Se avessi un po' più di costanza e soprattutto avessi voglia di andare a
vedere le peggio porcate americane girate in stereoscopia, potrebbe
quasi diventare una rubrica fissa, questa del 3D che sarebbe una
puttanata: avrei materiale ogni settimana e non mi
mancherebbero le occasioni per incazzarmi (e ogni tanto pure per
ricredermi). L'altro giorno, ad esempio, sono andato a vedere Pina di Wim
Wenders, e per quanto mi sia piaciuto mi ha dato almeno una motivazione
per pensare che, sì, il 3D è una puttanata. Perché se i numeri di danza sul palcoscenico grazie al 3D diventano ancora più belli, creando una sorta di ultra dimensione
in cui scena e spettatore condividono finalmente uno spazio comune, e
se in questo modo il film realizza una continuità tra testo e visione
alternativa a quella anni fa trovata miracolosamente da Vanya sulla 42° strada, creando nello spazio quella fluidità che là si realizzava nella narrazione (con le parole di Cechov che
scivolavano leggere nei dialoghi tra gli attori, dandomi una delle più grandi emozioni di sempre al cinema), e se, ancora, in questo
modo Pina, grazie ancora al 3D, mette in gioco la relazione virtuosa
tra l'atto del guardare dello spettatore e l'atto fisico della danza, in un gioco di specchi e di autoriflessione del cinema stesso, quando invece i balletti sono messi in scena en plain air, a parte un
fastidioso effetto kitsch, quello che viene a mancare è proprio l'idea
di spazio e di una nuova realtà che il 3D dovrebbe creare e che al contrario finisce per annullare.
Che cazzo di effetto può avere il 3D sulla realtà filmata dal vero, e
non messa in scena in uno spazio ideale, se non quello di creare una
visione appiattita, non stereoscopica, dove gli alberi sembrano plastici
dei PlayMobil e le persone sagome di carta ritagliata? Che cazzo di
piacere può provare lo spettatore se non quello di vivere una finzione
straniante che riflette il nulla, e dunque suscita il nulla, un mondo di
cartone che svilisce la profondità che il cinema ha sempre saputo trovare con la bidimensionalità? Mai sentito parlare di profondità di campo?
Magazine Cultura
Se avessi un po' più di costanza e soprattutto avessi voglia di andare a
vedere le peggio porcate americane girate in stereoscopia, potrebbe
quasi diventare una rubrica fissa, questa del 3D che sarebbe una
puttanata: avrei materiale ogni settimana e non mi
mancherebbero le occasioni per incazzarmi (e ogni tanto pure per
ricredermi). L'altro giorno, ad esempio, sono andato a vedere Pina di Wim
Wenders, e per quanto mi sia piaciuto mi ha dato almeno una motivazione
per pensare che, sì, il 3D è una puttanata. Perché se i numeri di danza sul palcoscenico grazie al 3D diventano ancora più belli, creando una sorta di ultra dimensione
in cui scena e spettatore condividono finalmente uno spazio comune, e
se in questo modo il film realizza una continuità tra testo e visione
alternativa a quella anni fa trovata miracolosamente da Vanya sulla 42° strada, creando nello spazio quella fluidità che là si realizzava nella narrazione (con le parole di Cechov che
scivolavano leggere nei dialoghi tra gli attori, dandomi una delle più grandi emozioni di sempre al cinema), e se, ancora, in questo
modo Pina, grazie ancora al 3D, mette in gioco la relazione virtuosa
tra l'atto del guardare dello spettatore e l'atto fisico della danza, in un gioco di specchi e di autoriflessione del cinema stesso, quando invece i balletti sono messi in scena en plain air, a parte un
fastidioso effetto kitsch, quello che viene a mancare è proprio l'idea
di spazio e di una nuova realtà che il 3D dovrebbe creare e che al contrario finisce per annullare.
Che cazzo di effetto può avere il 3D sulla realtà filmata dal vero, e
non messa in scena in uno spazio ideale, se non quello di creare una
visione appiattita, non stereoscopica, dove gli alberi sembrano plastici
dei PlayMobil e le persone sagome di carta ritagliata? Che cazzo di
piacere può provare lo spettatore se non quello di vivere una finzione
straniante che riflette il nulla, e dunque suscita il nulla, un mondo di
cartone che svilisce la profondità che il cinema ha sempre saputo trovare con la bidimensionalità? Mai sentito parlare di profondità di campo?
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