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IL BACIO RUBATO (racconto storico)

Creato il 03 aprile 2012 da Samilla

IL BACIO RUBATO (racconto storico)

Firenze, 26 aprile 1478

 

“Hai riposto il farsetto del signore nell’apposito armadio?”.

Clara sussulta nel sentire la voce di Rosa, la cuoca più anziana, che sta tagliando con decisione alcune cipolle. Neppure quell’odore pungente riesce a farla piangere o a rendere più dolce il suo sguardo, ormai provato da anni di duro lavoro.

“Non ancora, stavo andando a prenderlo…”.

Rosa ferma improvvisamente la lama del coltello e le rivolge uno sguardo infuriato:

“Ragazzina devi essere più svelta nel fare le faccende che ti spettano. Il signor Giuliano non accetta certe mancanze. Rischi di essere sbattuta fuori dalla famiglia Medici. Non si getta al vento una tale fortuna, sai quante persone vorrebbero lavorare al servizio dei signori di Firenze?”.

Clara non risponde. Abbassa lo sguardo sul pavimento e muove la testa in segno di assenso. Si dirige in silenzio nella stanza attigua, dove molti abiti lavati e asciutti attendono di essere riportati al loro posto. In silenzio chiude la porta alle sue spalle e cerca il farsetto del suo signore. Non impiega molto tempo a trovarlo. L’odore dell’uomo che ha sempre amato colpisce le sue narici mentre con una mano accarezza il morbido velluto color amaranto. Sorride e trattiene a stento le lacrime. Deve porre fine a questa pazza relazione clandestina, non può continuare a giocare con il proprio cuore. Non ci sono speranze e mai ce ne saranno. Lui è il capo della Signoria di Firenze, lei un’umile serva. Ancora assorta nei suoi tristi pensieri, la ragazza inizia a risalire le scale che conducono agli appartamenti signorili quando si sente afferrare per la vita. Prima di voltarsi, stringe con decisione il farsetto per evitare di farlo cadere per terra, poi cerca di capire cosa stia accadendo, senza riuscirci.

“Dove stavi andando, mia cara?”.

Riconosce all’istante quella voce e quel profumo vagamente speziato che le fa quasi perdere i sensi.

“Mio signore, mi state facendo male. Lasciatemi, vi prego. Potrebbe arrivare qualcuno…”.

Sente allentare la presa delle sue mani, però non riesce a divincolarsi da lui. Ogni volta che lo incontra il suo cuore perde i battiti e le mani iniziano a tremare. Clara non riesce a capire se quelli siano i segni dell’amore e non vuole neppure pensarci, sarebbe comunque vano.

“Guardami! Adagia quel farsetto sul pavimento e lasciati baciare. Non ci vedrà nessuno. Sono già tutti pronti per raggiungere Santa Maria del Fiore per assistere alla santa Messa, nessuno tornerà al proprio appartamento”.

La ragazza si volta all’istante. Non riesce a opporgli resistenza. Forse lo farà più avanti. Quando quella Fioretta Gorini partorirà il loro figlio illegittimo, ma ora no. Ora vuole ancora sognare tra le braccia dell’unico uomo che ama. Incontra i suoi occhi, decisi e dolci al tempo stesso. Ancora una volta vi legge tutta la passione che brucia i loro corpi e si abbandona tra le sue braccia, incurante del farsetto che cade a terra.

“Non riesco a dirvi di no…e voi lo sapete!”.

Giuliano le passa una mano tra i capelli, allentando la stretta crocchia che trattiene la sua folta capigliatura castana. Senza aggiungere altro avvicina le sue labbra a quelle di Clara e la soffoca con un bacio avido e violento. Pochi istanti che sembrano un’eternità per entrambi.

“Fratello, dove siete? Sbrigatevi o faremo tardi alla funzione. Il popolo ci attende”.

La voce di Lorenzo li coglie alla sprovvista. Si allontanano con riluttanza e la ragazza cerca di risistemare velocemente l’acconciatura. Giuliano la trattiene per un braccio per sussurrarle all’orecchio:

“Questa sera vi attendo davanti la mia camera alle dieci in punto. Trovate una scusa per raggiungermi…”.

Senza darle il tempo di rispondere raggiunge con passo svelto le scale. Vede i suoi capelli corvini svolazzare a ogni passo per poi scomparire dopo aver disceso la prima rampa. Clara sospira e raccoglie il farsetto. Non sarà facile ricomporlo e nascondere il sottile strato di polvere che ha oscurato la vivacità del colore amaranto.  Lo scuote con decisione e raggiunge la camera del suo signore e amante.

 

Prima di scendere nelle cucine, Clara, scosta le pesanti tende di velluto della finestra e osserva i due fratelli. I due Signori di Firenze che, fianco a fianco, stanno percorrendo il cortile. Lorenzo, alto e possente, cammina impettito e sicuro di sé stesso. Giuliano, lo segue e sembra assorto nei suoi pensieri. È poco più basso del primogenito, ma aggraziato sia nelle movenze che nell’aspetto fisico. I suoi capelli sono leggermente ondulati e la bocca è sempre pronta al sorriso. A volte, quando lei e il padrone si incontrano per poche ore durante la notte, lui le parla dei grandi scrittori dei secoli passati con una passione che contagia anche il suo cuore di umile serva. Quei momenti sono la sua linfa vitale, ma anche la sua condanna. Conosce l’esistenza dell’altra donna che tra poco partorirà un figlio che, forse, cambierà la loro storia d’amore. Ma è davvero una storia d’amore o solo un piacevole spasso per un signore in cerca di passatempi notturni? Cerca di non pensarci e sta per allontanarsi dalla grande finestra quando lo vede voltarsi e fermare lo sguardo proprio su di lei. Clara rimane immobile, trattiene il fiato e porta una mano al petto come a voler fermare il cuore che batte all’impazzata. Giuliano le sorride o almeno così a lei sembra, poi riprende a camminare dietro al fratello. Dovrebbe essere felice di un tale inaspettato saluto, eppure qualcosa la fa tremare. Una fitta lungo la schiena e innumerevoli brividi di freddo si impossessano della sua persona. Non può essere un cattivo presagio; fuori splende il sole e tutta Firenze sta raggiungendo Santa Maria del Fiore.

IL BACIO RUBATO (racconto storico)

Questa domenica la piazza antistante la chiesa è colma di gente e le bancarelle sono affollate da curiosi alla ricerca di manufatti artigiani da acquistare. Molti sono i nobili che si accingono a presenziare alla funzione, ma ancora più alto è il numero dei semplici popolani che assistono a quella parata di vestiti dai colori sgargianti e gioielli di valore inimmaginabile. Qualcuno inneggia e applaude al passaggio dei Signori della città, altri li osservano con sguardi infuriati. Clara non riesce a intravedere Giuliano né Lorenzo, ma sa che stanno per entrare all’interno della chiesa perché le scalinate sono colme di personalità di rilievo, autorizzate a stare al loro fianco.

“Ragazza, svegliati! Siamo qua per comprare delle nuove pentole in rame e non per goderci la giornata”.

Rosa non si cura di abbassare la voce quando è in pubblico e alcuni passanti si voltano a guardala con aria infastidita. Clara cerca di calmarla offrendole un candido sorriso di scuse.

“Hai ragione. Mi sono distratta solo un attimo, ma ora sono tutta occhi per scegliere gli arnesi del mestiere che più ci saranno utili”.

Nel pronunciare quelle parole prende l’anziana cuoca sotto braccio e si dirigono insieme verso una bancarella piena di cianfrusaglie da cucina. Insieme iniziano a rovistare tra le varie padelle quando, inavvertitamente, assistono allo scambio di battute di due donne del popolo.

“Avete visto? Sta passando la donna segreta del secondogenito de’ Medici”.

La donna più piccola e grassottella indica una giovane che indossa un abito che a stento nasconde l’evidente stato di gravidanza. Le pieghe sotto il seno tirano le cuciture del pregiato velluto damascato e le sue mani, che fuoriescono da ampie maniche bordate da ricami riccamente decorati, sono gonfie e paonazze.

“Ma la figlia di Antonio Gorini, il corazzaio? Dicono che Giuliano le regali abiti e gioielli di inestimabile valore, ma che non la sposerà anche se presto gli darà un figlio”.

La giovane comare risponde alla sua compagna portandosi una mano davanti la bocca, senza curarsi però di usare un tono di voce basso. Clara non può non voltarsi nuovamente a osservare la sua ipotetica rivale in amore. È bella. Veramente carina e aggraziata, oltre a portare quegli abiti con disinvoltura e orgoglio. Sa che le popolane la stanno ammirando e molte di loro, in segreto, sognano di essere al suo posto. Forse non otterrà la nomina di Signora di Firenze, ma il figlio che porta in grembo le assicurerà una felice esistenza.

“Cosa fai? Ascolti i pettegolezzi della gente? Non sono cose che ci riguardano”.

Rosa la strattona di nuovo con l’unica mano libera a disposizione, nell’altra stringe una grande pentola di rame che agita in aria come fosse una pezza di tessuto.

“Scusami… volevo lasciare a te il piacere della scelta. Io, d’altronde, sono solo una serva e non cucino mai niente, eccetto quando ti aiuto a tagliare le verdure per le zuppe”.

Clara cerca di sorridere, ma la donna è davvero infuriata e non smette di brandire in aria quell’arnese da cucina, pronto a trasformarsi in un’arma contundente.

“Non cercare di sfuggire ai tuoi doveri, ragazzina. Se continui così sarò costretta a riferire tutto al signor Lorenzo, non credo che ci penserà su due volte a sbatterti fuori dal suo palazzo”.

Senza replicare allontana il suo sguardo dalla bella Fioretta e riprende ad armeggiare tra quelle rumorose cianfrusaglie.

 

Clara non ha mai visto niente al di fuori della sua amata città, ma pensa che in nessuna parte del mondo possa esistere una chiesa più bella di Santa Maria del Fiore. Grande, imponente e finemente decorata, svetta nel centro di Firenze e sembra volersi prendere cura delle anime dei suoi abitanti. La sua cupola si slancia maestosa verso il cielo e lascia senza fiato chiunque. Giuliano le aveva raccontato che un certo Arnolfo di Cambio, un architetto rinomato nei secoli passati, aveva progettato la struttura senza poter assistere alla fine dei lavori, che si erano poi protratti fino a giorni loro. Molti nomi famosi si erano avvicendati nel proseguimento di questa meraviglia architettonica; tra cui Andrea Pisano e Giotto. La ragazza sta per voltarsi e seguire Rosa verso la strada del ritorno a Palazzo quando degli urli concitati le fa voltare entrambe di scatto. Il brusio del popolo si infrange all’istante e tutti gli occhi sono puntati su alcune persone che, con il volto coperto, corrono fuori dalla chiesa.

“Hanno ucciso Giuliano de’ Medici!”.

Un uomo sta muovendo convulsamente le mani al cielo, mentre i più curiosi forzano le porte d’ingresso della cattedrale. Un sudore freddo si impossessa della fronte di Clara e le gambe iniziano a tremare come se fossero sul punto di cedere. Sente le mani di Rosa che la sorreggono per poi non riuscire a distinguere altro che immagini sfuocate. Non può essere…perché? Perché hanno ucciso proprio lui? Senza provare alcun rimorso si scopre a desiderare che fosse stato Lorenzo al suo posto. Giuliano non merita di morire. Non ora che la sua Fioretta sta per dargli un figlio, non oggi che avrebbe dovuto incontrarlo nuovamente nei suoi appartamenti.

“Ragazza, riprenditi. Forza dobbiamo andare a Palazzo a dare la notizia. Noi non possiamo piangere… A noi, Clara, non è dato amare”.

Poche parole che rivelano più di tanti silenzi inascoltati. La cuoca aveva sempre saputo del loro amore clandestino senza mai dire niente a riguardo. Con fatica si asciuga le lacrime e cerca di sorreggersi alla vita della donna. Afferra una pezza consunta per asciugarsi la fronte e rivolge lo sguardo verso il sagrato della chiesa. La calca è aumentata a tal punto da non riuscire a percepire la differenza tra popolani e nobili.

“Io lo amavo…”.

“Forse anche lui amava te. Ma eravate due mondi diversi che non si sarebbero mai potuti congiungere”.

Questa volta la voce di Rosa è dolce e comprensiva. Clara non risponde, le sorride e si lascia aggiustare l’acconciatura. Poi, lentamente la segue verso la strada che la riporterà a Palazzo. Prima di farlo si gira un’ultima volta verso la chiesa passandosi una mano sulle labbra. Il sapore del bacio rubato di poche ore prima è ancora lì.

File:Giuliano de' Medici by Sandro Botticelli.jpeg

BOTTICELLI: Giuliano de’ Medici , Firenze 1453, 1478

http://it.wikipedia.org/wiki/Giuliano_de%27_Medici



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