Si dà certi imbecilli nel mondo che vengon cento miglia dopo il nulla, e si pensano d’esser tutto. A starli a sentire, son loro quelli che danno la mossa ai tremoti, e portano il sole alla montagna.
Senza loro, buona notte, sonatori! Addio ogni cosa! Loro fanno, loro brigano, loro ordinano, loro consigliano, loro comandano, loro eseguiscono; hanno sempre la testa nei licci, e si danno l’aria di governare le cinque parti del mondo. Proprio per questi pare inventata la novellina.
Una volta una mosca si posò sopra un corno di un bove, mentre questo bove tirava l’aratro. Passa intanto un moscone; la vede, e gli domanda:
«Che fai, mosca?»
E quella tutta rimpettita:
«Ariamo!»
Campagna lucchese nel 1935: contadini su un carro trainato dai buoi
Di questa mosca doveva esser parente anche un cuculo che so io. Una bellissima serata di maggio questo cucco se ne stava sopra un muracelo vecchio, e cantava. Ogni poco mandava fuori un grido dei suoi: cu cu! cu cu!
Intanto più là, a poca distanza, eccoti un rusignolo che principia a cantare con quei be’ trilli, con quei be’ gorgheggi, con quelle bellissime rifioriture, una sempre differente dall’altra. Il cucco stava a sentire, senza però smettere il suo gridaccio; e dopo un pezzetto, andò là, e gli disse:
«Buona sera, rusignolo; ma come cantiamo bene, eh!?»
( Idelfonso Nieri, La mosca e il bove, racconto tratto da “Cento racconti popolari lucchesi”, 1908 )