È un po’ come quando sei depresso: non lo capisci subito, ti ci vuole un po’ di tempo per renderti conto di star male.
Qualche settimana fa, dopo mesi di malattia, ho capito di essere affetta dal “blocco del lettore”.
Mi sono subito sentita meglio dopo averlo capito: come quando hai quel dolore al ginocchio che non passa mai, e dopo una bella risonanza, ti dicono cos’è.
Ero anche così entusiasta di esserci arrivata per conto mio, che credevo di essere la sola ad essere affetta da questa patologia. Ma quando ho cercato in rete “blocco del lettore”, aspettandomi di trovare in ventesima pagina un blogghino piccolo come il mio che ne parlasse, BAM, mi arrivano decine di risultati, non solo dai blog di lettura, ma anche dalle versioni online di giornali importanti, tipo Repubblica o Cosmopolitan.
E io che credevo d’aver coniato il termine!
Ovviamente non m’è bastato il sapere di cosa sono ammalata per guarire all’istante. I “Cinque consigli falici per sapere cos’è e uscirne in fretta” mi hanno fatto ridere, anzi, no, piangere.
Tutti a dar consigli su come uscire dal blocco del lettore, e per carità, se non leggi almeno otto libri al mese, uno dei quali deve essere -a scelta- Moby Dick, Guerra e Pace, Il Signore degli Anelli, I fratelli Karamazov, La ricerca del tempo perduto e La Bibbia in verisione CEI, stai solo fingendo di essere un lettore forte, in realtà sei un lettore mediocre che ogni tanto tra un libro serio e un saggio, infila un romanzetto d’amore o una guida di cucina. Pussa via, vade retro!
Ho iniziato ad ammalarmi a marzo scorso, leggendo Tito di Gormeghast, un libro bellissimo, la cui traduzione restituisce dignità, rispetto e ammirazione per gli avverbi.
Un libro che però ha il suo primo “punto di svolta” attorno a pagina 350 e che vede due seguiti oltre al primo volume.
Non ho avuto il coraggio. Lo dico, lo dichiaro: non ho avuto il coraggio di comprarli.
Subito dopo mi è arrivata un’altra mazzata: Cartongesso, di Maino, che tra l’altro ha vinto il Premio Calvino 2014.
Ecco, non so se altri che hanno letto questo libro possano condividere la mia esperienza di lettura. Per seguirlo davvero io dovevo rileggere la stessa pagina un paio di volte, anche perché è scritto così bene che si potrebbe leggere all’infinito. Il libro stesso alla fine è la ripetizione della stessa pagina, ma in così numerose varianti da lasciare a bocca aperta.
Credo di aver impiegato due mesi a finirlo.
Poi c’è stata un’ondata di libri pubblicati da editoria locale che ho dovuto leggere per lavoro. Diciamo che quelli sono stati il colpo di grazia, un colpo di ascia sul collo. In pratica non mi sono più ripresa. Con grande fatica ho letto Le strade per quoz, da cui mi aspettavo ristoro, acqua per l’assetato, cibo per l’affamato, ma che alla fine mi ha lasciato solo un grande desiderio di vedere la Palude di Okeefenokee (si legge “ochifinochi”) e di percorrere la Intercoastal Waterway, e come corollario, trasferirmi a San Francisco con i miei animali, comprarmi un camper e girare gli USA.
Ora sono alle prese con S. La nave di Teseo di J.J Abrams, il famoso libro/non libro che sta spopolando tra i nerd di tutta la galassia. Mi sono detta: se non riesce ad intrattenermi questo, vuol dire che sono malata gravemente.
Ebbene, credo di esserlo. Credo di avere la forma più virulenta di malattia. Il mio blocco non è una generica incapacità di lettura, anche perché leggo i giornali (sì, occhei, non ne varrebbe la pena, d’accordo), ma è straziante perché desidero leggere i libri, li sento che mi chiamano dal comodino. Mi sussurrano, come fantasmi: Lidiaaaa, Lidia, vieniiii, siamo quiiii .
Ma appena li apro il mio cervello parte per i cavoli suoi in altre direzioni: non riesco a seguire, come da piccoli non si seguiva il professore. Mi distraggo, penso a tutt’altro, creo storie mie, mi faccio io i racconti, o -peggio- penso a come avrei scritto io quella frase o a come l’avrei corretta. Rimango con il libro aperto e lo sguardo fisso sullo stesso punto: una lettera, una virgola, un piccolo spazio tra le parole. La mente assente. Sto così finché non mi viene sonno, il libro mi cade dalle mani e io mi addormento con la luce accesa.
Mi sveglio di soprassalto quando la matita che tengo sempre nei libri cade per terra, con quel rumore di plastica che tintinna.
Chiudo il libro, senza aver letto neanche una sola parola nuova, spengo la luce, e affondo le testa nel cuscino: anche per oggi la mia dura sessione di lettura è finita e posso riposarmi.
Leggerò una parola nuova, forse, domani.
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