E' ben noto che gli anglosassoni amano dare un nome, e spesso un acronimo, a ogni tipologia di attività che si possa immaginare e mettere in pratica. Così la vecchia tecnica di muovere la fotocamera durante l'esposizione (possibilmente lunga) per ottenere immagini strisciate e astratte (in fondo anche il panning appartiene a questa categoria), è stata ribattezzata ICM, Intentional Camera Movement, cioè Movimento Intenzionale della Fotocamera (MIF, dunque, in italiano). Comunque, l'acronimo rende perfettamente l'idea della tecnica stessa, perché di questo si tratta: mosso, si, ma intenzionale, cercato, studiato, sperimentato. Uno dei soggetti più sfruttati per applicare questa tecnica è certamente il bosco. Questo perché i tronchi degli alberi, con la loro verticalità, si prestano a servire da "binari" lungo i quali far scorrere l'inquadratura, in modo che mentre foglie e rami diventano macchie di colore grazie alla lunga esposizione e al movimento, i tronchi rimangono riconoscibili, evitando di trasformare il tutto in un ammasso colorato senza capo né coda. Infatti, il successo di questo tipo di immagini è spesso legato al fatto che ci sia almeno un elemento riconoscibile, la cui presenza risulta esaltata proprio dal fatto che tutto il resto è invece privo di dettagli. Semplice come concetto, dunque, l'ICM è meno semplice di quello che sembri dal punto di vista pratico: occorre infatti sperimentare molto e, come si dice, "perderci tempo" prima di ottenere delle foto valide. Sull'originalità, invece, la vedo dura: non c'è fotografo che oggi non abbia in portfolio immagini di questo tipo...