Il Botto – 50 cose da fare per trasformare la crisi in opportunità prima che arrivi… 3di4

Da Lemat @LeMatPercorsi

by Lara Lucaccioni

Cari amici lemattiani,

eccoci al terzo appuntamento con la recensione di Il Botto – 50 cose da fare per trasformare la crisi in opportunità prima che arrivi…

La tesi del “Botto”, da noi condivisa, è che stia arrivando qualcosa di grosso, legato al Picco del petrolio e al cambiamento climatico, come spiegato ampiamente nel consigliatissimo Manuale pratico della transizione di Rob Hopkins.. La bella notizia è che forse questo qualcosa non è poi necessariamente così tragico.

La questione cruciale è quella di “affrontare il cambiamento”, specie se si sta andando verso situazioni sconosciute ed imprevedibili. L’alternativa, invece, è quella di continuare ad essere infelici e vivere in balia delle 7 crisi e di quello che accade senza far valere più di tanto la nostra voce.

E’ probabile che sia “necessario uno strappo doloroso per passare al livello successivo, e anche se questo strappo, lì per lì, può far male – come una reazione disintossicante – dopo però non solo torni a star bene, ma ti senti anche meglio.”

Che il mondo sia malato lo sappiamo ormai bene, ma di solito facciamo finta di girarci dall’altra parte, sperando che il problema scompaia.  E l’unica risorsa che abbiamo è, invece, cambiare drasticamente mentalità: il cambiamento che sta prepotentemente arrivando, così, oltre ad essere una fonte di stress, si trasforma anche in una grandissima opportunità e in una benedizione.

Le possibili soluzioni: i due assi nella manica dell’Umanità.

Sono due le tipologie di uomini, apparentemente agli opposti, che sono in grado di salvare la nostra situazione:

1. i meditanti, persone amorevoli che nel loro quotidiano, anche grazie alla meditazione, stanno elevando la frequenza dell’essere umano: come testimoniano gli studi di David R. Hawkins, chi fa un lavoro spirituale su se stesso compensa a livello vibrazionale la violenza, la rabbia e la paura dei tanti che sono ancora persi nei meandri delle reazioni dell’Ego e dei suoi automatismi.

2. i “decrescitosi” sono tutte quelle persone che si stanno dando da fare “materialmente per rendersi più autosufficienti dal sistema economico dominante, sviluppando tecniche efficienti e buone prassi di lavoro e di collaborazione, che impattano su cibo, casa, trasporti, lavoro, etc.

A prima vista i due gruppi sembrano diametralmente opposti, perché chi è abituato a meditare di norma non gioca con la terra, non si interessa di orto sinergico etc. E chi si sporca davvero le mani con la terra, chi è interessato a stufe alternative o case di paglia, sembra non avere tanto interesse per la dimensione spirituale.

Ma secondo noi e secondo gli autori del Botto, i due gruppi incominciano ad avere molti legami e la doppia spinta evolutiva di sviluppo spirituale e transizione è davvero fondamentale in questo periodo.

Il piano individuato è un cosiddetto “piano di emergenza”, che diventa automaticamente uno strumento di cambiamento, una chiave per modificare la propria vita, anche se il Botto non dovesse mai verificarsi.

La parola chiave diventa sempre di più “resilienza“, la capacità di un sistema di resistere agli urti e di rinascere, “la capacità di un ecosistema di continuare a funzionare in presenza di shock esterni e cambiamenti indotti”. (Rob Hopkins)

Ma come funziona il sistema che ci ha portato fin qui?

La prima domanda utile riguarda cosa ci serve esattamente per vivere?

Secondo Maslow, la Piramide dei Bisogni comprende alla base le esigenze fisiologiche (bere-mangiare-dormire);

poi ci sono i bisogni legati alla sicurezza (continuare ad avere cibo ed un tetto sotto cui proteggersi e la quasi certezza che domani siamo ancora in vita);

poi ancora c’è l’esigenza di interagire con gli altri, il cosiddetto bisogno di appartenenza, quindi il bisogno di stima, cioè la necessità di essere considerati, e alla fine il bisogno di realizzarsi, autorealizzazione.

Ai bisogni di Maslow, Dilts ha poi aggiunto quello di spiritualità, che va oltre la nostra esistenza ed autorealizzazione.

I bisogni si dividono, così, in bisogni di natura materiale e bisogni di natura culturale e semantica.

Mentre le esigenze fisiologiche sono oggettive ed uguali per tutti, quelle semantiche sono soggettive e arbitrarie, apprese, in qualche modo. E molto spesso i desideri sono relativi al significato che diamo alle cose.

Insomma “ognuno di noi ha esigenze fisiche oggettive e più o meno uguali ed esigenze culturali soggettive abbastanza diverse”.

Viviamo, insomma, in due mondi, sovrapposti e paralleli, che interagiscono tra loro e che sono entrambi fondamentali :

  • uno fisiologico con esigenze concrete, bisognoso di un lavoro essenziale, primario
  • uno semantico, che ha esigenze simboliche, nonché  manipolabili e potenzialmente infinite – come insegna il marketing efficace – e che avrebbe bisogno di un lavoro accessorio e secondario

Il problema dei bisogni semantici è che spesso sono indotti e derivano dal “dominio psicologico e consumistico delle grandi aziende multinazionali“, che ci fanno riempire i carrelli di cibo spazzatura, stracci ed elettrodomestici di importazione.

Oggi per soddisfare le proprie esigenze fisiologiche pochissimi fanno il lavoro essenziale che queste esigenze richiederebbero (coltivarsi il cibo, ad esempio).

E quando, addirittura, ci si dimentica delle vere esigenze fisiologiche della vita,  subordinandole a quelle indotte (mode, gusti, tendenze, apparenza sociale),la confusione mentale non fa che aumentare e la vita ci si complica senza posa.

Cosa fare?

O restare immobili,  magari anche vantandoci di sapere tutto quello che sta accadendo, tra cospirazionismo e controinformazione, che restano sterili, se poi non si passa all’azione.

O, appunto, AGIRE, fare qualcosa per cambiare la situazione e farlo ADESSO, in modo concreto ed immediato.

Per avviare questa transizione dal mondo semantico che ci sovrasta a quello fisiologico, i piani in cui muoverci sono tre:

1. ritrovare la nostra personale dimensione fisiologica

2. costruire una nuova, sorprendente Autosufficienza

3. Recuperare una solida autonomia di pensiero.

E le cose da fare sono individuate nel numero tondo di 50, che andremo ad illustrare nel prossimo articolo!


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