Magazine Diario personale

Il Borgo del Tango

Da Thefreak @TheFreak_ITA

Esistono delle strade di Roma che non temono il logorio del tempo, che sono sopravvissute a calamità naturali e a mani di cemento troppo pesanti, che hanno serbato il loro antico fascino e la loro musicalità eterna.

Non sono strade sfacciate che si aprono agli occhi locali come stranieri nel loro potente e sontuoso manto marmoreo; sono vicoli riservati nella loro bellezza semplice nonchè ricercati, nel senso che devono essere trovati per poter essere appagati della loro splendida e magica visione.

Vivo il giorno in cui attraverso gli archi di Porta Sant’Angelo ed è già sera.

Non ho una meta nota o meglio, non conosco di preciso il luogo, la via che devo imboccare.

La magia delle città come Roma, forse la sola in grado di regalare al tuo animo più fresco e incantato un certo tipo di emozioni così semplici e di cui non si è mai sazi, è proprio in certi misteri metropolitani, certe piccole stradine , certe meraviglie che stanno attendendo il tuo occhio vergine e impreparato, per rapirti completamente.

È un istante e vedo sospeso sulla parete color mattone la targa di marmo grigiastra con su scritto Borgo Pio, e sono ormai sicura di trovarmi nel luogo prescelto.

Mi basta avanzare di pochi passi e innamorarmi poco dopo.

Si apre davanti la mia vista curiosa e affamata una piccola strada che non sembra esser provata dal logorio dei secoli, che non sembra ferita dai tagli dell’ammodernamento e del futuro che si tende a voler rendere.

Vedo una strada nuda in tutta la sua autenticità e vestita di tutto il suo fascino retrò. Oltre il vintage, il passato volutamente riprodotto, oltre ogni clichè urbanistico, oltre ogni aspettativa.

Borgo Pio è un tuffo nella meraviglia, un matrimonio per l’anima, uno splendido quadro su scala reale.

Ogni negozio al suo posto, ogni locale o bar in disposizione ordinata  come in uno schema immortale, quella chioma di edera ruggente che casca e s’intrica sul rosso mattone di certe case, quella vibrazione del cuore che si agita nella consapevolezza di stimoli appaganti e nuovi, regalati solo da uno scorrere di passi su pietre che profumano di antichità.

Mi ritrovo in uno stato di trance disconnesso dalle ore che stavo vivendo, rapita e sedotta, senza memoria dello scopo che mi aveva condotto fin li.

Una mano lieve mi sfiora la spalla, e un brivido sottile e leggero attraversa la trama del mio cappotto color verde petrolio, e allora la memoria riaffiora fugace e il ricordo non è mai stato così dolce.

Mi volto e ritrovo la Sua sagoma candida e dritta che abbraccia quello spazio di mezzo. Sento le orecchie in battito attento che catturano una musica nota, inaspettata, potente, che proviene da una finestra li intorno, accesa e affacciata su di noi.

Celos, la melodia sublime e ricercata dei migliori Gotan Project, alzo lo sguardo nella direzione sonora e rimango attonita di fronte a tutta quella perfezione che si sta macinando in piccoli secondi.

Ritorno a guardarlo e sorridiamo sornioni nel contemporaneo scrutarci.

Mi sussurra, con la sua voce che potrei riconoscere dentro un’orchestra in frastuono, “Balla con me”.

Abbasso il capo e cerco di trattenere un riso piacevole e nervoso: “Non sono capace”. Lui si avvicina, solleva il mio mento con un gioco di dita, mi fissa a fondo quasi come se volesse varcare l’iride dei miei occhi in palpabile emozione e dice: “Dammi le tue mani”. Dammi fiducia”.

Non oppongo resistenza, faccio cadere le mie mani nelle sue e lui le trasporta fino al suo petto. “Senti il mio cuore. Ora è nelle tue mani”.

Ed è un attimo, e sento il suo braccio avvolgermi la schiena, la mia mano dietro la sua spalla e l’altra che si introduce e si stringe in un abbraccio d’amore nella sua.

Ed è un tango che sembra correre su passi infiniti e veloci, in cui i miei tacchi rischiano di incastrarsi in sanpietrini beffardi, ma so che non accadrà, poiché sento le sue braccia che mi tengono, che hanno la premura di donarmi equilibrio ed erotismo, di evitare cadute o deviazioni, di regalarmi l’unione di pelle e passione, mentre continuiamo ad amarci in quel ballo occasionale e bellissimo.

Incuranti degli sguardi passanti ed interrogativi, strafottenti di tanta sfacciata esibizione, completamente l’uno nel corpo dell’altra, camminiamo sui fili che tengono tesi e folli i nostri rispettivi spasmi sentimentali, mentre la notte è un palcoscenico ideale e le stelle si comportano da faretti accesi in armonia sopra i nostri cuori.

Nessuna paura, nessuna esitazione, solo il suo battito e i nostri passi cadenzati, nella danza della passione che ci regala questo momento che ci porta lontani da Roma, come se di colpo le nostre membra agitate e sensuali fossero state scagliate in via della Constitution a Buenos Aires, in cui una visione come quella che stiamo costruendo è così consueta e ordinaria da sembrare, noi, quasi banali.

Amami, gli sussurro, amami adesso, come se non ci fosse un domani indispensabile per potertelo ripetere, amami come se al mondo esistessero solo le nostre ossa, come se il vero senso lo stessimo costruendo a colpi di danza ed eccitazione.

Come se io fossi la madre di tutte le tue sensazioni terrene e tu il padre di ogni mia scossa di dolcezza sublimata in calda emozione di felicità.

Continua ad amarmi e continua a tenermi, continuiamo a ballare finchè rimarrà fiato in gola e finchè gli orgasmi delle nostre labbra non avranno finito di aumentare la loro intensità vigile.

Stringimi, e non stancarti di avermi con te, sfama ogni mio languore e fa che la musica non cessi mai di interrompere il suo canto onirico e stellato.

Non svegliarmi, non provarci nemmeno, le tue dita di seta continua a muovere sulle mie vertebre, traccia la via che collega tutti i miei nei e dammi l’immagine che vai a dipingere sulla mia epidermide.

Non svegliarmi…anche se sono già desta, anche se l’unica percezione che il respiro sta baciando è il solco del lenzuolo, anche se l’unica sagoma che focalizza la mia pupilla è il grigio perla del cuscino, anche se non sono più su Borgo Pio, ma su un letto disfatto, anche se tu sei lontano pochi metri da me, e stai fumando una sigaretta sul ciglio del balcone.

Non svegliarmi, perché voglio trattenere il tuo odore e la tua forza, voglio stringere il tuo peso sul mio petto.

Perché ci sono notti in cui non sei più sicura di dove scorrono i tuoi piedi, se a Roma o a Buenos Aires, o nella tua casa, ma la musica è finita da un pezzo e tutto quello che desideri sentire è un nuovo tango che si apre nell’eternità di questa notte.

A Stefy


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