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Il Bollettino di Capitan Vinile – Marzo 2013 – La Spirale

Creato il 03 marzo 2013 da 79deadman @79deadman
Ragazzi, è di nuovo il turno del Capitano…
Il Bollettino di Capitan Vinile – Marzo 2013 – La Spirale
Aprite le orecchie miei prodi, perchè oggi si parla di spirale. Badate! Non dell'ultimo baluardo del contraccettivismo maschilista retrò, ma dell'unica spirale che conta per uno che si chiama Capitan Vinile: la “Vertigo Swirl”. Molti di voi già sapranno che l'etichetta Vertigo rappresenta la Mecca definitiva del collezionismo di materiale musicale britannico. Il punto d’arrivo per ogni feticista della plastica solcata; il lasciapassare per un drappello aureo di pochi eletti. Ma perchè questa casa discografica è assurta a tali mistici vertici di venerazione vinilica? Tre risposte, in ordine sparso:  1) Il design della label: perfetto. Op-Art pura, applicata al cerchio, fatta per ruotare, escogitata per girare su sé stessa come un derviscio in estasi. Fattore determinante. E non venitemi a raccontare che comunque il logo della Harvest era firmato da Roger Dean… Chi se ne frega di Roger Dean?! 2) Alcuni album precoci che al tempo stabilirono le coordinate per generi interi: Black Sabbath e  Valentyne Suite tra gli altri. 3) Una buona dose di sopravalutazione di molto materiale prodotto nell’ epoca eroica tra 1970 e l 1971. Ci fu un momento in cui la Vertigo fu addirittura avvezza alle charts. Tanto che oggi è difficile capire se l'etichetta è mitica per avere prodotto reliquie come Space Hymns (6360 046) o se questi stessi dischi sono oggi mitici per essere stati all’epoca prodotti dalla Vertigo. Un effetto rimbalzo che a volte genera veri mostri. Come Space Hymns.
La Vertigo nasce nel 1969 da una costola della Philips. Era il periodo delle emanazioni sottoboscose di giganti vegliardi come EMI e Decca, messi in crisi dal proliferare di piccole label autonome che sparavano rock pazzoide e trasgressivo: Immediate, Island, Reaction… Il Bollettino di Capitan Vinile – Marzo 2013 – La Spirale
La spiralona arrivò purtroppo con ritardo clamoroso sull’epoca dell’acido e anche su qualche diretta concorrente come la Deram (di casa Decca), eppure si stabilì immediatamente sul trono del Bosco Sacro come la divinità dei Greenslade. La sua mission: essere hip. All'epoca era tutto. Hip nella singola proposta, hip nell’intero catalogo, hip nei titoli dei dischi, nelle illustrazioni di copertina: praticamente tutte  le stampe inglesi sono in formato gatefold, apribili come un libro. Quelle che non lo sono, sono clamorosi cartonati scomponibili in pannelli ad apertura multipla che, piega dopo piega, occuperanno tutta la stanza come una vela di trinchetto ammainata. Una di quelle trovate che danno fama leggendaria al prodotto. Roba che manda in visibilio il collezionista emotivo. Oggi i suoi giorni gloriosi sono genericamente associati al “rock progressivo” ma è una semplificazione addirittura fastidiosa. Quando il un singolo dei Juicy Lucy, Who Do You Love? (V1), formalmente il primo per la casa discografica, arrivò nella top 20, ci si chiedeva se non fosse la nuova Vanguard, con quella sfilza di cliché blues-rock da pub di Newcastle. La realtà è che la Vertigo non aveva affatto uno specifico genere di riferimento: si andava dall'hard rock (Status Quo, May Blitz), all'heavy metal (Black Sabbath), al jazz rock (Nucleus), al prog (Colosseum, Cressida, Graciuos) passando per blues, folk (Magna Carta) e pop sofisticato (Manfred Mann). L'unico comune denominatore era l'underground, un valore trasversale, impalpabile all’atto pratico, ma indispensabile. Cosa significa underground? Non so rispondervi; accontentatevi di “indipendenza artistica”, ecletticità e bizzarria manifesta. E di quell’underground, oggi, i dischi Vertigo sono tutti, eccetto pochissime eccezioni, mastodontici pezzi da collezione. Di produzione britannica ne esistono circa un centinaio, 84 secondo i bene informati. Una settantina a numerazione progressiva (da 6360 0001 a 6360 083), più i primi “magnifici 7” con sigla VO, che in realtà sono sei (ma anche Horst Buchholz non faceva parte del gruppo, no?), più qualche numero irregolare. Ottantaquattro. Fine. Numeri tutto sommato abbordabili. Tanto che nel tempo si è plasmata una figura arcana, spettrale: il “completista Vertigo”. Questi individui conducono l'esistenza appartata del killer seriale. Spendono cifre mostruose per From Home To Home dei Fairfield Parlour (6360 001), lasciando la famiglia sul lastrico ad ogni acquisto. Le loro mogli sono comunemente in analisi, rose dalla depressione, nei casi estremi addirittura alcolizzate; impegnate a crescere da sole figli che raramente vedono il padre. Quella del completista Vertigo è una missione, o meglio una vera vocazione dai caratteri di radicalismo mistico. Rientrano a casa la sera, dopo gli straordinari. Lo sguardo perso. Si trastullano un po’ con la cover di Clear Blue Sky. Hanno sul volto tutta la vacuità di ha la certezza che, comunque vada, mai sarà in grado di entrare in possesso di Three Parts To My Soul (6360 048) di Dr. Z: vuole la leggenda che all’epoca ne furono vendute non più di una decina di copie... 10 copie. Venderei di più io incidendo un album di rutti. Ricordo che da piccolo volevo essere uno di loro; tiravo la sottana della mamma, tutto felice: "Mamma, sai, da grande sarò un collezionista Vertigo!". Fortunatamente le mie scarsissime finanze mi hanno sempre tenuto al riparo dal gettarmi in questa titanica impresa, e per ora ho conservato quel pizzico di lucidità che mi impedisce di stringere debiti con finanziarie di strozzini legalizzati per pagarmi qualche Gravy Train o Beggar's Opera. Ma non ho rinunciato del tutto al piacere di qualche boccone prelibato, caduto dal piatto altrui, che spesso fa capolino nelle aste online (molto più raramente nelle fiere in territorio italiano..). Il Bollettino di Capitan Vinile – Marzo 2013 – La Spirale
Se anche voi volete il vostro pizzico di vertiginosa gloria spiraliforme, i titoli di stampa britannica più reperibili sono quasi obbligati. Uno su tutti: Piledriver degli Status Quo (6360 082 penultimo delle serie “ufficiale”), che è forse l'unico LP che si può trovare in condizioni accettabili sotto i 20 euro. Se invece cercate un bell'album degli Status Quo… allora niente da fare. No anzi, ripiegate sul periodo Pye, Ma Kelly's Greasy Spoon o magari Dog With Two Head un bel titolo con una gatefold estremamente arancione ed un hard folk estremamente interessante dentro. Ma non dimenticatevi nemmeno dell’oleografia psichedelica di Picturesque Matchstickable Messages from the Status Quo se volete fare un salto al patchouli nel mercatino dei fricchettoni del sabato mattina. Vi confesso che ho sempre pensato che furono gli Status Quo ad ispirare This is Spinal Tap! Per altre spirali britanniche a buon mercato ci sono un paio di uscite di un derelitto Rod Stewart, e tutto sommato anche gli album dei Colosseum sono roba popolare, con il surplus che Valentyne Suite (VO 1) è il primissimo prodotto della casa discografica e forse anche il primo risultato nobile del progressive rock. Un bel disco, maturo, complicato ma fluido; iper-tecnico ma appassionato. Mal che vada scaricatelo, masterizzatelo e appiccicate sul CD il logo, ritagliandolo attentamente lungo i bordi. Manovra questa che da risultati ancora migliori con pesi massimi come Freedom o Ben. Il Bollettino di Capitan Vinile – Marzo 2013 – La Spirale
Oppure se proprio siete spilorci, ascoltatevelo in streaming da qualche parte, Spotify dovrebbe averlo a gratis in una mega edizione espansa e rimasterizzata in formato doppio CD. Basta disegnare a penna la spirale sullo schermo del computer… Perché dall'altra parte dello spettro stanno appunto quelle messianiche reliquie intrise di mistero, timor di Dio e silenzio contemplativo. Stanno esposte in ostensione come enormi pani sacri sugli altari dei più folli e tenaci. Alcune valutazioni di partenza, così a braccio: Catapilla, 500 euro (che il mese scorso su E-Bay sono diventati 2.319, oggetto poi misteriosamente “ritirao dalla vendita”…) ; Clear Blue Sky, 200; Tudor Lodge, 500; Gravy Train 300; Ben, 500. Chi, in questa epoca di crisi, non spenderebbe un paio di migliaia di euro per 4 o 5 vinili?! Nel mezzo stanno tanti titoli, tanti gruppi, anche piuttosto celebri, dalle valutazioni oscillanti ma spesso al rialzo ma magari non del tutto ipossibili. Mi soffermerò solo su un paio di loro. Dopo l'avvento dell’mp3, del CD, di tutti i remaster, le “expanded” e le “gold” editions possibili, che i Black Sabbath incidessero per la Vertigo pare oggi un segreto ben custodito. La loro parte la fanno anche tutti quelli che contrabbandano le nerastre ristampe Nems di metà '70 come edizioni britanniche originali; o le valanghe di LP smerciati dalla Warner negli Stati Uniti come le prime espressioni discografiche di Iommi e Ozzy. Bene, sappiate che è falso. Le uscite primigenie dei Black Sabbath furono su Vertigo, label con spirale. I primi quattro dischi neanche sono male; quattro tetri Vangeli per i credenti del Dio Metallo. Monotoni, noiosi quel tanto che basta ad indurre ipnosi. A tratti anche bigotti e perfino bacchettoni. Ma comunque potenti. Sono tra i vinili più scambiati e concupiti. Il Bollettino di Capitan Vinile – Marzo 2013 – La Spirale
Discorso analogo vale per gli Uriah Heep, un gruppo a tratti insipiente di cui ormai è difficile perfino procurarsi qualche misera ristampa Bronze, quelle con etichetta darwiniana. Anche per loro, tra il 1970 e il 1971, fu la spirale. Ebbene, ho dovuto frugare tra le rimanenze di un negozio belga per una stampa inglese di Very 'eavy...Very 'umble (6360 006), un disco dalla fragilità musicale strabiliante, che ispira quasi un senso di compassionevole pietà; ciò non di meno sottilmente affascinante. Non ho vergogna di ammettere che, ad oggi, è il mio pezzo Vertigo più pregiato… il che la dice lunga. Non che abbia smesso di cercare; anzi: è semplice costruire ricerche personalizzate molto efficaci. Ogni tanto buttate un occhio anche voi! Potreste trovare la copertina di Legend (rigorosamente senza il disco) o una copia di Asylum, dei Cressida, che dal settimo minuto del lato A salta come una ranocchia d’estate. O magari qualche May Blitz a una ventina di euro. Com'è possibile, dite? Facile: edizione tedesca. La Philips in effetti fu abile nel diffondere la spirale in mezza Europa libera al di qua del Muro. Nonché in ampie parti di America Latina e Commonwealth oceanico. In Germania fu, seppur assai marginalmente, protagonista dell’ultima fase della parabola “kraut” con derivati un po’degeneri (ma oggi ricercatissimi) come Frumpy, Atlantiz, Odin e Lucifer’s Friends; ironia, l’ultima uscita swirl britannica fu proprio un doppio che raccoglieva i primi due LP dei Kraftwerk, l’unico vero gruppo crauto nel catalogo. In Italia il design rimase invariato fino alla metà degli anni '70, inglobando uscite assai AOR di gruppi impronosticabili per gli aficionados del dark-hard-prog-undergound. Per anni ho avuto una bella copia di Hair Of the Dog, il capolavoro FM dei Nazareth, con spirale in bell’evidenza. La presenza della Vertigo sul mercato USA è un po’ come l’esistenza di tigri siberiane nell’alto corso dell’Amur. Roba che va oltre il WWF. Furono presumibilmente distribuiti una decina di titoli, tra cui i più ambiti sono gli Lp dei Patto, che pur fregiandosi del noto logo, costano meno di un quinto dell’equivalente britannico. Un buon ripiego. E un paio di bei dischi di power-blues tostissimo. Nel Regno Unito la spirale scomparve dal centro degli LP assai presto, già all'inizio del 1973. E' leggenda urbana piuttosto diffusa che fu il governo ad obbligare la casa discografica a ritirare il suo simbolo dopo che alcuni invasati avevano dato in escandescenza in seguito ad un’ osservazione prolungata ed ossessiva del disegno in rotazione. Se volete sperimentare di persona questa diceria, accomodatevi. E sappiatemi dire, mi raccomando! Il Bollettino di Capitan Vinile – Marzo 2013 – La Spirale
Fu la fine di un mito. E nessuno ne era a conoscenza… Nonostante il nuovo design fosse esplicitamente progressivo, con tanto di fluidi dischi volanti acidi su sfondo verde, l'appeal misterico dell' Op-Art originale era del tutto perduto. E in effetti anche la musica mica era più la stessa. Anni di metà decennio, trascorsi tra noie e apatie alla polvere bianca; e certo il retaggio Vertigo non la favoriva come label d’elezione per il punk. In Inghilterra finì per diventare l'etichetta preferita dell'Hard Rock più melodico e radiofonico dell'isola, fino ad elargire un grosso contributo alla causa della NWOBHM: Def Leppard, Dio, i sempiterni e fedelissimi Black Sabbath. A questo punto era già stata abbandonata qualunque pretesa di design “hip”: la scritta VERTIGO era stampigliata su uno sfondo arancione, come il numero sulla schiena di un calciatore stanco. Siete rimasti con l’amaro in bocca? Certo che un bel suicidio di massa nel 1972 di impiegati, musicisti e tecnici persuasi di reincarnarsi come Ent sull’Isola di Mu sarebbe stato più figo, eh? Il Bollettino di Capitan Vinile – Marzo 2013 – La Spirale Ma la vita continua, e se a nome Velvet Underground è stato prodotto Sqeeze, lasciamo che anche la Vertigo possa sguazzare nel mainstream più limpido e sterile. Non vi basta? Volete ancora di più? Cercate tutti i numeri di matrice esistenti di Acquiring The Taste dei Gentle Giant? Bene, sappiate che esiste anche una pubblicazione monografica sull’avventura della spirale: The Vertigo Swirl Label di Ulrich Klatte. Peccato che anch’essa sia oggetto raro e dal costo importante. Effetto di prossimità? Allora tanto vale appiccicare loghi Vertigo su tutto quel vecchio scaffale in garage di cui volete sbarazzarvi: potreste farne una bella plusvalenza!
Capitan Vinile alza la puntina e vi saluta!
Capitan Vinile
PS: e a chi indovina da che album è tratto il logo nella foto che apre il post, gli regalo la MIA copia di Piledriver! E’ una minaccia!

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COMMENTI (1)

Da cater58
Inviato il 14 aprile a 12:32
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