Magazine Società

Il 25 aprile di Zaia e Cirielli. Dimenticare è un dovere, falsare un piacere.

Creato il 25 aprile 2010 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Il 25 aprile di Zaia e Cirielli. Dimenticare è un dovere, falsare un piacere.Berlusconi, e la sua “band,” ci sta provando da anni. Da quando si è saldamente insediato a palazzo Chigi, dal quale ha traslocato solo per brevi periodi complici le “35 ore” e la “voglia americana” di Walter Veltroni, il Dux non ha fatto altro che tentare di togliere dalla storia d’Italia il 25 aprile. Il suo è stato, e continua ad essere, un lavoro sottile di rimozione dalla memoria dell’intera lotta partigiana consapevole che le analogie con l’altro Dux siano molte, chiare, ed evidenti. All’inizio del suo regno, le assenze di Berlusconi ai momenti celebrativi del 25 aprile, apparivano più come un favore fatto agli ex fascisti suoi alleati che non una sua presa di posizione storica e politica. Qualcuno ricorderà i tentativi di trasformarla in una specie di festa della “riconciliazione” nazionale, mentre non possiamo dimenticare il tentativo squadrista di mettere sullo stesso piano i morti della Resistenza e quelli della Repubblica di Salò che invoca ancora vendetta al cospetto di dio e degli uomini. I signori del Pdl, fedeli esecutori del “piano di rinascita dell’Italia” di piduesca memoria, ignoranti come capre tanto da scambiare i 150 anni dell’unità d’Italia con l’avvento della democrazia (Berlusconi in persona), hanno il compito di resettare l’hard disk di un paese che sembra non volere altro, per la serie “’a minchia non vole pinzeri”. Cirielli, quello delle leggi ad personam e guitto da sempre, ha detto che l’Italia è stata liberata dagli americani e basta. Visto l’assunto, e l’aria che tira, avrebbe potuto aggiungere tranquillamente “aiutati dai mafiosi”, facendo diventare eroi tutti i mammasantissima e non solo Mangano. Ma Cirielli non è l’unico a non capire nulla di Storia o a rileggerla come un qualsiasi testimone di Geova fa con la Bibbia. Tanto per battere un colpo e far capire di esistere anche fuori dai confini del suo Nord, Luca Zaia neo-governatore del Veneto ha paragonato gli iscritti all’Anpi ai vietcong rimasti nella giungla dopo la fine della seconda guerra mondiale. Che fosse un ignorante patentato tutti se n’erano ampiamente resi conto, ma almeno Rambo speravamo l’avesse visto al cinema. I vietcong la loro guerra con gli Usa l’avevano vinta, che bisogno avrebbero avuto di restare nella giungla ancora trent’anni a combattere contro nessuno? Zaia, evidentemente, parlava dei giapponesi e in particolare del colonnello Hiroo Onoda, restato combattente solitario nella giungla fino al 1974, quando qualcuno si decise finalmente a dirgli che la guerra era finita da tempo. Paragonando l’Anpi ad una vecchia associazione di combattenti e reduci avvinazzati come i suoi alpini, Zaia non ha fatto altro che confermare l’abissale incultura che regna all’interno del suo partito e, alla fine, quali sono i criteri selettivi di una classe dirigente che vede al proprio interno non solo Borghezio e Calderoli ma anche Oscar Lancini, sindaco di un paese, Adro, in cui la tolleranza fa il paio (e rima) con l’ignoranza. Resta il fatto che sempre più giovani si stanno iscrivendo all’Anpi perché in Italia la Resistenza non è ancora finita, ha una sua ragione di essere e di esistere e perché, oltre a rappresentare un simbolo di libertà, racchiude la vocazione alla lotta  alle dittature di ogni colore, economico-mediatiche comprese. Già da tempo ci frullava in testa l’idea di iscriverci, ora non abbiamo più dubbi. Si parte da piccoli segnali perché alla fine sono quelli che fanno le grandi storie. Ai leghisti che dovessero leggerci una legenda minima: l’Anpi non è l’Associazione Nativi Padani Innamorati, ma l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, per la precisione.

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :