Le analisi svolte dalla Banca d'Italia si basano su stime statistiche, e non tengono conto dei debiti dello Stato e delle pubbliche amministrazioni nei confronti delle piccole imprese, con un numero di addetti inferiori a 20. Quindi, i 91 miliardi quantificati dalla Banca d'Italia sono del tutto sottostimati rispetto a quello che potrebbe essere il totale del debito nei confronti dei fornitori, che la CGIA di Mestre quantifica in almeno 120/130 miliardi di euro. Ma potrebbero essere molti di più.
Ad ogni modo, sabato scorso è stato varato il decreto che dovrebbe (il condizionale è d'obbligo) sbloccare il pagamento di 40 miliardi di debito nei confronti dei fornitori delle PA, di cui una parte nel 2013 e l'altra nel 2014.
Peccato che il 2014, continuando simili condizioni, difficilmente potrà averci vivi, e chi si aspetta che questo provvedimento potrà contribuire a mitigare lo sfascio di cui le aziende italiane sono vittime, con ogni probabilità, sarà destinato a ricredersi e a rimanerne deluso, anche in tempi brevi. E ciò per diverse ragioni. In primo luogo, 26 dei 40 miliardi saranno gestiti da un fondo in dotazione alla Cassa Depositi e Prestiti e le pubbliche amministrazioni, al fine di pagare i propri fornitori, oltre a non esserne obbligate ex lege, per accedervi, dovranno adeguarsi ad una procedura amministrativa macchinosa di compartecipazione ai fondi della CDP. Il tutto per non fare apparire il provvedimento per quello che in realtà è: un aiuto indiretto alle banche, che potranno gestire buona parte di questo denaro per conto della Cassa Depositi e Prestiti di cui sono azioniste, del tutto indisturbate, per quasi due anni, o forse più. Altrimenti perché approntare un provvedimento normativo per compiere un atto di ordinaria amministrazione quale quello del pagamento delle forniture?Inoltre, il provvedimento citato, non ospita affatto un vincolo di destinazione delle somme date in pagamento, tale da impegnare i destinatari di queste risorse al pagamento degli arretrati accumulati nei confronti dei subappaltatori/subfornitori. E' del tutto verosimile, quindi, che buona parte dei fornitori che saranno pagati (forse) utilizzeranno tali somme per: a) adempiere alle obbligazioni tributarie scadute e non ancora onorate, sotto la ghigliottina di Equitalia, pronta, altrimenti, a bloccare i fattori produttivi delle aziende (conti correnti, macchinari, impianti).
E qui verrebbe da chiedersi se non fosse stato opportuno contemplare nel provvedimento delle soluzioni idonee a riformare (almeno parzialmente) la procedura di riscossione di Equitalia, magari prevedendo la possibilità di rateizzare debiti tributari, con sanzioni ridotte, e in tempi più lunghi rispetto a quelli rituali, al fine di non sottrarre liquidità al sistema, già arido di suo. b) ridurre l'indebitamento verso il settore bancario. Anzi, a dire il vero, il provvedimento del governo, sotto quest'ultimo aspetto, dispone che, in caso di crediti già ceduti al sistema bancario, il pagamento (alle banche) dovrà avvenire attraverso titoli di stato, sorvolando, de facto, le imprese cedenti. Le quali imprese, in alternativa, nell'impossibilità di ottenere un pagamento liquido, avrebbero eventualmente potuto utilizzare i titoli avuti in pagamento ponendoli a garanzia di ulteriori linee di credito, superiori alla garanzia offerta, generando liquidità aggiuntiva rispetto all'anticipazione estinta, e allentare la perseverante stretta creditizia.Inoltre, dei 40 miliardi di euro in "pagamento", una parte di questi, circa 8 miliardi, dovrebbero tornare nuovamente in tempi brevi nelle casse dello stato come gettito IVA, visto che i fornitori delle pubbliche amministrazioni sono tenuti a corrispondere l'Iva sulle vendite effettuate nei confronti delle PA, successivamente al pagamento delle forniture effettuate.
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