La soluzione era lì, a portata di mano, eppure nessuno ci aveva pensato, fino alla salita al potere di una giovane donna spregiudicata e decisa. Basta tasse, basta malcontento popolare: se lo Stato incassa tutti i proventi del gioco d’azzardo, si risana il debito pubblico e l’Italia si riprende. E infatti, per qualche anno, tutto sembra andare per il meglio. Per qualche anno, appunto. Perché in una società dedita al gioco il Male si diffonde a macchia d’olio, in tutte le sue connotazioni, la peggiore delle quali è una serie di misteriosi e mai rivendicati attentati terroristici che fanno esplodere le video lotterie nei bar, uccidendo un solo giocatore per volta, quasi fosse un terribile gioco nel gioco.
In questo clima di terrore e amoralità s’intrecciano le storie di alcuni cittadini “normali”, alle prese con la realtà di un paese che non ha più nulla di normale, dal sostituto procuratore Ettore Valtorti, che indaga sugli attentati, a Daniele Bernolli, presidente dell’Associazione Giocatori compulsivi anonimi… Una storia nera ambientata in un’Italia prossima ventura, specchio dell’oggi e del mai, un thriller serrato e convincente che ci pone davanti a una realtà distorta che spaventa e scuote le nostre coscienze. “Il bacio della sorte”, opera prima di Francesco Cancellato è uno dei dieci vincitori del concorso letterario Io Scrittore promosso dal Gruppo Editoriale Mauri Spagnol. Prossimamente sarà disponibile in ebook in tutti gli store online.
Qualcosa sull’autore
Mi chiamo Francesco Cancellato e per soli quindici maledetti giorni non posso dire di esser un figlio degli anni ’70. Sono nato e vivo a Lodi, borgo noto ai più per il casello dell’autostrada che ne prende il nome, per l’odore – diciamo – dei campi, per la nebbia e per le zanzare tigre. Di bello c’è che ogni luogo al mondo mi appare meraviglioso.Come ogni lodigiano che si rispetti, ho studiato a Milano, lavoro a Milano e, per non farmi mancare nulla, passo gran parte del mio tempo libero a Milano. Quando non sono a Milano, sono su un treno da o per Milano, mia deambulante sala lettura e principale fonte d’ispirazione per la costruzione di ogni personaggio che mi sono concesso di inventare. Da buon trentaquattrenne ho una partita iva che mi tiene compagnia dal primo giorno di lavoro e dalla quale non mi separo mai. Per un importante centro di ricerca socio-economico di cui non farò il nome ho studiato le nuove figure professionali, le nuove forme di imprenditoria individuale e le criticità sociali ad essa correlate. Di fatto, un ottimo percorso di auto analisi. Negli ultimi mesi, invece, giro l’Italia e scrivo di imprese e di made in Italy per Linkiesta. Curioso: so a malapena montare una lampadina, un ingegnere esplode ogni volta che provo ad addentrarmi in conversazioni di carattere tecnico su un qualunque utensile di uso comune, ma adoro infilarmi nei capannoni e nelle fabbriche, farmi raccontare come nasce una miscelatrice o una macchina a controllo numerico, lasciarmi ipnotizzare dalle presse e dai nastri trasportatori. Altre cose che mi piacciono: la Cina e il Milan, David Foster Wallace e David Lynch, una marca di tè freddo al limone che non mi paga per farle pubblicità e il salmone affumicato. Nella mia lista dei dieci dischi che porterei su un’isola deserta ce ne sono almeno trecento, ognuno dei quali ha avuto l’onore, almeno una volta in trentaquattro anni, di essere stato nominato, senza alcun dubbio, «la cosa più bella che ho mai ascoltato». Parenti e amici più stretti dicono di me che ho una leggera tendenza all’iperbole e a esaltarmi per cose, persone, oggetti, situazioni di scarsa importanza (il termine che usano è, ovviamente, un altro). Tuttavia, quando affermo che per Angela, Anna, Teresa (e per il terzo esemplare della serie, prossimamente nelle migliori culle) arriverei persino a montare un armadio dell’Ikea, sanno che, per una volta, non la sto sparando grossa.