Titolo: Il ballo
Autore: Irène Némirovsky
Editore: Adelphi
Anno: 2005
Traduzione: Prato Caruso Leonella
Quella di Némirovsky è una scrittura dalla quale si acquista in breve dipendenza. Nulla sembra lasciato al caso, ogni frase, finemente cesellata, aggiunge le informazioni e gli elementi perfetti affinché il testo sulla pagina si animi di vita propria e smetta di essere una trama per trasformarsi in un'atmosfera.
Antoniette «una ragazzina di quattordici anni, lunga, magra con il volto pallido di quell’età, tanto smunto da apparire agli occhi degli adulti come una macchia rotonda e chiara, priva di lineamenti, le palpebre socchiuse, cerchiate, la boccuccia serrata … Quattordici anni, i seni che premono sotto l’abito stretto da scolara, che feriscono e impacciano il corpo debole, infantile …» si trova a dover fare i conti con importanti cambiamenti nella sua vita familiare ai quali non si sente pronta, in primis perché non rispecchiano il suo animo genuino, ancora fanciullesco e pertanto, desideroso di affetti semplici, veri.
Di colpo, le condizioni economiche della sua famiglia migliorano e anche la sua vita cambia in modo radicale: «Erano andati ad abitare in un grande appartamento bianco e sua madre si era fatta tingere i capelli di un bell’oro splendente» pensando che una bella casa, come una bella parrucca, potessero in qualche modo conferirle maggiore importanza, spessore, aprendole i salotti “buoni”.
Antoniette si sente sempre meno compresa e amata dai genitori, per i quali sembra diventata solo un peso da trascinare. È l’unica in famiglia ad aver compreso appieno il carattere mellifluo e falso di quella nuova società, della quale i suoi genitori vogliono invece far parte ad ogni costo: «Nessuno le voleva bene, nessuno al mondo … Ma non vedevano dunque – ciechi, imbecilli – che lei era mille volte più intelligenti, più raffinata, più profonda di tutti loro, di tutta quella gente che osava educarla, istruirla … Arricchiti volgari, ignoranti … ».
E così, in gran segreto, Antoniette, elabora la sua vendetta: acuta, sottile, maliziosa e tremenda come solo il gesto di ripicca di un adolescente ferito può essere. Escogitato il suo piano e messo in atto un malefico stratagemma, non le resta che aspettare il momento della resa dei conti, prevista per la sera del gran ballo che la madre ha organizzato per fare il suo ingresso trionfale in società.
Il ballo è un breve testo sull'odio, sui pregiudizi, sul perbenismo, sui rapporti umani in una società ipocrita, che misura il valore delle persone dallo sfarzo delle loro feste, dai gioielli con i quali si adornano e le chiacchiere dei loro servi. Ma è anche un libro che parla di desideri, sogni e speranze, mettendone ben in chiaro il prezzo alto e impreziosendo il finale con un ritorno a una finta umanità che si dimostra, anche in quel caso, figlia di uno spietato opportunismo.