Vista dal molo di Viareggio
Una mattina, là sul cominciare della primavera, un pastore usci colle pecore, e incontrò Marzo per la via. Dice Marzo:
«Buon giorno, pastore, dove le meni oggi le pecore a pascere?»
«Eh, Marzo, oggi vado al monte».
«Bravo pastore! fai bene. Buon viaggio!»
E fra sè disse:
«Lascia fare a me, chè oggi ti rosolo io!»
E quel giorno al monte giù acqua a rovesci, un vero diluvio! Il pastore però che l’aveva squadrato ben bene in viso, e non gli era parso schietta farina, aveva fatto tutto all’incontrario. La sera nel tornare a casa rincontra Marzo:
«Ebe’, pastore, come è ita oggi?»
«È ita benone. Sono stato al piano; una bellissima giornata, un sole che scottava!»
«Sì eh? Ci ho gusto (e intanto si morse un labbro) E domani dove vai?»
«Domani torno al piano. Con questo bel tempo, matto sarei a mutare».
«Sì? bravo! Addio».
E si partono. Ma il pastore, invece d’andare al piano, va al monte, e Marzo giù acqua e vento e grandine al piano; un vero gastigo di Dio. La sera trova il pastore:
«O pastore, buona sera; e oggi come t’è ita?»
«Benone. Sai? sono andato al monte, e ci è stato una stagione d’incanto. Che cielo! Che sole!»
«Proprio ne godo, bravo pastore; e domani dove vai?»
«E domani vado al piano; mi par di vedere certi nuvoloni su dietro l’alpe…. Non mi voglio allontanare da casa».
«Fai bene, ti consiglierei anch’io».
Insomma, per farla corta, il pastore gli disse sempre all’incontrario, e Marzo non ce lo potè mai beccare. Siamo alla fin del mese. L’ultimo giorno disse Marzo al pastore:
«E be’, pastore, come va?»
«Va bene; ormai è finito Marzo, e sono a cavallo. Non c’è più paure, e posso cominciare a dormire fra due guanciali».
«Dici bene. E domani dove vai?»
«Domani anderò al piano; faccio più presto, e l’ho più comodo».
«Bravo! Addio».
Allora Marzo, in fretta e furia, va da Aprile, e gli racconta la cosa, «e ora avrei bisogno che tu mi prestassi almeno un giorno». Aprile senza farsi tanto pregare, gli presta un giorno. Eccoti che viene la mattina dopo, e il pastore cava le pecore e, cucciolo cucciolo, va al piano come aveva detto, con credendo oramai nell’essere Aprile, che non ci fosse più da stare in pensieri di qualche bussata.
Ma quando è là una cert’ora che tutto il branco delle pecore era sparto per le prata, comincia una ventipiova da fare spavento, acqua a ciel rotto, vento e neve e grandine; una tempesta che il pastore ci ebbe da fare e da dire a riportar dentro le pecore. La sera Marzo va a trovare il pastore che era là nel canto del fuoco senza parole e tutto malinconioso, e gli dice:
«O pastore, buona sera!»
«Buona sera, Marzo».
«Oggi com’è andata?»
«Ah, Marzo mio, sta zitto; sta zitto per carità! oggi è stata proprio nera. Peggio di così neanche a mezzo gennaro! Le ha fatte tutte e sette; si sono scatenati per aria tutti i diavoli dell’inferno. Oggi solamente ne ho avuto per tutto l’anno. Povere le mi’ pecore! Povere le mi’ pecore!»
E per quello si dice che Marzo ha trentun giorni, perchè ne prese in prestito uno da Aprile.
( Idelfonso Nieri, Marzo e il Pastore, racconto tratto da “Cento racconti popolari lucchesi”, 1908 )
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