Magazine Cinema
IF A TREE FALLS (2011)
Regista: Marshall Curry
Attori: Daniel McGowan
Paese: USA
Il documentario di Marshal Curry, non nuovo a questo linguaggio cinematografico al punto da essersi guadagnato con "If a Tree Falls" la seconda nomination all'oscar in sei anni, si concentra su quanto accaduto tra il 1995 e il 2001 in seguito all'inasprimento delle proteste del ELF (Earth Liberation Front). Del passaggio, nello specifico, dalle manifestazioni pacifiche alle azioni violente volte a sabotare con la forza (per lo più incendi) obiettivi strategici con lo scopo di creare un danno prettamente economico. Nel farlo l'occhio di Curry si concentra su uno dei membri, Daniel McGowen, che insieme al movimento ha sperimentato lo stesso passaggio.
Tra gli aspetti migliori della pellicola vi è senza dubbio alcuno la scelta di seguire il protagonista per un arco temporale abbastanza ampio da inquadrare alcuni degli snodi principali della vita appena precedente alla sentenza. Dalla sospensione degli arresti domiciliari agli sviluppi cruciali delle indagini. In tal modo Curry affianca all'inchiesta documentaristica dei fatti quella più intima e personale sul protagonista, mostrando fin da subito di volersi insinuare nelle motivazioni alla base delle sue scelte e di riflesso raccontarle. Del resto osservando un protagonista che è ben lungi dall'apparire un criminale diviene immediatamente chiaro che non è solo fanatismo o violenza un tanto al chilo, giustificata con argomentazioni deboli e tendenti all'inconsistente; al contrario prendono forma una sequenza alla volta motivazioni che al termine di certo non rendono le azioni del ELF pienamente giustificabili, ma per alcuni versi, magari, comprensibili. In quest'ottica Curry pone l'accento sul passaggio di cui si scriveva, raccontando ciò che dei manifestanti pacifici si ritrovano a subire: tra le altre cose, i mezzi ben poco ortodossi delle forze dell'ordine, che senza troppi ripensamenti tagliano i vestiti dei manifestanti e ricoprono le loro parti intime con spray urticanti, o che con la cura di un'estetista lo cospargono negli occhi dei manifestanti previamente immobilizzati; il tutto nell'assoluta indifferenza non verso di loro quanto verso le ragioni della loro protesta. Il regista sceglie intelligentemente di mettere in scena quanto appena scritto attraverso del materiale d'archivio che rende forte e fastidioso il quadro restituito.
Nel ritrarre il volto apparentemente impopolare del suo documentario, essendo agli occhi di un pubblico disinteressato le azioni del ELF vandalismo o addirittura terrorismo, , il regista dedica attenzione alla frustrazione conseguente alla risposta distaccata e violenta dello Stato, che ha reso esponenziale la crescita della sensazione di impotenza il fattore scatenante il passaggio. Su questa base, poi, continua a costruire l'impianto giustificatorio e con interviste a gente estranea all'ELF, che pur non appoggiando quest'ultimo definiscono fin troppo radicale anche “il disboscare il 95% delle foreste”, e anche mettendo in discussione la scelta di condannare gli ex membri del ELF per terrorismo. Se sia appropriato tanto in termini lessicali quanto in termini legali. Continua quindi, Curry, a porre quesiti e a costringere ad interrogarsi sugli stessi rendendo il suo documentario da questo punto di vista assolutamente riuscito.
Se per certi versi “If a Tree Falls” risulta efficace, tuttavia, per altri non può propriamente dirsi tale. Curry, infatti, non riesce, se non per poche parentesi, ad avvicinare alla tematica smuovendo anche l'empatia di chi guarda; si segue interessati ma si sente poco il racconto, tanto che il peso dei quesiti affrontati sembra alleggerirsi già al termine della visione. Non resta quasi nulla se non la ricostruzione fedele di quanto accaduto in quegli anni, affidata alle interviste mai unilaterali del regista, che resta infatti per lo più nel mezzo. E forse, in parte, è proprio questo che rende poco forte il documentario, il non prendere una posizione, il non osare in tal senso.
In ogni caso, quello di Curry resta una finestra per nostra fortuna spalancata su una realtà di cui non ci si interessa e di cui quindi si sa molto poco, nascosta dietro un uso forse troppo semplicistico e comodo del termine “terrorismo”, utile a bollare come tale ogni azione ideologicamente sconveniente alla politica predominante. Del resto non sarebbe neanche necessario andare oltre i confini di questo stesso Paese per avere conferme di simili usi terminologici impropri.
Perfetti per il contesto i The National in chiusura: “Can we show a little discipline?”.
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