C’era a quei tempi, è già tant’anni, un fratonzoletto che stava a una cappella sopra un monte. Era un fratin preciso, assegnato e devoto proprio per da vero. Era già in sulla settantina, con dimolti incomodetti addosso, e gli era venuto a fastidio a stare nel mondo; e tutti i giorni, mattina e sera, pregava Gesù perchè lo chiamasse con seco in paradiso. Pregava con fervore e si dava di gran colpi per il petto, e delle volte, così quasi mezzo fuor di sè, gli veniva fatto d’alzare la voce che tutti, chi era in chiesa, lo sentivano.
Lucca – Entrata in San Martino per la messa domenicale – Foto tratta da “Come eravamo-Lucca” – Ed. Il Tirreno
Ora bisogna sapere che questo buon fraticello, un po’ colla cerca alle case, un po’ colle limosina in chiesa, facendo a bricino di tutto, a be’ soldarelli, aveva appicciato qualche quindici o venti scudi e li teneva rimbucati sotto un quadrone smosso in camera sua dentro un sacchettino. Come s’andasse o come non s’andasse, fatto sta che certi giovanastri lo vennero a sapere, e che ti stillarono per piluccarglieli? Montarono sul tetto della chiesa senza che nessuno se ne accorgesse; scoperchiarono embrici e tegoli in un punto e fecero un buco nel soffitto; e poi, là sulla sera, quando il romito fu rimasto solo a pregare, secondo il solito Gesù che lo chiamasse con se in paradiso, spendolarono giù un bel paniere tutto infioccato e cantavano:
O romitino santo,
Ha detto il buon Gesù
Che tu mandi il sacchetto
E poi verrai tu!
Figuratevi il cuore di quel pover’uomo! Ci credette come un bimbo; rimase estatico e poi quando si rinvenne, corse di gambe per il sacchetto, lo posò ammodo ammodo nel paniere e poi si mise lì colle braccia in croce, buttato inginocchioni, ad aspettare, credendo da un momento all’altro di spiccare il volo verso il paradiso. Quei marugèi tiraron su bellamente il morto e tela! E il romitino, aspetta aspetta, d’andare in paradiso non se ne faceva nulla; nè oggi, né domani, nè fra un mese, nè fra due. Bisognò il pover’uomo che si rassegnasse a rimanere nel mondo, finchè fosse piaciuto al Signore. Colla su’ santa pazienza ci si riaccomodò e ricominciò a fare come di prima, e così a poco a poco rimise anche insieme un bel mucchietto di scudi, e li teneva nel solito posto.
Dopo una certa man di tempo a quelle birbettaccie gli venne in mente di ripetere il giochetto. Vanno su, fanno il buco; e quando il buon fraticello se ne stava pregando, rispendolano il solito canestrino e cantano:
O romitino santo,
Ha detto il buon Gesù,
Che tu gli dia il sacchetto
E poi verrai tu.
Il romitino, che aveva mangiato la foglia, si voltò per assù con un certo ghignetto sardonico, s’appoggiò al naso il dito grosso della mano tasteggiando gli altri come sonar l’organo, e canticchiò sulla stessa aria:
O Angelini santi,
Direte al buon Gesù:
«Mi ci ha cuccato una volta,
Non mi ci cucca più!»
( Idelfonso Nieri, Basta una volta, racconto tratto da “Cento racconti popolari lucchesi”, 1908 )