Famoso più per essere il cantore tardo rinascimentale del Capo Silvio, e di qualche romanticone suo collega, che per il suo spessore di intellettuale, l’attuale ministro della cultura Sandro Bondi, con le lacrime agli occhi, ha detto che non è possibile “tagliare così indiscriminatamente i fondi al mio settore”. Dopo aver affossato il cinema, divelto il teatro, fracassato la lirica e fatto ridere mezzo mondo per le sue critiche a Draquila e la bacchettata a Elio Germano, fresca Palma d’Oro a Cannes, il ministro Bondi si è detto “sconcertato” per i tagli apportati a enti, istituzioni e fondazioni che, in molti casi, rappresentano il fiore all’occhiello della cultura italiana nel mondo. Appreso anche lui dai giornali l’elenco delle vittime di chi non si sa bene chi, visto che nessuno confessa di essere l’autore dello scempio, Bondi già alle prese con la spinosa questione dell’attribuzione del crocifisso di Michelangelo a Michelangelo e del nuovo assetto delle fondazioni liriche, è andato in paranoia non sapendo come parare i colpi che gli stanno arrivando da tutte le parti e sotto i quali, per sua stessa conformazione psicofisica, rischia miseramente di perire. La velata e sommessa protesta sui tagli, è diventata così motivo di irrisione anche da parte di alcuni colleghi della maggioranza, lontani dal perdere l’occasione per fargli capire che, onestamente, non conta una mazza. I più accaniti, e tanto per non cambiare, sono i finiani diventati, per la strana schizofrenia che regola il gioco politico italiano, la vera opposizione a un governo di cui fanno comunque parte. Italo Bocchino, che da Santoro, a stento e per amor di patria, per poco non si è schierato con Travaglio, ha ripreso la dichiarazione costernata di Bondi per sottolineare ancora una volta come all’interno del governo le decisioni, alla fine, vengono prese non si sa da chi. Appellandosi a una maggiore collegialità, l’esponente della stragrande minoranza finiana ha detto: “Da un lato è impensabile tagliare risorse al bene più prezioso del nostro Paese, risorse che si potrebbero recuperare abolendo cose inutili e non strategiche come il Pra, l’agenzia dei segretari comunali o l’Unire, dall’altro è grave che il coordinatore del primo partito della maggioranza, nonché ministro, non fosse stato avvertito e consultato”. A Bondi, in poche parole, è accaduto quanto successo alla sua collega Maria Stella Gelmini. Nel momento della nomina sono stati investiti entrambi di una missione strategica per il mantenimento in vita del berlusconismo: distruggere la scuola e la cultura. “Tagliate cinque miliardi a testa”, gli dissero i “teorici” di Silvio e loro, come alunni diligenti e molto sensibili alle lusinghe del Padrone, hanno eseguito il compito alla perfezione: la scuola è allo stremo (unico libro di testo per gli anni a venire , I diari di Mussolini edito da Marcello Dell’Utri), e la cultura alla frutta, se per un crocifisso taroccato si spendono tre milioni e duecentocinquantamila euro e anche se qualcuno ha provato a dire che il ritrovamento del crocifisso (valore reale max centomila euro), è stato inserito nei “Grandi Eventi”.
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Famoso più per essere il cantore tardo rinascimentale del Capo Silvio, e di qualche romanticone suo collega, che per il suo spessore di intellettuale, l’attuale ministro della cultura Sandro Bondi, con le lacrime agli occhi, ha detto che non è possibile “tagliare così indiscriminatamente i fondi al mio settore”. Dopo aver affossato il cinema, divelto il teatro, fracassato la lirica e fatto ridere mezzo mondo per le sue critiche a Draquila e la bacchettata a Elio Germano, fresca Palma d’Oro a Cannes, il ministro Bondi si è detto “sconcertato” per i tagli apportati a enti, istituzioni e fondazioni che, in molti casi, rappresentano il fiore all’occhiello della cultura italiana nel mondo. Appreso anche lui dai giornali l’elenco delle vittime di chi non si sa bene chi, visto che nessuno confessa di essere l’autore dello scempio, Bondi già alle prese con la spinosa questione dell’attribuzione del crocifisso di Michelangelo a Michelangelo e del nuovo assetto delle fondazioni liriche, è andato in paranoia non sapendo come parare i colpi che gli stanno arrivando da tutte le parti e sotto i quali, per sua stessa conformazione psicofisica, rischia miseramente di perire. La velata e sommessa protesta sui tagli, è diventata così motivo di irrisione anche da parte di alcuni colleghi della maggioranza, lontani dal perdere l’occasione per fargli capire che, onestamente, non conta una mazza. I più accaniti, e tanto per non cambiare, sono i finiani diventati, per la strana schizofrenia che regola il gioco politico italiano, la vera opposizione a un governo di cui fanno comunque parte. Italo Bocchino, che da Santoro, a stento e per amor di patria, per poco non si è schierato con Travaglio, ha ripreso la dichiarazione costernata di Bondi per sottolineare ancora una volta come all’interno del governo le decisioni, alla fine, vengono prese non si sa da chi. Appellandosi a una maggiore collegialità, l’esponente della stragrande minoranza finiana ha detto: “Da un lato è impensabile tagliare risorse al bene più prezioso del nostro Paese, risorse che si potrebbero recuperare abolendo cose inutili e non strategiche come il Pra, l’agenzia dei segretari comunali o l’Unire, dall’altro è grave che il coordinatore del primo partito della maggioranza, nonché ministro, non fosse stato avvertito e consultato”. A Bondi, in poche parole, è accaduto quanto successo alla sua collega Maria Stella Gelmini. Nel momento della nomina sono stati investiti entrambi di una missione strategica per il mantenimento in vita del berlusconismo: distruggere la scuola e la cultura. “Tagliate cinque miliardi a testa”, gli dissero i “teorici” di Silvio e loro, come alunni diligenti e molto sensibili alle lusinghe del Padrone, hanno eseguito il compito alla perfezione: la scuola è allo stremo (unico libro di testo per gli anni a venire , I diari di Mussolini edito da Marcello Dell’Utri), e la cultura alla frutta, se per un crocifisso taroccato si spendono tre milioni e duecentocinquantamila euro e anche se qualcuno ha provato a dire che il ritrovamento del crocifisso (valore reale max centomila euro), è stato inserito nei “Grandi Eventi”.
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