Ice bucket challenge, condizione necessaria e/o sufficiente per fare beneficenza?

Creato il 25 agosto 2014 da Alessandro @AleTrasforini

La maratona dei secchi d'acqua ghiacciata in testa sta dilagando ed allargandosi, in maniera sempre più virale ed orizzontale: il fenomeno che va colonizzando il mondo dei social network sta contribuendo ad accendere luci su una malattia ( pur)troppo, ad oggi, senza possibilità di guarigione definitiva e completa. Quel che dall'America è stato lanciato ha prodotto, nella sola America, cospicue donazioni a favore della ricerca per la lotta a questa tremenda malattia ( cfr. http://www.nytimes.com/2014/08/22/business/media/ice-bucket-challenge-donations-for-als-top-41-million.html?_r=0).
I benefici di questa maratona sono stati, fino ad ora, notevoli ma anche notevolmente carichi di controsensi ed ostacoli.
Fedeli a questa testimonianza sono le parole riportate dal sito Ilpost.it da una testimone " diretta" di questo tremendo male ( cfr. http://www.ilpost.it/2014/08/22/sla-ice-bucket-challenge/):

"[...] siamo entrati nella seconda settimana del super virale Ice Bucket Challenge. Lo so, lo so, vi sento già: è cominciata come una cosa carina e ora è fuori controllo. [...] Sta praticamente colonizzando tutti i social network. [...]
Alcuni si lamentano [...] che la sfida stia dando corda al tipico narcisismo americano e che non stia facendo nulla per la sensibilizzazione riguardo la SLA o per la raccolta fondi. Dicono che la gente dovrebbe semplicemente donare soldi in silenzio e andare avanti con le proprie vite.
Capisco che la cosa li irriti, ma credo che non si rendano conto cosa vuol dire affrontare questa malattia beffarda e allo stesso tempo constatare che per il resto delle persone è [...] invisibile. Dato che passo le giornate guardando mio marito seppellito dentro il suo stesso corpo, mi preme moltissimo far sapere alla gente l'esistenza di questa condizione disumana.
Ma per qualche ragione, mentre tutti riconoscono che il destino dei malati di SLA è uno dei peggiori destini immaginabili, le raccolte fondi per la ricerca e le terapie sono praticamente nulle. [...]"

E' evidente un primo controsenso, dalla lettura di queste parole tanto pesanti.
Pur essendo la consapevolezza di questo male ( teoricamente) viva, non all'altezza delle aspettative sembrano essere i comportamenti per ( provare ad) onorare promesse e coscienza. Questa percezione, inoltre e forse inevitabilmente, sembra essere avvallata dall'assoluta e strutturale aleatorietà del web.
A questo concetto si richiama, inevitabilmente, l'articolo de IlPost.it precedentemente citato:

"[...] stiamo combattendo una battaglia enorme contro questo mostro, e l'ultima cosa che desidero è che le persone donino soldi silenziosamente, anonimamente, e poi si defilino. Scatenatevi! Fate casino! Attirate l'attenzione su di voi! Io sarò contenta per voi e per ogni "mi piace" che riceverete su Facebook, dato che starete spingendo la SLA un pochino più avanti nel tragitto verso la [...] consapevolezza.
[...] anche questa cosa passerà di moda, e la tua timeline di Facebook tornerà ad essere popolata da video di gattini e da ragazzini che cantano Let It Go. [...]"

Soprattutto in Rete, questa manifestazione divenuta ossessivamente virale passerà di moda.
Più o meno lentamente, ma inevitabilmente.
Esprimersi in maniera obiettiva ed univoca su un argomento come questo è tanto, forse anche troppo difficile.
Se si ha la fortuna di essere " esterni" a questa malattia, inevitabilmente, ancor di più: troppo è il dolore provato, troppe le note dolenti, troppi i silenzi assordanti che certe dimensioni esistenziali relegano a chi subisce simili mali.
La missione più difficile potrebbe essere, forse, quella di saper essere esterni senza però essere estranei: la necessaria ricerca per pervenire a definitivi rimedi deve essere una "parte" da recitare collettivamente, senza delegare il tutto ad eroici " virtuosi del microscopio".
Rigorosamente senza portafoglio adeguato, si intenda bene.
Trasferire un discorso simile nel contesto italiano è un compito ancora più complicato del previsto, per una lung( hissim)a serie di questioni:

  1. necessità di fronteggiare una malattia che ha bisogno di cospicui fondi per essere affrontata, vissuta, combattuta e (possibilmente) sconfitta;
  2. impellenza di trasmettere un messaggio che contribuisca ad essere strutturalmente e concretamente utile nell'affrontare questa malattia;
  3. bisogno di scongiurare ed allontanare (difficilmente) forme di inevitabile protagonismo per chi sceglie di bagnarsi per pubblicizzarsi;
  4. superamento del molteplice scontro d'opinioni secondo cui è possibile definire le linee di pensiero principali, solo apparentemente in controtendenza le une con le altre:
  • non mi verso acqua addosso ma scelgo di donare;
  • mi verso acqua addosso non dicendo pubblicamente se donerò o meno;
  • chiunque scelga di versarsi acqua addosso potrebbe semplicemente donare risparmiando tempo ed acqua;
  • mi verso acqua addosso per essere all'altezza della nomina ricevuta;
  • non mi verso acqua addosso non condividendo l'iniziativa;
  • non mi verso acqua addosso per ragioni molteplici;
  • varie ed eventuali.

Le opinioni sono molte e, salvo offese ed ingiurie, largamente giuste o quantomeno giustificabili.
Il tunnel della SLA è troppo buio, è lecito credere che servano buone luci di qualsiasi tipo ed entità per illuminarlo a fondo.
Nell'oceano di secchi rovesciati, però, è lecito porsi una tanto semplice quanto strana domanda: possono fenomeni come questi produrre una sorta di " overdose" da ( finte o vere) opere benefiche.
Una questione come questa sembra essere tanto sottile quanto difficile da risolvere, alla luce dei tanti assensi e controsensi comunicativi che un argomento sensibile come questo si trascina ( inevitabilmente) dietro.
Cosa si potrebbe affermare, invece, qualora si volesse provare a giudicare nei fatti lo strano " rapporto" fatto fra secchi d'acqua gelida e donazioni effettuate? Su questo fronte, invece, sembrano emergere ( pur)troppo chiare le verità a proposito di questo sistema ( cfr. http://vitadigitale.corriere.it/2014/08/24/ice-bucket-challenge-24-milioni-di-video-per-70-milioni-di-dollari-ma-in-italia/):

"[...] le secchiate gelide sono tutt'altro che un semplice tormentone estivo, considerando il boom delle donazioni: si sono letteralmente impennate dai 40.000 euro registrati sabato mattina ad oltre 100.000 (la Aisla via Twitterspecifica che siamo a 125 mila, ndr), e soltanto per l'Aisla, la più grande delle associazioni impegnate in Italia nella lotta alla Sclerosi Lateriale Amiotrofica (Sla). [...]"
[ultime fonti riportano un totale prossimo a circa 200mila Euro raccolti:http://www.wired.it/lifestyle/salute/2014/08/25/ice-bucket-challenge-200mila-euro-italia-tanti-o-pochi/]

Il dono effettuato, dunque, sembra essersi realizzato anche se su cifre largamente minori rispetto a quelle riscontratesi negli Stati Uniti.
A furor di secchiate, però, sarebbe necessario dibattere anche di questioni largamente più importanti: quali sono le condizioni di vita dei malati di SLA? Quali sono le Associazioni che nel territorio italiano si occupano ( 365 gg/anno) delle loro tutela, protezione e sicurezza?
Cosa si potrebbe fare che ancora non si è fatto per rendere migliori le loro condizioni di vita?
A che punto è la ricerca relativa a questa terribile quanto non risolta malattia?
Sulla risposta a queste domande, purtroppo, sembra esserci un grande buio.
A rigor di logica ed umane sensazioni, il moltiplicarsi di secchiate d'acqua benefiche potrebbe presto produrre un fenomeno tanto lecito quanto giustificabile, sintetizzabile da una citazione attribuita allo scrittore Cesare Pavese:

" Non va bene esagerare in beneficenza, perchè ad un certo punto non si guadagna più che l'odio del beneficiato."

Per beneficenza è opportuno intendere, rapportando tale fenomeno alla realtà virale della Rete, anche il principio che ha dato avvio all'Ice Bucket Challenge. Come si potrebbe ottenere il citato odio del beneficiato?
La risposta a questa domanda sembra essere, purtroppo, evidente: sottoponendo a doccia gelida anche i malati.
In parole povere, quindi, non mantenendo elevate le alte aspettative fornite con la secchiata in testa.
Effetti ben peggiori può suscitare, in chiave non troppo teorica, il comportamento svolto da chi ha ruoli politici e deve ( o dovrebbe, quantomeno) tutelare il bene pubblico più di ogni altra cosa. Guardando alla doccia ghiacciata ripresa dall'attuale Presidente del Consiglio, è possibile promuovere una lung( hissim)a serie di possibili osservazioni.
Come massimi comuni denominatori di tutte, però, pochi punti soli:

  • gesto (portato quindi ad essere estrema fonte di speranza) fatto dall'uomo solo o dall'uomo in veste di politico;
  • interventi necessari da compiere per rendere la secchiata d'acqua concretamente ed immediatamente operativa;
  • necessità di misurare il gesto compiuto con la coerenza d'azione esercitata in vita dall'autore della secchiata.

Come poter tradurre il gesto in atti concreti, dunque?
Un esempio concreto sembra venire in questo senso dal Governatore della Regione Toscana, Enrico Rossi. Un suo status pubblicato su Facebook sembra essere molto esaustivo nel proposito:

"[...] Oggi abbiamo deciso di aumentare i finanziamenti per i malati di Sla da 3,1 milioni a 5,7 all'anno.
Così il loro l'assegno mensile da 1.500 passerà a 1.650 euro, uniformeremo l'assistenza domiciliare in tutta la #Toscana e daremo a tutti i malati il computer per comunicare. Chi governa ha il dovere di fare gesti concreti. [...]"

Non è dunque questione di essere a priori favorevoli o contrari alla " manifestazione" virale; il punto è, bensì, quello di alimentare nei fatti le speranze diffuse con pochi secondi di filmato. La questione più sottile per chi fa ( o, per meglio scrivere, sceglie di fare) politica è però quella di mantenersi il più coerente possibile con le aspettative diffuse: annullare o rendere quantomeno minima la distanza fra dire e fare, per farla il più breve possibile.
A questo proposito, sono inevitabili gli attacchi qualora i percorsi passati non vengano percepiti come " idonei" alle nuove ( e/o ulteriori) promesse fatte ( cfr. http://libernazione.it/icebucketchallange-e-ricerca-negata/):

"[...] Addirittura Matteo Renzi si e' lodevolemente svuotato una secchiata d'acqua in testa per sostenere la ricerca contro la [...] SLA. [...]
Dunque benvenga ogni iniziativa per combattere questa malattia ? Si', certo, ma. C'e' un ma.
Forse qualcuno ricordera' che la SLA e' la malattia che nel 2006 ha ucciso Luca Coscioni, presidente di Radicali Italiani.
Una delle ultime battaglie politiche di Luca Coscioni fu la campagna referendaria contro la legge 40 ed in particolare contro il divieto di utilizzare le cellule staminali embrionali per la ricerca. Visto che le cellule staminali embrionali sono una delle possibili vie da percorrere per combattere le malattie neurodegenerative come la SLA, di fatto chi si svuota secchiate d'acqua ghiacciata in testa lo fa per aiutare un tipo di ricerca che in Italia e' illegale. Forse chi come Matteo Renzi nel 2005 ha deciso di non andare a votare per abrogare la legge 40, e non ha alzato un dito per renderla meno rivoltante per altre vie, farebbe bene a ricordarlo prima di riempirsi la bocca con parole di sostegno ad una ricerca che se fosse per l'Italia non esisterebbe nemmeno. Il diveto di ricerca sugli embrioni e' ancora in vigore, ultimo tra quelli della legge 40 non (ancora) dichiarato incostituzionale in questi 10 anni. Non sarebbe bello se anche l'Italia potesse fare la portatrice d'acqua contro la SLA e non solo tirarsela in testa per mettere il video su Twitter?[...]"

La viralità non annulla questi controsensi, non concorre certamente a minimizzare queste inevitabili problematiche.
Quando la viralità passerà, però, la malattia resterà: resteranno condizioni di vita proibitive, rimarranno esigenze non risolte per i malati, resteranno problematiche a cui chi ha onori ed oneri di Governo deve ( o dovrebbe, italianizzando la voce verbale) porre rimedio.
Porre rimedio con silenzio, verità e trasparenza adottate contemporaneamente; non certo con tanto immediate quanto istantanee secchiate d'acqua e nomination correlate. La manifestazione#icebucketchallenge sembra delinearsi, per questo e milioni di altri possibili motivi, necessaria per far istantanea luce su una malattia tragicamente ancora senza soluzione.
Non sembra però essere, la stessa#icebucketchallenge, neppure lontanamente sufficiente per arginarne problemi e/o ricavarne soluzioni.
I punti a suffragio di questa evidente ambivalenza d'azione sembrano essere assolutamente non evitabili da analizzare, in ogni loro anche contraddittorio aspetto ( cfr. http://www.techeconomy.it/2014/08/23/domande-sesta-risposta-matteorenzi-icebucketchallenge/):

"[...] Il modello di #IceBucketChallege è replicabile? Ancora una volta: come tutte le campagne virali l'iniziativa non è replicabile. La ALS potrebbe tentare la strada della campagna annuale, ma senza alcuna garanzia di successo. L'anno prossimo potrebbe provare con secchi pieni di farina, o con bagni nella pece, ma nessuno potrebbe garantire a priori di replicare quello che è successo quest'anno. Neanche con la partecipazione straordinaria di Matteo Renzi [...] #IceBucketChallenge rivoluzionerà il mondo del fundraising per la beneficenza? Una rondine non fa primavera. Ed un secchio d'acqua gelata sulla testa del Presidente del Consiglio [...] non rivoluziona il mondo del fundraising per il no-profit (al più, può schiarire le idee a Matteo Renzi). Che #IceBucketChallenge sia un passaggio importante è indubbio. Ma è indubbiamente sbagliato pensare che sia un cambiamento disruptive. Che le logiche del marketing virale entrino nel mondo del no-profit è certamente positivo. Ma tali logiche - ad oggi - possono integrare, non sostituire le dinamiche tradizionali. #IceBucketCHallenge ha raccolto più o meno - su scala globale - quanto raccoglie un'iniziativa come Telethon su scala nazionale. [...]"

I lati oscuri rimangono, inevitabilmente, anche in una manifestazione che come questa sembra avere aspetti di indubbia validità e novità ( cfr. http://www.wired.it/attualita/media/2014/08/22/che-vi-piaccia-o-meno-icebucketchallenge-funziona/)
Restando al confine delimitato dalla sola Italia, le richieste dei malati di SLA erano già note anche in tempi ben precedenti alla rassegna#icebucketchallenge ( cfr. http://www.repubblica.it/salute/medicina/2014/05/07/news/la_protesta_dei_malati_di_sla_non_ci_lasceremo_rottamare-85446867/):

"[...] Un sit dei malati del Comitato 16 novembre davanti al ministero dell'Economia per chiedere l'istituzione di un tavolo interministeriale per la redazione di un piano per la non autosufficienza. La domanda che pochi hanno posto è, nei fatti, quella riportata nel seguito: quali conseguenze al negativo potrebbe avere, questa viralità, in un ambito fluttuante ed aleatorio quale è quello del web? [...]
Il governo (Monti, nds) si è impegnato a convocare [...] un tavolo interministeriale, che include anche le regioni e aperto a tutte le associazioni, per la realizzazione di un piano nazionale per la non autosufficienza finalizzato alla domiciliarità indiretta e si è impegnato a valutare con attenzione i riflessi dell'inclusione nell'Isee delle provvidenze sociali, assegni di cura, di invalidità, e sopratutto, come da noi richiesto, sono stati chiariti i criteri di ripartizione del Fondo nazionale per la non autosufficienza, nel senso della destinazione ai malati gravissimi del 30% di 275 milioni più 75 già a tal fine vincolati, procedendo, dove necessario, all'apposita riformulazione del decreto interministeriale. [...]
I pazienti sono arrivati a Roma per proporre una riforma del sistema dell'assistenza che permetta ai malati di restare nel loro ambito familiare, partendo dalle proposte che nascono dalle loro esperienze personali. Sono convinti che così si potrebbero ridurre molti sprechi. "Abbiamo chiesto che almeno quei 350 milioni già stanziati e disponibili per il Fondo per la non autosufficienza 2014 vengano subito ripartiti alle Regioni, non a fine anno come già successo. [...] Sono molte le persone come me, fragili come neonati, in barella, in carrozzina, di ogni età e di ogni malattia, attaccati a quelle macchine che ci tengono in vita, che sono qui per gridare il nostro diritto ad avere i mezzi che la nostra condizione ci impone. Una pensione di invalidità totale è di 270 euro, con l'accompagnamento si arriva a 700, e spesso in famiglia non ci sono altre entrate [...]."

Quali i precedenti in terra italica per il Fondo di non autosufficienza?
Stando ad articoli tutt'ora reperibili in rete, non certo felici per le sorti collettive ( cfr. http://www.repubblica.it/salute/2013/11/20/news/sit-in_dei_malati_di_sla_sciopero_della_fame_della_sete_e_stop_respiratori-71432715/):

"[...] Nel 2011 era di 2.300 milioni, Tremonti lo azzerò, nel 2012 è rimasto a zero, con le nostre proteste l'anno scorso (2012, nds) strappammo 275 milioni per il 2013 che ancora non sono arrivati alle regioni Nella legge di stabilità per il 2014 ci sono 275 milioni. Ma noi chiediamo minimo 600.[...]"

A prescindere dall'#icebucketchallenge di turno, rimangono dunque una serie di problemi non affrontati e da risolvere.
Restano una grandissima quantità di malattie rare che mettono a durissima prova le esistenze di malati e familiari degli stessi.
Restano un'immensa quantità di problemi che una campagna comunicativa (seppur vincente) non può lavare via. Quali altri#icebucketchallenge sarà necessario inventarsi per spostare l'attenzione sulle altrettante malattie rare esistenti?



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