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"il bacio del pane" di carmine abate

Creato il 26 ottobre 2013 da Fabrizio64

La terra, la bellezza, l’amore, tutto questo ha sapore di pane. Paolo Neruda è così che parla del pane e Carmine Abate, con la pietra preziosa finemente intagliata, piccola opera d’arte, “Il bacio del pane” (Mondadori), ci racconta che i “sogni vanno coltivati con caparbietà quando sono dei germogli, altrimenti muoiono subito, non diventano mai piante robuste, non cambiano la vita, né a te né agli altri”; ci descrive il Giglietto: “quell’aria brulicante di fruscii, suoni di campanacci, cori di cicale, battiti d’ali, echi misteriosi….ruderi di mulino fra i fitti cespugli di oleandro…l’aria satura di umori pungenti”; ritorna a Spillace e alla sua Terra calabrese - come negli splendidi La festa del Ritorno e La collina del Vento (vincitore del Premio Campiello 2012) - ove in una struggente malinconia si intravede un presagio di speranza; ci fa sognare amori adolescenziali belli e sanizzi, che odorano di quelle estati dove alla calura si fugge con un bagno nelle acque gelide di una fiumara; ci disvela storie  di amicizia e del coraggio di un uomo inselvatichito che sfida la mafia e rende giustizia al fratello assassinato e alle tante infamie fatte  dagli ‘ndranghetisti.
Questo romanzo sa di pietanze antiche perse in ricordi lontani e pane fresco lievitato per ore all’aria aperta di campagna, condito di amore familiare e coniugale, di tradizione e allegria estiva e mestizia invernale.
In questo racconto v’è una rara musicalità delle parole, armoniose, sinfoniche, liriche,  guizzanti come pesci argentei nel mare. E’ letteratura. E’ sonorità. E’ bellezza pura, profonda, che rapisce il lettore: il tempo della lettura diventa tempo dell’anima e la realtà, per un po’, solo per un po’, si dissolve.
Fabrizio Giulimondi

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