Oggi sono stato in libreria e non ho potuto fare a meno di dare un'occhiata allo scaffale dove stava "Sottomissione", il contestato libro di Michel Houellebecq. Accanto a lui, il piccolo volume con disegni fatti da vari fumettisti in onore di Charlie Hebdo intitolato "Je suis Charlie". Ho cercato di capire se, in questo angolo di libreria, situato in entrata, si percepisse un'aria particolare. Confesso che non l'ho sentita. Era più forte la sensazione che la distribuzione dei volumi avesse un'impostazione semplicemente commerciale. E la questione è proprio questa. Chi vende libri, soprattutto le grandi catene, hanno uno scopo puramente commerciale, e i lettori che vi entrano seguono l'indirizzo di marketing che trovano, senza molte domande. Infatti è la biblioteca che dovrebbe avere come "mission" di indicare sentieri di lettura articolati e ragionati, dove però l'impulso dell'acquisto non è realizzabile. Nella realtà solo le librerie più piccole riescono a unire le due anime. Peccato che fatichino a far quadrare i conti. Credo che si dovrebbe trovare il modo per sostenere, con incentivi economici pubblici, le spese per organizzare nelle librerie evento con esperti di letteratura, scrittori, professori, e che i librai saprebbero ben collocare in eventi culturali seri e ben organizzati. In questo modo si farebbero crescere i lettori, si darebbe risalto a libri di case editrici minori e le librerie, anche quelle piccole, venderebbero certamente di più.
Le mie sono solo idee, ma chissà che in futuro la scelta di un libro non sia più dovuta solo all'attrattiva della copertina, come purtroppo spesso accade.