Temistocle non poteva dormire, perchè le grandi vittorie di Milziade gli levavano il sonno; Alessandro il Grande non poteva dormire e piangeva la notte, quand’era quel bello stellato, perchè vedeva lassù per aria tanti mondi e lui non poteva conquistare altro che questo qui; Napoleone Primo vegliava a nottate sane pensando come fare per doventar padrone di tutta l’Europa, e anche Pecchino non trovava il sonno una volta, e senti il perchè.
Castiglione Garfagnana – Giorno di festa – Foto tratta da “Come eravamo-Lucca” – Ed. Il Tirreno
Pecchino non aveva mestiere fìsso, perchè non era stato capace d’impararne nessuno, ma s’aggarzonava come omo di fatica o con un contadino o con qualche bottegaio o industriante, e qualche volta era ito anche per istalliere; ma durava poco da per tutto e presto gli davano il ben servito dal gran vizio che aveva d’imbriacarsi.
Come si raccapezzava una lira in tasca, era una sbornia che cantava, e le feste per lo più bisognava portarlo a letto in quattro a birabára. Mai da Dio che tornasse una sera a casa con un centesimo in sacca; finché ce n’era respice non aveva ben dell’anima sua e non poteva uscire dall’osteria o dal caffè, perchè diceva che, se gli rimaneva un soldo addosso e moriva quella notte, quello era un soldo buttato via, perchè non se l’era goduto!
Atopascio la festa dell’uva – Foto tratta da “Come eravamo-Lucca” – Ed. Il Tirreno
Una volta aveva riscosso certi bricioli e era stato tutta la sera a far baracca. Quando non si trovò più una palanca, andò a letto e non dormiva. Voltati di qua, voltati di là; méttiti boccone, méttiti rivelto, era lo stesso: due occhi spalancati: così. Un pezzo stette lì, poi non ne potè più:
«Ho bello e visto, qui bisogna rilevarsi!»
Salta il letto e comincia a rivestirsi, e nell’infilarsi il panciotto sentì qualcosa di tondo; cerca nel taschino e non trova nulla; tasta meglio e s’accorge che era tra la fodera e la tasca: tira fuori, era un mezzo franco (allora usavano le monete da mezza lira).
«Ecco perchè ‘un dormivo! Figlio e po’ d’un cane! eri tu quello che mi levavi il sonno!»
In tre salti riè all’osteria, si garganella due poncini da quindici, e uno più carico di cognacche da venti centesimi. Poi tranquillo come una pasqua tornò a letto; s’appioppò issofatto e russò come un ghiro fino a sole bello alto.
( Idelfonso Nieri, Pecchino, racconto tratto da “Cento racconti popolari lucchesi”, 1908 )