Mi ero ripromesso di non parlare del 25 aprile. E giuro non lo farò… almeno non nei termini soliti, e cioè nei termini di quelli che puntano il dito contro un evento nazionale ormai assodato come di parte. Non voglio scadere nella banalità di redarguire i soliti sinistri, così capaci di parlare di democrazia e tolleranza, salvo poi disattendere sia l’una che l’altra, ogni giorno con azioni, parole, opinioni e omissioni che ne tradiscono la genesi intollerante e antidemocratica.
Perciò niente retorica sul 25 aprile antifascista. Sappiamo tutti che cosa è il 25 aprile, e sappiamo benissimo che per quanto vogliono convincerci che non è la festa di una sola parte politica, lo è, eccome! E lo è senza alcun se e ma. Lo è e basta.
Ciò detto, quello che mi lascia davvero esterrefatto è tutto quel che si dice e si è detto nelle celebrazioni della Liberazione versione 2011, usata come un’arma politica impropria, attraverso la più grave e arrogante delle mistificazioni: accostando in modo irresponsabile il Governo attuale con quello espresso dal regime fascista, quasi che questo Governo abbia preso il potere con la forza, o in modo arrogante e in spregio della Costituzione.
Cosa assolutamente fuori luogo e assurda… persino aliena! Prima di tutto, sappiamo bene come il Governo Berlusconi sia diventato Governo. E cioè tramite democratiche elezioni, vinte e stravinte nel 2008. E nessuno può e deve contestare questa verità. Anche perché, nel momento in cui qualcuno la contesta e pone il dubbio sulla sua legittimità, dimostra in modo inequivocabile di essere agli antipodi rispetto alla democrazia. E non può certo fregiarsi dei valori del 25 aprile per sostenere le proprie argomentazioni, poiché si dimostra indegno di essi, già nel momento in cui sogna per il Premier una sordida piazzale Loreto.
Ecco perché, come sempre accade, nel nostro paese, certi eventi e commemorazioni anziché unire, dividono. Dividono e non uniscono perché persiste come un cancro l’idea che la legittimazione di un governo debba essere unanime, e non già espressione della maggioranza. E divide perché questo concetto si pretende di applicarlo solo a una parte politica e non all’altra. E divide perché esiste una profonda ignoranza, soprattutto a sinistra (la parte politica «giusta» e «legittima» a prescindere dall’effettivo consenso riscosso), circa i valori della democrazia, della tolleranza e del rispetto dell’avversario politico.
Il 25 aprile non sarà mai una festa che unisce, finché la sinistra tutta – ancora legata al retaggio comunista peggiore: quello dell’intolleranza e della superiorità intellettuale e morale – non cesserà di esistere. Finché questa sinistra non diverrà effettivamente democratica, non solo nelle parole e nei nei nomi di partito, ma anche nei fatti. Finché non accetterà l’idea che l’Italia è un paese dove esistono una pluralità di idee, e dove queste idee hanno tutte il sacrosanto diritto di cittadinanza. Insomma, finché non spezzerà i propri legami con la cultura antidemocratica che la contraddistingue, e finché non accetterà l’idea che la Costituzione italiana non la si legge a macchia di leopardo e non la si strumentalizza per il proprio tornaconto politico, additando coloro che la vogliono riformare e ammodernare come dei novelli fascisti che vogliono abrogarla o cancellarla.
Il vero è che il valore profondo del 25 aprile sta alla sinistra, come Stalin sta alla democrazia… Oggi, questa è l’idea che emerge dalle celebrazioni di quella che dovrebbe essere una festa nazionale e non ideologica, e che invece conferma appieno la propria ideologia discriminante e intollerante.
Magazine Società
Il 25 aprile. Altro che festa della Liberazione… Festa dell’intolleranza antidemocratica
Creato il 26 aprile 2011 da IljesterPossono interessarti anche questi articoli :
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