Trama de Il Barone Sanguinario
In un mondo tanto antico quanto sconosciuto, con la Grande Guerra a fare da sfondo, gli studi e gli esperimenti scientifici di alcuni collaboratori del Graf Von Dracula raggiungono i primi risultati: hanno infatti preso vita creature invincibili, vampiri mutaforma in grado di trasformarsi con la sola forza di volontà in vere e proprie armi da guerra e che possono rappresentare la carta vincente di un conflitto epico, in cui gli umani tentano di diventare non-morti, mentre i non-morti lottano per ottenere la vita eterna. Un poeta, Edgar Allan Poe, ha il compito di scrivere le gesta e la bibliografia di un grande eroe, il Barone Rosso Von Richthofen, il cui padre-di-tenebra è lo stesso Dracula, grande regista di questa guerra mondiale.
Mettiamo subito in chiaro che Manfred von Richthofen, il leggendario Barone Rosso, è un vampiro. Be’ certo, le cose sarebbero potute andare diversamente, direte voi. Tanto per cominciare, Jonathan Harker e sua moglie Mina avrebbero potuto uccidere il Conte Dracula. Peccato che questo non sia avvenuto e che oggi, nel 1916, Il Conte abbia plagiato il tedesco più cattivo di sempre, tale Kaiser Guglielmo. Ora gli Imperi si contendono, a colpi di baionette sulla terra e di zanne e proiettili in cielo, il dominio sul mondo. Le città sono piene di vampiri affermati e in Russia scoppiano sommovimenti rivoluzionari.
Ma è noto che la storia non si fa con i se e con i ma. La letteratura, Kim Newman ringrazia, per fortuna, sì.
Il Barone sanguinario, secondo capitolo di una saga dedicata all’ucronia
vampiresca. Del primo capitolo di questa saga avevamo già parlato qui. Kim Newman è forse scrittore pazzo, ma di quella follia contagiosa che ti attacca alla pagina come colla per le mosche. Ci infila dentro pure il meglio della letteratura, personaggi e stili di fine ‘800. Gli dicono che non vende troppo. In Italia non lo traducono e, quando lo fanno, poi non lo ristampano. Eggià. Ma lui non si arrabbia, ha i baffi larghi, il nostro Newman. Quelli come lui gli Stephen King se li mangiano a colazione e poi con gli ossicini teneri, da anziano scrittore di best seller, ci si puliscono le vampiresche zanne. E poi non ridono mica, ché la risata sarebbe un cliché. Solo lo fanno perché i vampiri, è cosa nota, son fatti così. E poi un bel bagno nel sangue di scrittrice puritana stile Meyer, giacché, giù in Ungheria ci sono dei castelli bellissimi; peccato solo che le bombe risuonino a 4 miglia dalla trincea del fronte orientale. Oh, ma lo vogliamo abbassare ‘sto volume, Kameraden!).Leggiamo dunque, fratelli, dalla bibbia secondo Newman:
“Il prete le gettò addosso un’ostia. Parve aspettarsi che le si conficcasse nel cranio come uno shuriken giapponese. Il biscotto si incollò alla fronte umida. Seccata, sgranocchiò l’ostia in bocca e ne sputò i frammenti. «Dov’è il vino? Ho la sete rossa, adesso. Transustanziane una bottiglia e avrò del sangue da bere.»”
Ma poi leggere un romanzo sui vampiri in cui c’è Lenin, il Kaiser Guglielmo, Edgar Allan Poe in versione vampiro, Mata Hari e pure quell’altro, come si chiama… Caligaris… o Ca-li-ga-ri. E per scritto, s’intende scritto eh, non scribacchiato come si usa fare oggi. Tutto questo lo trovate, se riuscite a trovarlo (internet, si sa, trabocca di occasioni) nelle pagine de “Il Barone Sanguinario.” Secondo, ucronico episodio della saga di Kim Newman iniziata con “Anno Dracula.”
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