Tutti lo guardavano con sdegno, non si può essere così belli dalla nascita, è un’ingiustizia sociale, il Sacro Libro dei Savi Grimm impedisce cotanto splendore.
La consolidata abitudine della Legge Universale, non può essere sovvertita in un solo semplice esemplare, ma il Sinodo delle Anatre non consente nemmeno quell’eccezione che conferma la regola.
“Spiumazione forzata e pubblica esibizione della bruttura”, questa l’inappellabile sentenza del Gran Consiglio della morale, “brutto deve essere, brutto sarà”.
L’irriverente anatroccolo fu condannato. Il suo essere violava la Norma del Brutto, e per variare una Norma come quella ci vuole la maggioranza del Sinodo, ma il Sinodo applica la Legge e la Legge deriva dalla Scrittura dai Savi Grimm e i Savi Grimm questo trascrissero.
Implume venne esposto, alopecia di colore mentre il Popolo approvava.
Solo un’anatroccola vecchia amica, brutta, ebbe una lacrima per il segreto amore che da tempo covava, ma anche lei temeva l’autorità della sua beltà e per questo si era sempre ritratta. Eppur soffriva, ora, con lui. La certezza del rifiuto l’aveva tenuta lontana, non aveva osato.
Prima amore cieco, abbagliato dalla lucentezza di lui, ora amore consapevole, tenero ed implume. Ci si abbaglia di emozione, ci si annida nella razionalità.
Si avvicinò, si strappò due piume e gliele porse: «non sono colorate, ma almeno puoi proteggerti un po’ dal freddo», la guardò con un sorriso agrodolce e le disse: «perché lo fai? Mille anatroccoli ora sono più belli di me», lei rispose: «mi accendo quando mi illumini con le tue piume, ma ho sempre amato il tuo cuore … implume».
Con buona pace dei Savi, della Norma, del Sinodo, vissero di riflessi colorati con cuori puri ed implumi, felici e contenti.