Negli ultimi giorni, la tratta Italia-Francia è stata al centro di svariate attenzione. No, non si tratta della Tav, ma del viaggio (di sola andata) tra Milano e Parigi che Ibrahimovic e Thiago Silva hanno deciso di intraprendere. Tra mille polemiche, che però non centrano il vero problema che riguarda il Paris Saint Germain.
Ma andiamo con ordine. Se alla partenza del difensore brasiliano ci si era rassegnati, è l’acquisto di Ibra a far discutere. Non tanto perché lo svedese abbia cambiato casacca, ma per l’ingente stipendio che il machiavellico procuratore Mino Raiola è riuscito a fargli strappare: 14 milioni di euro all’anno. Orrore. Ci siamo dimenticati che in Italia gente come Sergio Cragnotti pagò Hernan Crespo 120 miliardi di lire al Parma: un mega bonifico dalla Cirio alla Parmalat, due società all’epoca specchiate come la fedina penale di Totò Riina. Ma vabbè, acqua passata. Ibra ha preteso tanti soldi, d’altronde il presidente Hollande vuole tassare i ricconi e lui vuole salvaguardare il salvadanaio. “Credo che l’ammontare della retribuzione di questo giocatore abbia scioccato molte persone e quindi mi sembra naturale che possa contribuire allo sforzo collettivo – ha detto, in una conferenza stampa a margine del Consiglio dei ministri, la Vallaud-Belkacem -. Non c’è motivo che gli sportivi siano esonerati dalla nuova aliquota eccezionale al 75% per i redditi superiori a 1 milione di euro”. Fine della discussione.
Ibra ha fatto discutere anche per altro. Durante la sua presentazione, mentre dichiarava che “Un altro sogno si avvera” (vabbè…), spiegava anche che con l’uscita di scena sua e di Thiago Silva il calcio italiano ci perde molto. Vero, verissimo. Ma andatelo a dire a tutti quei dirigenti che hanno lasciato andare proprio al Psg uno come Verratti. O alla Roma, che sta dando via in comproprietà un sacco di ragazzi interessanti (e non in prestito). O all’Inter, che si è fatta sfuggire Destro. O Borini lasciato andare al Liverpool. E potremmo andare avanti per delle ore (ma anche no) solo per spiegare che in Italia non c’è la cultura dei giovani.
Ma questo è un discorso vecchio come il cucco e non verrà risolto a breve. Il vero problema è che il calciomercato (e il calcio dei prossimi anni) verrà dominato da una squadra come il Psg che fa quello che vuole in barba al Fair Play finanziario. Avete presente no? Si tratta di quella regola che Michel Platini ha imposto ai club per evitare loro la bancarotta: nel 2014, chi avrà superato i 45 milioni di debiti nelle ultime due stagioni verrà duramente sculacciato da Le Roi. Non si può spendere più di quanto si guadagna, cosa che la dirigenza qatariota guidata dallo schifosamente ricco sceicco Al Thani invece fa. Spendi e spandi, altro che Platini. Il quale, dal canto suo, non muove foglia. Sarà perché nella Qatar Sport Investment, società di Al Thani che controlla il Psg, lavora Laurent Platini, le fils. E allora, sull’aereo Milano-Parigi, oltre Ibra e Thiago c’era un terzo passeggero caro a Berlusconi: il conflitto di interessi.