Qui trovate l'editoriale del 4/5 del Direttore de La Stampa Mario Calabresi.
Ho letto con attenzione il suo editoriale su La Stampa "L'inguaribile malattia del complotto". Editoriale in cui sottolinea come l’Italia sia un paese in cui imperversa, praticamente da sempre, una cultura della dietrologia e del sospetto. Caratteristica, questa, che si acuisce in special modo quando si ha a che fare con questioni di Stato. Lei giustamente ammonisce, con la consueta pacatezza che la contraddistingue, il fatto che in molti italiani sia diffuso il convincimento che quello che è accaduto intorno alla morte di Osama Bin Laden sia per lo meno poco chiaro (“giallo”). Che dietro la sepoltura così affrettata, in mare, si nasconda qualche retroscena che Obama, il presidente degli Stati Uniti d’America, assieme con il suo staff stanno nascondendo al Mondo. Condivido il suo punto di vista.
Come Lei auspico un’Italia paese più maturo nell’affrontare ciò che l’attualità, arricchendo la Storia, produce quotidianamente. Condivido il bisogno di essere e fare parte di un paese più razionale, più obiettivo. Che al dubbio superficiale, al pessimismo bigotto, anteponga una ragione più ingenua ed un ottimismo più positivista e laico. Più illuminista.
E’ pur vero, però, che gli Stati Uniti hanno vissuto la cattura e l’uccisione del leader di Al Qaeda, prova ne sono i festeggiamenti a Times Square, come la nemesi dell’11 Settembre. Con i dovuti distinguo, come Piazzale Loreto lo fu dell’omicidio Matteotti. A riprova che la politica, intesa come il governo del popolo, anche nella democrazia più collaudata del Mondo, quella Americana, passa attraverso il governo della paura che si consolida attraverso l’elaborazione collettiva della morte. Sergio Luzzatto, storico dell’Università di Torino, ha chiarito bene questi aspetti in molte sue pubblicazioni. Ad esempio in “La Mummia della Repubblica” dove parla della democratipietrificazione di Giuseppe Mazzini.
Non si può negare che il significato della cattura ed uccisione di Osama Bin Laden sta tutto negli effetti che essa produrrà a livello Politico, a livello Mondiale. Perché altrimenti non rimane che considerarla per quello che è, e cioè una vendetta. A meno di non esibirsi in un doppio salto mortale come fa Giuliano Ferrara che la definisce retribuzione del male con il male.
Se guardiamo dunque agli effetti, non mi sembra di poter registrare null’altro che una maggiore allerta e preoccupazione. In Italia come altrove.
E non penso che si possono definire dietrologi coloro i quali ritengono che l’uccisione di Osama Bin Laden, anche se il corpo è stato sepolto in mare evitando la nascita di qualche monumentale reliquia attorno alla quale si potessero riunire le forze del male, potrebbe indurre i suoi seguaci a feroci rappresaglie.
Osama Bin Laden andava preso vivo. Dimostrando che la Democrazia Occidentale più grande del Mondo, quella di Lincoln e Obama, è più forte dei regimi del terrore perché, come ci insegnava Cesare Beccaria, è con la non violenza che si combatte la violenza. Che è con la non violenza che si liofilizza l’estremismo sanguinario di popoli poveri, culturalmente arretrati, vittime degli istinti guerrieri che affondano le loro radici nei radicalismi religiosi.
L’effetto politico è, a mio avviso, solo un rafforzamento della posizione in politica interna di Obama. I conservatori infatti lo hanno definito un Presidente a tutti gli effetti. Perché con questo gesto ha dimostrato, seppur con i distinguo del caso, di somigliare di più a George W Bush, a Nixon, a Reagan e Kennedy. Nero, liberal, ma altrettanto muscolare. Presidente di una nazione indivisibile, che, sotto Dio, ha restituito il mal tolto a chi rappresentava la tribù dei nemici.