Ieri è stato l’ultimo giorno del Ramadan: ed Erdoğan ha partecipato a un iftar molto speciale, quello organizzato – al Museo di archeologia di Istanbul – dalla Federazione delle associazioni greeco-ortodosse di Istanbul, seduto a fianco del patriarca ecumenico Bartolomeo I e allo stesso tavolo di tute le altre minoranze religiose. Nel suo discorso, ha ricordato come la convivenza tra le tre religioni del libro era la regola a Istanbul: basti pensare al quartiere di Kuzguncuk in riva al Bosforo, dove in pochi metri si trovano due chiese ortodosse, una chiesa armena, una moschea e una sinagoga. Certo, quest’armonia era tendenziale e non perfetta, tra musulmani e tutti gli altri non c’era uguaglianza e i massacri non erano sconosciuti: ma cosa avveniva nello stesso periodo in Europa, ad esempio al tempo delle guerre di religione?
La convivenza tra religioni come “esperienza incomparabile”, una “qualità che distingue la Turchia dagli altri paesi”: così l’ha definita Erdoğan. Qualità che comincia a non essere solo retorica: su questo blog ho spesso parlato del restauro delle chiese cristiane, delle dichiarazioni del ministro della cultura Ertuğrul Günay, delle aperture storiche dell governo dell’Akp e delle iniziative della società civile – tutto quello, insomma, che viene sistematicamente ignorato dalla maggior parte dei mezzi d’informazioni italiani, perchè non corrisponde agli stereotipi e ai pregiudizi radicati. Ora dalle frasi e dai gesti simbolici si è passati ai fatti: perché è stata formalizzata la decisione del governo di restituire almeno una parte delle proprietà confiscate – dai governi “laici e secolari” – negli ultimi 75 anni a ortodossi, armeni ed ebrei – con risarcimenti per le proprietà già alienate a terzi. Ma non avrebbe più senso di commentare quanto sta accadendo nel 2011, invece di continuare a pontificare – a senso unico – sul 1915 e sul 1923, o su quello che si teme accadrà nel 2083?