in fondo, e aveva addirittura inscenato la propria morte.

(Prossima puntata: “non è mai Lupus”)

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Il blog di Grey, grazie alla Wayback Machine (gli screenshot sono presi da lì).



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