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Il barbecue dei panda. L’ultimo party del lavoro culturale

Creato il 30 giugno 2011 da Olga

Il barbecue dei panda. L’ultimo party del lavoro culturale

Lo stagista “La rivoluzione è una roba da fichetti, la lotta è da tamarri e l’utopia è una commessa in centro”.

L’artista: ” L’artista vive a Berlino – ma potrebbe essere a New York- e tende spesso a sottolineare la mancanza di motivi che lo spingono a tornare nella terra natia. (…)E’ un autodidatta che si è costruito solide basi teoriche ordinando su Amazon il kit, formato pacco regalo, dell’artista contemporaneo”.

Il tamarro consapevole: “E’ uno dei pochi che non ha subito il ruolo che la società gli ha imposto, l’ha scelto e non senza fatica”.

L’intellettuale di destra: “il nostro ha installato l’applicazione “Il Revisionista” che gli cancella automaticamente da sms e mail parole che per distrazione può aver digitato, come “rivoluzione”, “lotta” e “utopia”".

La modella: “Sa benissimo che rivelarsi come intellettuale metterebbe in difficioltà il suo ruolo di modella, pregiudicando così quella strana forma di casting che è la vita”.

Il dj: “Dopo la manodopera specializzata e gli addetti alla ristorazione, il terzo flusso migratorio più consistente dall’Italia alla Germania è rappresentato dai dj.”

La giornalista: “Il suo prossimo obiettivo professionale è essere arrestata per reato d’opinione, o almeno per vilipendio, ma non sarà facile, c’è troppa concorrenza”

La cameriera: “Il nostro filosofo, quello che al party non verrà, la conosce bene, essendo un frequentatore assiduo di locali di tendenza. Proprio in questi giorni è uscito in libreria il suo ultimo saggio breve dal titolo Cameriera per eccesso, ovvero come l’eccesso di stimoli che la contemporaneità offre costringa a procrastinare il futuro fino a un’idea di futuro assoluto non realizzato che la cameriera incarna alla perfezione. Segue lunga intervista alla nostra e inserto fotografico con decine di scarti osé.”

L’autrice televisiva: “E’ stata, nell’arco di un mese, neohippie, glam, dark lady, fetish e finiana”.

Il ricercatore universitario: ” Gli hanno detto che l’Italia è un paese per vecchi, e si è adeguato: è invecchiato”

Il critico musicale: ” Musica è uguale a giovinezza. Un’equazione che si porta dietro il ricordo di scopate sull’erba, pompini dietro l’angolo, promiscuità sudaticce”

Lo scrittore: “Sarebbe giusto chiamarlo “il giovane scrittore”, come fanno tutti. Anche se ha quasi quarant’anni, non ha ancora pubblicato quasi nulla a parte qualche racconto pubblicato quasi nulla a parte qualche racconto pubblicato su internet con cui si è guadagnato l’imperituro grado di giovane scrittore”

COMMENTO

Il barbecue dei panda”, di Giovanni Robertini, edito Agenzia X, 12 euro, è una sorta di bestiario dei nostri tempi, in cui vengono descritti, uno a uno, i personaggi che compongono l’équipe del lavoro culturale: lo stagista, l’artista, l’intellettuale di destra, l’intellettuale cool, il dj, il giornalista, l’autrice tv e tanti altri. L’aspetto più divertente è che ogni singolo personaggio viene descritto e correlato agli altri con un collante quanto più azzeccato: il party di chiusura di una casa editrice. Uno di quegli eventi a cui nessun creativo può mancare.

Quindi, chiamamola pure descrizione fenomenologica del party cool. La narrazione ricorda, un po’, sì, il bestiario contemporaneo, che vede le voci più autorevoli in Borges o Buzzati, ma sembra anche una variazione su tema. E si conclude con un racconto sui Panda, mangiatori di bambù, allegoria dell’intero settore impiegatizio culturale, all’interno del quale la “guida” spirituale, cioè, sì, una sorta di Bibbia, sono i testi di David Forster Wallace.

La lettura è piacevole e terribilmente urbana: per gli affezionati alla misura del capitoletto – quelli che non riesco a smettere di leggere se non ho concluso l’unità narrativa – è la lettura ideale per i viaggi in metropolitana.

Le descrizioni sono ben scritte, e sembra l’occhio dell’entomologo a curarne la stesura, cioè un occhio esterno, finché lo scrittore, che naturalmente partecipa al party, non si rivela per quello che è: l’osservatore e lo scrittore stesso del libro.

E’ proprio in quel momento che comincia il racconto sui panda, che si snoda attorno al suicidio di Wally, uno dei panda leopardiani che si fa tante, troppe domande, soprattutto sull’alimentazione, finché non decide di suicidarsi perché non riesce ad affrontare l’idea di doversi cibare della carne, di dover rinunciare al bambù per nutrirsi dell’hamburger. C’è sicuramente un’allegoria dietro al suicidio di Wally e si potrebbe osare qualunque cosa, purché lo si faccia in chiave assurda e postmoderna: vogliamo pensare a Wally come a una figura cristologica? Vogliamo pensarlo come a un’illusione, delusa nel suicidio? Vogliamo pensare che sia l’ultimo vero addetto al lavoro culturale, che rifiuta di svendersi, che rifiuta l’estetica del party e del marketing e del fastfood, che rifiuta la massa e si toglie la vita?

Ma sì, tutto è possibile, MA SOPRATTUTTO: IO VOGLIO ANDARE A QUEL PARTY.

Giovanni, perché non hai considerato IL BLOGGER??


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